Dal degrado alla valorizzazione

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Nel nostro Paese abbiamo un patrimonio immobiliare da trasformare e valorizzare, vittima di un degrado stratificato nel tempo e nello spazio. Sono numerose le iniziative che puntano a sostenere il riuso e la rigenerazione degli spazi, non solo urbani.

Quello della valorizzazione di immobili dismessi del patrimonio pubblico rappresenta, infatti, un tema di grande interesse e fiducia del settore delle costruzioni, che considera la rifunzionalizzazione di questi cespiti importante vantaggio per la collettività e, nel contempo, opportunità di lavoro per imprese, imprenditori e professionisti, oltre che soluzione per il parziale abbattimento del debito e la razionalizzazione della spesa delle amministrazioni locali e dello Stato, rappresenta una grande occasione per sperimentare interventi di rigenerazione dei centri urbani, riqualificandoli e rendendoli più attrattivi.

Il settore edile, segnato da una crisi decennale che ha visto perdere circa il 30% del valore della produzione complessiva, può sicuramente trovare ambiti profittevoli in questi scenari di riuso di un consistente stock immobiliare anche attraverso il partenariato pubblico-privato. I numeri che censiscono il patrimonio nazionale e locale, danno infatti conto di un valore patrimoniale importante e dunque di una potenzialità di mercato davvero significativo per l’edilizia.

In un territorio nazionale e locale saturo di costruzioni e al contempo di siti dismessi, per il quale si vanno affermando i paradigmi della riduzione del consumo di suolo con la valorizzazione dell’esistente diventano una soluzione strategica fondamentale per rinnovare il patrimonio edilizio e per adeguarlo al cambiamento di funzioni e ai fabbisogni sociali ed economici di ultima generazione.

Si tratta di un mercato di grande interesse anche per la qualità dei cespiti disseminati sul territorio, spesso in aree strategiche, e per la loro idoneità a produrre effetti sociali ed economici importanti. Innanzitutto di rigenerazione urbana, a partire da immobili, capannoni, aree urbane e periurbane, per innescare uno sviluppo virtuoso a catena e interessare porzioni più ampie di territorio, determinando benefici esponenziali in termini di valore, di qualità dell’ambiente costruito e del paesaggio, di sviluppo sociale. Poi di efficientamento economico in termini di ridimensionamento dei fitti passivi della pubblica amministrazione. Infine di valore urbanistico e sociale, attraverso il superamento del degrado che i beni immobiliari dismessi determinano nei luoghi in cui si ergono.

Per l’Agenzia del Demanio l’obiettivo strategico è sempre più dichiaratamente quello della riqualificazione degli edifici pubblici per realizzare adeguamenti funzionali e poter ridurre i canoni di affitto per gli immobili privati in cui gli uffici pubblici risiedono. Secondo le affermazioni ufficiali della medesima Agenzia, la spesa pubblica annua per gli affitti passivi degli spazi in uso alla Pubblica Amministrazione è attualmente di 810 milioni di euro, mentre, con un idoneo adeguamento spaziale, funzionale e tecnologico del patrimonio pubblico il risparmio conseguibile al 2023 è stimato in 69 milioni.

La messa a valore di un patrimonio di vaste proporzioni non più utilizzato rappresenta dunque una vera sfida tanto per i nostri territori quanto per le finanze di molte amministrazioni, oltre che mercato per le nostre imprese, con una sostanziale, dunque, convergenza di interessi dei soggetti pubblici e privati.

Le politiche di valorizzazione del patrimonio pubblico, nel ricollocare i beni sottoutilizzati o dismessi nel mercato immobiliare, possono infine contare sulla presenza di tecnici del settore e operatori privati qualificati e specializzati, in grado di assicurare impieghi efficienti a risorse altrimenti destinate all’abbandono, studiando processi ad hoc che ad un tempo consentano l’utilizzo dell’asset in modo sostenibile (e quindi compatibile con la cultura e con l’ambiente) e producano la legittimità redditività d’impresa nel rispetto del patrimonio collettivo.