Centro storico? Riflessioni in movimento.

di

Cammino da piazza del Gesù fino a via Duomo, penso a quello che è e a quello che è stato e a quello che forse sarà

Immagino la contraerei tedesca a piazza del Gesù e il tetto di Santa Chiara che crolla; l’anima di una città che come vuole Molajoli risorge nel dopo guerra e che ricostruisce uno dei suoi simboli; immagino il percorso che univa la casa di Benedetto Croce a quella di Ottavio Morisani; penso alla libreria Guida e poi ai rigattieri a piazzetta Nilo; l’Arte  tipografica in palazzo Marigliano. Senza scomodare il Principe di Sansevero, il Panormita, Diomede Carafa, Giovan Battista Vico penso a persone normali, intellettuali veri, persone coraggiose. 

Penso all’oggi: negozi che spariscono, orde di gente che cammina e sporca; fitti che lievitano insomma un oggi già conosciuto, preannunciato.  E allora Penso alle 3 C che non sono quelle dell’antica nobiltà napoletana, ma quelle che mi ha insegnato mio padre: conoscenza, competenza e coraggio

Partiamo dalla prima C, Conoscenza. Penso quindi che molti parlano del centro storico senza conoscerlo: perché il nostro centro storico non è uguale a nessun altro. Anche per me che lo vivo percorrendo decine di volte al giorno vico Fico al Purgatorio e che credo, ingenuamente, di conoscerlo. Scopro ogni giorno che mi prendono in giro: la gente mi guarda, mi sorride, ma non sono di qua e forse, quindi, non posso parlarne. Prima considerazione: aprisse bocca solo chi veramente lo conosce.

A proposito della seconda C, Competenza. In questo caso la Competenza dovrebbe averla chi, dopo aver considerato le vere conoscenze, si arrogasse il ruolo di progettare con una visione a largo respiro che sapesse conciliare futuro e passato, tecnologie e conservazione.

Poi penso alla C più difficile, Coraggio. Il Coraggio di fare delle scelte che tengano conto del tessuto sociale storicamente compromesso, della necessità di tutelare senza ipocrisie, del dare ascolto e forza a quelli che già da anni si muovono e investono, dell’osservare le mille realtà che stanno nascendo a via Santa Chiara, di dare spazio ai dibattiti che prendono forma a Santafede liberata, allo 081, ai comitati nati e morti per una vivibilità per i bambini.

Per me c’è un solo punto da cui partire: consentire alla parte migliore e meno peggiore di chi lo abita di continuare a viverci. La gente poi potrà fare quel poco che basta per continuare a renderlo straordinario. 

E allora penso a quello che sarà: luoghi buoni in cui mangiare cose vere, persone da conoscere, spazi per la musica e il teatro; palazzi restaurati "ma non troppo"; donne rifatte "ma non troppo". Bambini che giocano e che vanno a scuola; universitari che studiano respirando un’aria buona. 

Gente che pensa e crea, perché Napoli è una città creativa e deve restare tale

Mi scuso per le considerazioni fatte camminando e soprattutto scritte da chi è nato sotto il segno della Bilancia.