De Iesu: «In arrivo 250 nuovi agenti, ma troppi napoletani sono allergici alle regole»

L'assessore alla Legalità del Comune di Napoli annuncia i rinforzi. «Saranno tutti impiegati in strada, intanto riattiveremo la videosorveglianza»

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Scena uno, esterno giorno: una colonna di auto parcheggiate sine die in doppia fila intrappola nella strada ridotta a cunicolo un'ambulanza a sirene spiegate. Con sprezzo del pericolo e delle regole, uno sciame di motorini s'infila negli interstizi lasciati liberi dalle lamiere. Poco più in là, lungo la via principale, due ventenni a bordo di un suv da 50mila euro eludono il traffico invadendo la corsia opposta a gran velocità, garantiti dall'impunità.

Scena due, esterno notte: sei o sette motorini cavalcati da un gruppetto di minorenni senza macchia e senza paura (e senza casco, of course) sfrecciano tra i pedoni in via San Pietro a Majella sfidando i sensi di marcia e pure il senso del limite, sicuri del fatto che tanto niente accadrà. Qui, del resto, gli unici "innocenti" sono i tubi che da tempo se ne stanno impalati davanti alla fiancata della chiesa per effetto di un'atavica dimenticanza. Quella sì, colpevole.

Che cosa accomuna queste due situazioni? Siamo a Napoli, e l'impressione è che difficilmente di fronte a questo tripudio di strafottenza e prevaricazione qualcuno possa intervenire, vestito d'autorità, a censurare - e magari a sanzionare - quei comportamenti illeciti e pericolosi.

Condotte come queste si reiterano quotidianamente in tutti i quartieri in una ignobile, interminabile replica che ormai passa inosservata. Perché l'arroganza e l'inciviltà tagliano in senso longitudinale le classi sociali, accomunando la Napoli bassa e quella alta in una irresistibile attrazione verso il caos. Una forza indomabile che la spinge inesorabilmente verso il basso, in direzione ostinata e contraria a quella auspicata da un contratto sociale che in molti casi diventa carta straccia.

Di fronte ad un destino che pare irreversibile. Antonio De Iesu scandisce la sua indignazione: «I napoletani hanno una grande propensione a violare le norme». Lo dice da napoletano, e lo dice senza giri di parole. L'assessore alla Polizia Municipale e alla Legalità del Comune di Napoli ha un pedigree che giustifica delle aspettative: ex vice capo della Polizia, questore a Milano, Salerno, Avellino, Bari e soprattutto a Napoli, dove si guadagnò l'appellativo di «questore anti-camorra», De Iesu è stato chiamato dal sindaco Gaetano Manfredi ad amministrare un pacchetto di deleghe (Polizia Municipale, legalità, trasparenza, lotta al lavoro sommerso, sicurezza urbana, beni confiscati) che può spostare in misura considerevole il timone del governo cittadino sulla rotta della vivibilità e del decoro, della sicurezza e della convivenza civile.

«Difendo la città», cantano i tifosi azzurri a petto infuori, incitando la squadra del cuore. Peccato che, tra un coro e l'altro, tra una partita e l'altra, molti di loro quella città a parole così amata la oltraggino ogni giorno con comportamenti che si qualificano da soli. Qualcuno dovrebbe spiegare che per difenderla davvero, la città, bisognerebbe cominciare a non offenderla.

Assessore, che situazione ha trovato sul piano del controllo del territorio quando è arrivato al Comune?

«La gestione del controllo del territorio a Napoli soffre un'atavica carenza di organico della polizia municipale. Oggi abbiamo circa 1300 uomini a fronte di un fabbisogno di 2300. Mancano all'appello 1000 agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e gran parte di quelli in servizio ha un'età media di 50-60 anni. Questo comprime sicuramente la capacità operativa sul territorio. Nell'ultimo anno abbiamo posto parzialmente rimedio: sulle 1000 assunzioni che il Comune farà, con i concorsi che sono già in atto, 250 saranno ufficiali, agenti di polizia e vigili urbani: 200 di categoria C e 50 di categoria D, cioè direttivi. In più, abbiamo messo a bando due posti da dirigente dell'Area sicurezza. Non abbiamo messo al bando la figura di comandante e vice comandante: questo fa chiarezza anche su tante incertezze che ci sono state a riguardo. Il bando riguarda l'assunzione di due dirigenti dell'Area sicurezza, il cui responsabile è il comandante, poiché nell'attuale scala gerarchica c'è un vuoto. C'è un unico dirigente, il comandante della polizia municipale, che è praticamente un generale. Poi non ci sono colonnelli a tre stelle, cioè quadri intermedi, ma si passa direttamente a tenenti colonnelli, maggiori e capitani. C'è un vuoto, perché il comandante, come dirigente, deve avere la possibilità di impiegare e di farsi assistere da figure dirigenziali. Invece, attualmente nella terza città d'Italia non c'è un dirigente che possa assumere l'incarico di vice comandante. Noi abbiamo sopperito con questo concorso: i due nuovi dirigenti di area saranno impiegati per collaborare secondo le indicazioni del comandante, con responsabilità intermedie su vari settori della polizia municipale, che è una struttura articolata in undici unità territoriali e in reparti specializzati. In questo modo si potrà sgravare il comandante da una serie di incombenze».

Quindi, il comandante Ciro Esposito al momento resta dove e non è a bando la sua posizione.

«Assolutamente, è bene fare questa precisazione. C'è stata questa ambiguità iniziale, questa è l'occasione per chiarire: l'attuale comandante Ciro Esposito ha la massima fiducia del sindaco e mia. Ha un contratto a tempo determinato che scade fra due anni, e alla scadenza noi valuteremo di individuare tra le figure dirigenziali il nuovo comandante con contratto a tempo determinato».

Questa implementazione di uomini permetterà di porre riparo ad alcune carenze operative?

«Parzialmente. Tenga conto che la graduatoria sarà aperta per tre anni. Significa che man mano che gli agenti della polizia municipale andranno in pensione noi non dovremo fare volta per volta dei concorsi, ma attingeremo alle graduatorie. Se nel 2023 andranno via in trenta, non dovremo perdere tempo per una nuova selezione, ma scorreremo le graduatorie. Chi va via, infatti, libera una risorsa finanziaria, in quanto viene preso in carico all'Inps. E ovviamente avremo un valore aggiunto, poiché il costo di chi entra è inferiore a chi ha un'anzianità di servizio di quarant'anni. Per intenderci: se vanno via trenta vigili urbani, saremo in grado di prenderne altrettanti più un certo numero che deriva da questo risparmio. Ecco perché i 250 nuovi vigili di cui ho parlato sono un potenziamento reale netto. Qualcuno dice che vanno solo a compensare quelli che vanno via, ma non è così».

La carenza di organico implica un problema di certezza della sanzione o della pena: questo rafforzamento permetterà di contenere i comportamenti illegali?

«Parliamoci sinceramente. Questi 250 uomini sono un segno tangibile del fatto che l'amministrazione vuole fare sul serio. Questo robusto rafforzamento consentirà di integrare le unità territoriali, noi ne abbiamo undici. Per cui, ogni unità territoriale avrà tra i 12 e i 14 uomini in potenziamento che dovranno essere destinati esclusivamente al servizio in strada. Quanto alla situazione attuale, in effetti la sensazione è che oggi purtroppo gli agenti di polizia municipale non siano percepiti presenti sul territorio. Questo si giustifica in parte con l'alibi di essere in pochi ed essere mediamente anziani».

Purtroppo è così.

«Conosco bene questi problemi. Quello che posso garantire è che apriremo un nuovo corso che si rafforzerà sempre di più. Vogliamo che i nuovi assunti e una parte di quelli che sono già in servizio siano destinati alla viabilità e al controllo del territorio. Ma bisogna dire che in questa città gli abitanti hanno una grande propensione a violare le norme. Io mi chiedo: più volte invitiamo le persone ad utilizzare i mezzi pubblici perché ci sono migliaia di macchine che dall'area vesuviana e dall'area nord di Napoli si riversano in città. Dove parcheggiano? Questa è una città caotica, in primis perché non rispetta le norme del codice della strada. Bisogna metterlo in evidenza, la narrazione non può essere sempre la stessa, non si può puntare solo il dito contro l'amministrazione. Andiamo al centro storico e la gente chiede interventi, poi andiamo a Ponticelli e pure lì li chiedono, a Fuorigrotta e ai Quartieri è lo stesso. Tutti chiedono al Comune, ma nessuno si domanda che cosa dà alla collettività. Secondo la narrazione prevalente, il Comune dovrebbe mettere una pattuglia a ogni angolo della città: davanti alle scuole, davanti ai presidi dei servizi sociali. Mi arrivano migliaia di richieste di questo tipo. Tutti i nuovi arrivati devono esercitare la funzione nobile di controllo della viabilità, dei flussi di traffico e di repressione dei comportamenti trasgressivi. Una parte di questi uomini andrà a potenziare una struttura di motociclisti che si chiama appunto "Controllo del territorio", per cui avremo una massa di manovra con cui operare dei servizi di alto impatto in varie zone critiche secondo un ordine di priorità».

C'è, come ha sostenuto qualcuno, una propensione quasi genetica del popolo napoletano all'anarchia?

«Purtroppo questa è una componente che affonda le radici nei secoli. Non spetta a me fare analisi storiche o sociologiche, ma la realtà oggi è che oggi tutti chiedono solo repressione senza porsi il problema del perchè non si usano, per esempio, i mezzi pubblici. La narrazione per cui le istituzioni non funzionano per molti è un alibi. Noi ci stiamo dando da fare, c'è una rete di metropolitana che quando sarà completata anche con la Linea 6 offrirà un servizio molto efficiente. Vede, c'è questa tendenza un po' anarchica. Qualche giorno fa abbiamo adottato una delibera sul piano traffico per evitare che dai prossimi giorni in città arrivino centinaia di bus turistici. Questo ha suscitato polemiche da parte della Confesercenti, che ha lamentato presunti danni al turismo. Il problema è che questa città ha da una parte il mare, dall'altra una grande superficie che rientra nelle competenze dell'Autorità portuale e poi ha un reticolo stradale fortemente deficitario, per cui già in condizioni di circolazione e flussi ordinari l'equilibrio è precario. Abbiamo avviato un periodo virtuoso mettendo in esercizio un treno da 1300 posti, e man mano entro l'anno prossimo avremo altri treni che offriranno un servizio di qualità per cercare di abbattere quella riflessione che sempre si fa per cui a Napoli non funzionano i mezzi pubblici. Ma è un cane che si morde la coda: meno gente arriva in auto, più fluida è la circolazione stradale, in quanto i bus viaggiano nel traffico. Le corsie preferenziali sono poche e valuteremo di tutelarle con delle ztl perchè c'è una forte propensione a utilizzare le corsie preferenziali, il che riduce i tempi di percorrenza».

Nel cuore del centro storico, i motorini sfrecciano indisturbati tra i passanti. Con una decina di agenti a pattugliare la zona non si potrebbero assicurare sicurezza e vivibilità nella zona più frequentata e visibile della città?

«Lei mi parla di quello che accade in una piccola zona, moltiplichi questa cosa per mille. Non si possono concentrare tutte le risorse al centro. Ci sono le periferie, che devono avere analoga attenzione. Faremo tutto il possibile, in un'ottica di sostenibilità, ma non si può sempre e solo richiedere l'intervento della polizia municipale: per contenere questa trasgressione diffusa ci vorrebbero diecimila vigili urbani».

Certo non si può avere un agente per ogni abitante.

«Esatto. Mi chiedono la vigilanza davanti alle scuole, abbiamo in città 700 scuole. Quando poi, per fortuna, non c'è un problema di sicurezza: non siamo mica in America. Però la narrazione è quella: tutti i presidenti delle Municipalità chiedono i vigili urbani davanti alle scuole perché le mamme amano parcheggiare in seconda fila. Mi creda, è un profondo incubo».

Anche laddove non è minacciata la sicurezza, resiste a Napoli un'illegalità spicciola e diffusa, capillare e pervasiva, che ha un impatto quotidiano sulla qualità della vita e sul decoro della città. Come si contrasta?

«Vero. Ma è talmente diffusa che non si può affrontare soltanto mettendo i vigili urbani. Noi saremo inflessibili, sarà una stagione di grande attenzione, ma l'effetto sarà sempre parziale di fronte alla strabordante mancanza di rispetto delle regole da parte dei cittadini. Questo è un argomento che va messo in evidenza».

Insomma, il vero "Patto per Napoli" dovrebbero siglarlo i napoletani stessi, tra di loro.

«Mi dispiace dirlo, ma al centro di tutti questi discorsi c'è una disaffezione al rispetto delle regole da parte dei cittadini. Certo, i vigili sono pochi, e con questo potenziamento dell'organico metteremo tutti su strada a disciplinare meglio i flussi di traffico in alcuni punti della città. D'altra parte, però, come dicevo, c'è un reticolo stradale fortemente compresso: le strade sono piccole, a stento si riesce ad assicurare un equilibrio. Se poi tu parcheggi in seconda fila, se carichi e scarichi merce fuori dagli orari consentiti, se parcheggi sui marciapiedi o dove non puoi, questo fa saltare il sistema. È un tema reale sul quale bisogna riflettere».

Intanto avete attivato la videosorveglianza a Ponticelli e a Pianura: è uno strumento efficace?

«Non solo. Le dico che quello della videosorveglianza è un tema sul quale il Ministero dell'Interno, la prefettura e noi ci stiamo molto impegnando. Allo stato attuale abbiamo circa 700 telecamere in città, finanziate nei decenni con fondi regionali, ministeriali e comunali».

Delle tante telecamere sparse per la città, però, molte sono spente. Il Patto per Napoli potrà assicurare le risorse necessarie per riaccenderle?

«C'è una forte carenza di funzionalità perché quando sono stati fatti i bandi non sono stati previsti i costi di manutenzione. Tutti a dire "mettiamo telecamere ovunque" senza pensare che questi giocattoli hanno bisogno di manutenzione sia per quanto riguarda la connettività che per la sostituzione di pezzi che vanno incontro ad usura o malfunzionamenti. Abbiamo più di 50 telecamere nei Decumani, installate con un finanziamento ministeriale, che non funzionavano. Il Ministero dell'Interno, con un grande sforzo, ha ricondotto finalmente a sistema tutte le 700 telecamere installate in città. Telecom e Fastweb hanno siglato un contratto per garantire la rifunzionalizzazione e la connessione con le sale operative della Questura e dei Carabinieri e questo permetterà entro l'inizio del prossimo anno di ripristinare tutte queste 700 telecamere. Una parte già è attiva, manca il centro storico, dove funzionano al 50 per cento. In più, sfruttando un finanziamento di 350.000 euro del Ministero dell'Interno faremo un intervento su due quartieri dove negli ultimi tempi si sono registrate particolari criticità sotto il profilo della criminalità organizzata: omicidi, sparatorie ed altro. In sede di Comitato per l'ordine e la sicurezza si è deciso di concentrarsi su Pianura e Ponticelli, dove i sistemi di videosorveglianza non coprono tutte le aree. 350.000 euro sembrano tanti, ma sono pochi: se li avessimo distribuiti su tutte le dieci municipalità, avremmo avuto una telecamera per ciascuna municipalità. In più, tra poco avremo 300.000 euro della Regione Campania che ci permetteranno di installare altre telecamere e stiamo valutando dove intervenire.  Dobbiamo potenziare un po' il centro storico e qualche altra zona. La cosa positiva di questi due bandi è che per evitare gli errori del passato il Ministero dell'Interno ha posto la condizione che si dovessero garantire con fondi comunali i costi di manutenzione e di energizzazione per 5 anni».

Negli ultimi anni, con l'arrivo del turismo di massa in città, sono diminuiti i reati predatori?

«No, sono aumentati. Adesso parla l'ex questore di Napoli che per trent'anni si è occupato di sicurezza. Purtroppo l'aumento della criminalità predatoria è strettamente collegato anche al momento magico che viviamo nel turismo. Se arrivano centinaia di migliaia di turisti che calzano orologi di valore, aumenta inevitabilmente il carico di criminalità predatoria, che dunque non è diminuita: anzi. I criminali non si fanno scrupolo di scippare i turisti, i quali purtroppo spesso non comprendono che Napoli sotto certi profili è insicura. Se un turista oggi gira senza catenine o orologi di valore può andare in tutti i quartieri, anche quelli più malfamati, e non rischia niente. Ma gli orologi sono in cima agli appetiti dei criminali predatori, e l'aumento della criminalità predatoria, soprattutto per quanto riguarda gli scippi, è strettamente legata all'aumento esponenziale, che di per sé è ovviamente positivo, delle presenze turistiche».

Dunque, la storia secondo cui il turismo e la cultura possono bonificare dei pezzi di città non è vera?

«Guardi, è una leggenda metropolitana. Il fatto è che devi risolvere quei problemi antropologici che sono radicati nella cultura del popolo napoletano: il degrado, il disagio nei quartieri periferici e anche in alcune aree centrali, perché certe cose non riguardano soltanto le periferie. Sono posti dove i bambini e gli adolescenti crescono con modelli negativi. Sicuramente da un punto di vista reddituale, nella città che vive di turismo, commercianti, imprenditori e albergatori vivono un momento magico, il che significa che pagheranno più tasse. Almeno, speriamo. Un altro problema in questa città è la scarsa propensione al pagamento dei tributi. Noi abbiamo un grosso problema, tant'è che questa è una delle sfide che ci siamo dati come giunta. Abbiamo fatto un bando per affidare all'esterno la riscossione coattiva, in quanto non abbiamo le risorse umane né la struttura organizzativa e tecnologica per attuare una politica seria sulla riscossione. Perché, vede, se non si riscuote, non si può spendere per la manutenzione stradale, per potare gli alberi e per fare tante altre cose. Questa è una sfida che rientra anche nel Patto per Napoli. Il governo ha detto: vi diamo 1,3 miliardi ma voi dovete dimostrarci che siete capaci di rientrare di almeno un quarto di questa somma. Si tratta di risorse che restano al Comune. Il Patto per Napoli è stato un meccanismo virtuoso con il quale ci è stato riconosciuto un robusto finanziamento a fondo perduto, ma dall'altro si è impegnata l'amministrazione a fare delle cose. È un nuovo modello molto positivo di responsabilizzazione».

In alcuni quartieri più difficili il turismo non ha permesso ad alcune famiglie di entrare nel circuito legale?

«Uno dei quartieri in cui possiamo dire che si è iniziato un percorso virtuoso è la Sanità. Anche su Scampia si è fatto tanto: è importante l'apertura dell'università e lì avrà sede anche la cittadella della Polizia, che sarà sul confine tra Scampia e Secondigliano, dove la polizia trasferirà gran parte delle articolazioni logistiche e amministrative e il reparto mobile. Ci saranno un migliaio di uomini che ogni giorno usciranno, e questo continuo flusso di persone della polizia di Stato sicuramente favorirà una riqualificazione di quell'aria. Sulla scorta della mia esperienza trentennale, lo dico da tempo: se tu non sostituisci l'economia illegale con un'economia legale si parla solo sempre di repressione. Che c'è, è stata forte, ma da sola non basta».

Continua a tenere banco il tema movida: delocalizzarla, decentrarla, può essere una soluzione?

«Siamo concreti: il tema della movida è un tema che interessa tutte le città metropolitane del mondo, da Seul a Barcellona e tante altre realtà. Purtroppo, in ragione di una scellerata legge del 2006 consentita dalla deregulation, oggi se hai uno spazio di venti metri quadri puoi aprire un locale pubblico con una semplice Scia (Segnalazione Certificata di Inizio Attività, ndr). Questo determina che in vico Belledonne a Chiaia, una strada di 200 metri lineari, ci sono sette o otto locali che generano attrazione di giovani, perché i giovani amano i bar che somministrano alcol, del quale purtroppo si fa anche abuso. Tant'è vero che nelle strade di Chiaia dove non ci sono bar, non c'è nessuno. Questo accade senza che la legge nazionale abbia previsto la possibilità per gli enti locali di disciplinare queste aperture in ragione della vocazione e dell'incidenza residenziale delle diverse aree. Oggi non si tiene conto di quante persone abitano in una strada. Se vico Belledonne a Chiaia è a prevalente uso residenziale, tu devi avere uno strumento urbanistico per dire: "Cari signori, qui non potete aprire locali". Questo oggi non c'è, ed è un tema che con il sindaco proporremo al nuovo ministro dell'Interno, perché servono delle regole. Ancora: oggi un esercizio commerciale può restare aperto 24 ore su 24. Gli unici limiti riguardano la vendita e la somministrazione di alcol: la prima scade a mezzanotte e la somministrazione oltre le tre di notte. Ma il locale può rimanere aperto anche dopo quell'ora, e noi concentreremo la nostra attività di controllo sui locali che vendono alcol a minori, lo vendono al di fuori degli orari e soprattutto diffondono musica che sia percepibile all'esterno, poiché il piano di zonizzazione acustica non consente agli esercizi pubblici di diffondere musica percepibile all'esterno. Ci concentreremo su questo e stiamo inserendo nel nuovo regolamento uno strumento che possa portarci alle pene accessorie per i commercianti, in quanto le pene pecuniarie sono parva materia. La sospensione a fronte di reiterate violazioni per la vendita di alcol a minori, per gli orari e la diffusione di musica, invece, ci si consente in base all'articolo 10 del Testo Unico di Pubblica Sicurezza di poter arrivare addirittura alla revoca della licenza, se nel corso di un anno ci sono state ripetute violazioni. Il problema è principalmente normativo: noi siamo ostaggio della norma, non possiamo come ente locale disporre o disciplinare una riduzione degli orari. Lo abbiamo fatto solo a febbraio, quando per quattro mesi abbiamo utilizzato uno strumento cogente che però è un'ordinanza contingibile e urgente, il che significa che ci devono essere motivazioni di urgente necessità e un orizzonte temporale, altrimenti il Tar la boccia. Lo abbiamo fatto, ci siamo assunti la responsabilità, però nel regolamento non possiamo limitare gli orari».

Forse sarebbe interessante, se il Comune avesse gli strumenti normativi per farlo, orientare la movida verso una delocalizzazione, così che ogni quartiere abbia i propri luoghi di attrazione. Questo sgraverebbe anche sul piano del traffico le aree sottoposte a maggiore pressione.

«Il nostro obiettivo è quello di creare le condizioni perché un imprenditore decida una cosa del genere. Naturalmente, non puoi prendere un imprenditore di vico Belledonne a Chiaia e dirgli che deve andare al Centro direzionale o a San Giovanni. Il nostro obiettivo, che però ha tempi medio lunghi, è quello di creare le condizioni perché la movida si sposti in alcune aree come il Centro direzionale, dove ci sono grandi potenzialità ma è necessaria una variazione urbanistica che consenta di trasformare un'area pensata solo per attività di ufficio e istituzionali. Lavoreremo per rendere appetibili quella e altre zone della città dove ci sono immobili in disuso, come nell'area orientale, che potrebbe essere attrattiva per gli imprenditori che vogliono investire per farla diventare un distretto del divertimento. La nostra sfida è quella di agevolare anche sul piano urbanistico questi investimenti ed eventualmente dare delle premialità fiscali. Ma sono cose che richiedono tempo».