Carfagna: Al Sud una no-tax area per le imprese. E stop a misure assistenziali, speculazioni e personalismi.

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Volgendo lo sguardo verso quel lato del campo, pare che tutti attendano lei. Da qualche settimana Mara Carfagna è l'ago della bilancia della destra moderata: divisa tra un passato un po' consunto (Berlusconi) e un'avanguardia liberista che rilancia con esuberanza le proprie ambizioni (Renzi), Mara Carfagna è la donna più contesa della politica italiana.

Salernitana, vicepresidente della Camera e tuttora consigliere comunale a Napoli (nel 2016 è stata in assoluto la più votata, con 6109 preferenze), Carfagna è stata anche coordinatrice nazionale di Forza Italia. Ma, prima di tutto, è una donna del Sud.

Onorevole Carfagna, lei è stata la candidata più votata al Consiglio comunale di Napoli e oggi è vicepresidente della Camera dei deputati. Com'è Napoli vista da Roma?

«Nel mio cuore e per la mia attenzione rimane sempre vicinissima, ma se guardo all'impegno che arriva dalle istituzioni, purtroppo a volte appare molto più lontana di quanto sia geograficamente. C'è la percezione di un mondo a parte, che dovrebbe quasi autogestirsi e, ovviamente, è accusato di farlo male. L'unica forma di attenzione che alcuni immaginano è quella dell'assistenzialismo, come con il reddito di cittadinanza, oppure si prova a rimediare con interventi tardivi ai guai ormai fatti, com'è accaduto con Whirlpool. Purtroppo, troppe volte la ricerca del consenso prevale sulle ambizioni di sviluppo: bisogna invertire le priorità».

Il nostro resta un Paese a due velocità, con un baratro a separare ancora oggi, a più di 150 anni dall'unificazione, le due Italie in cui è divisa l'Italia. Di cosa ha bisogno la parte più arretrata in questo momento storico? Quali sono le priorità, quali le emergenze?

«L'emergenza del Sud si chiama desertificazione: in senso demografico, con il calo delle nascite e l'emigrazione dei nostri giovani; a livello economico, con le fabbriche che chiudono mentre crescono precarietà e disoccupazione; sul piano sociale, con servizi sempre più inadeguati alle esigenze delle famiglie e delle fasce più deboli. In questo contesto, gli investimenti statali in servizi e infrastrutture restano ben al di sotto di quanto necessario e perfino di quanto previsto e concordato con l'Ue. Lo stesso ministro Boccia ha confermato che dal 2001 a oggi ben 61 miliardi sono stati destinati ad altri territori anziché al Sud per migliorare i sistemi di trasporto, agevolare gli investimenti privati, creare occupazione, garantire i fondamentali diritti di cittadinanza, dalla sanità ad adeguati standard di istruzione. Da una parte, occorre recuperare questo gap, obbligando lo Stato a garantire ciò che spetta al Mezzogiorno: non chiediamo niente di più. Dall'altra, abbiamo fatto una proposta semplice: creare una grande no-tax area, che consenta alle imprese di investire nelle Regioni meridionali senza pagare Ires e Irap».

E l'Italia, invece, di che cosa ha bisogno?

«Esattamente della stessa cosa: far crescere il Sud. Faccio un esempio: la Svimez ci spiega che negli ultimi dieci anni i consumi nelle Regioni del Mezzogiorno sono diminuiti del 9%. Confindustria aggiunge che ogni cittadino meridionale spende ogni anno 800 euro in meno rispetto a uno del Centro-Nord. Capiamo bene quanto tutto ciò pesi sulla produzione industriale delle imprese del Nord, che soffrono la stagnazione del mercato interno. Un recente studio di Confindustria sostiene che investire 4 miliardi l'anno in più al Sud (l'1% del Pil) farebbe crescere l'economia del Centro-Nord dello 0,3% l'anno. Sono i numeri a indicarci la strada».

Il Paese ha bisogno dell'autonomia regionale?

«Il tema dell'autonomia su alcune materie ben definite, nel rispetto della Costituzione, va affrontato sgombrando il campo da pregiudizi e rigidità. Può essere una grande opportunità anche per le Regioni del Sud, una sfida per le sue classi dirigenti. Ma è fondamentale rispettare l'obbligo - anch'esso costituzionale - della perequazione, cioè il sostegno fiscale dei territori più in difficoltà, e vanno individuati e mantenuti i livelli essenziali delle prestazioni, così da garantire la qualità dei servizi pubblici anche nei territori più in difficoltà».

Lei ha detto più volte che il Mezzogiorno è stato dimenticato dal primo governo Conte. Con il governo in carica, le condizioni le sembrano diverse?

«C'è un ministro che conosce i problemi del Sud, anche se non sempre condivido il suo approccio. Ma, al di là delle buone intenzioni, restano i fatti: numerose crisi industriali attendono una soluzione chiara e definitiva, ex Ilva e Whirlpool su tutte. Nella legge di Bilancio, inoltre, si continua a impegnare miliardi di euro in misure assistenziali come il reddito di cittadinanza, che non sta dando lavoro a nessuno, anziché elaborare una politica industriale organica e investire in provvedimenti che aiutino sviluppo e occupazione. Questo è il vero banco di prova,  quindi il mio giudizio resta molto negativo».

Il Sud può contare su tanti giovani e tanti talenti, eppure in molti ancora fuggono da qui, inseguendo un destino migliore. Ci sono delle colpe ascrivibili all'imprenditoria meridionale?

«Nessuno dei tantissimi piccoli e medi imprenditori meridionali ha colpe. Anzi: vanno ringraziati per il coraggio che mettono nel fare impresa e creare lavoro in un contesto difficile. Ma se la politica, anziché promuovere investimenti e creare lavoro stabile, destina al Sud solo sussidi, finisce per attrarre avventurieri e grandi imprese che sfruttano quei sussidi e, quando questi finiscono, vanno via. È quello che abbiamo visto nel caso di Whirlpool, che spero possa trovare un esito positivo, dopo la decisione di sospendere la chiusura dell'impianto. Per questo, vorrei che aiutassimo i veri imprenditori a creare lavoro, con la no-tax area, investendo in infrastrutture e migliorando il sistema di formazione scolastica e universitaria».

Quanto incide sul sottosviluppo del Meridione la dolorosa zavorra della criminalità organizzata? Si fa tutto quello che si può fare per contrastare le mafie?

«L'impegno delle forze dell'ordine e della magistratura è ammirevole e si trova a fare i conti con un fenomeno che ormai non è più limitato alle sole regioni meridionali, ma diventa ovunque sempre più pervasivo e oppressivo nei confronti delle attività economiche. Però dobbiamo metterci d'accordo su un punto: se davvero la lotta alla criminalità organizzata è una priorità, allora chi è impegnato in prima linea deve poter contare su un sostegno eccezionale da parte dello Stato. A Napoli, ad esempio, erano stati promessi dall'ex ministro Salvini 592 agenti di polizia in più. Ho presentato un'interrogazione al suo successore, la ministra Lamorgese, per conoscere lo stato di questo potenziamento, visto che mi risulta che siano solo 137 i poliziotti giunti finora».

C'è, ancora, il tema delle infrastrutture: raggiungere certe località al di sotto del Garigliano resta molto complicato.

«Il Sud ha poche infrastrutture e, quasi sempre, di scarsa qualità. La linea Tav Torino-Lione è stata utilizzata da Salvini come pretesto per far cadere il precedente governo. Per consolarci, al Mezzogiorno possiamo dire che da qui non vengono questi problemi, visto che di alta velocità nemmeno si parla: già è tanto se ci sono le linee elettrificate. È chiaro che bisogna investire di più e utilizzare meglio le risorse. Innanzitutto, recuperiamo quel gap di investimenti statali che il Sud ha sofferto negli ultimi vent'anni, quindi cerchiamo di lavorare con la nuova Commissione europea per ottenere un impegno più consistente, anche in vista della definizione del nuovo bilancio settennale 2021-2027».