Fascione (Regione Campania): «Spirito solidale e strategia nazionale per superare i limiti di un centralismo eccessivo»

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Tanta carne al fuoco, ma anche un sostanzioso companatico di interrogativi. E la convinzione che, tra entusiasmi e perplessità, prospettive e fibrillazioni, la Grande Occasione produrrà quel salto epocale solo se si remerà tutti - insieme e sotto una guida comune - nella stessa direzione. Concetti che Valeria Fascione, assessore alla Ricerca, all'Innovazione e alle Startup della Regione Campania, scandisce col garbo che la contraddistingue, ma senza per questo far torto alla chiarezza.

Assessore, che cosa si devono aspettare i cittadini campani dal Pnrr?

«Tutto dipenderà dalla capacità di collegare il livello periferico con quello centrale. Il Pnrr si articola in diverse missioni, a seconda delle quali gli enti svolgono ruoli diversi. In conferenza Stato-Regioni è stata spesso lamentata la mancanza di coinvolgimento dei livelli locali sia nella fase di progettazione che in quella di attuazione, ma dipende dai casi: ci sono missioni molto centralizzate e altre nelle quali gli enti locali giocano un ruolo più attivo, in particolare nei settori della sanità, dei trasporti e delle infrastrutture. Per quanto riguarda la mia sfera di competenze, la missione 4, che riguarda Istruzione e Ricerca, è gestita completamente a livello nazionale, e per i quattro bandi appena pubblicati, che scadranno tra il 24 e 26 febbraio, i beneficiari sono soprattutto università, centri di ricerca e in qualche caso le imprese. C'è un grande fermento, le Regioni sono chiamate ad un lavoro di raccordo sul territorio. Per ottimizzare l'utilizzo dei fondi del Pnrr e garantire l'efficacia delle azioni saranno determinanti tre fattori: la qualità, la cantierabilità e i tempi di realizzazione dei progetti, che andrebbero comunque confrontati con quanto già si fa. Purtroppo, invece, manca completamente il raccordo tra le iniziative del Miur e le politiche di ricerca e innovazione che stiamo già facendo e che faremo con la nuova programmazione, al di là del Pnrr, con i fondi strutturali europei e i fondi del Ministero del Sud. Perché gli interventi lascino qualcosa di duraturo e non cadano nel vuoto, bisogna tener conto degli investimenti, in alcuni casi anche importanti, già realizzati con la programmazione 2021-'27, demandata alla Regione, oltre che delle condizioni socio economiche dei territori e della loro capacità di accogliere questi investimenti».

Gli investimenti sulla digitalizzazione sono fondamentali per far ripartire il Sud. Quali sono le priorità per l'Italia e per il Sud sul piano delle infrastrutture digitali? Di che cosa ha bisogno la Campania?

«È essenziale una lettura attenta del lavoro fatto che consenta di studiare bene come e cosa fare per far atterrare gli interventi. Su ricerca, innovazione e startup innovative abbiamo stanziato 500 milioni per la programmazione 2014-'20 ai quali si aggiungono i 350 milioni per l'Agenda digitale e i fondi nazionali, che finanziano tra le altre cose le Zes. La Campania ha investito 50 milioni sulla mobilità sostenibile e sicura e sul trasporto innovativo, con le smart road e le auto a guida autonoma. Continueremo ad insistere su questo terreno già fertile e organizzato, sul quale sono stati individuati dei filoni di ricerca, così come sulle Scienze della vita e sul mondo della salute, sul quale abbiamo investito 180 milioni, sull'aerospazio, sull'agritech e sulla cultura, settore nel quale abbiamo già digitalizzato tutto il sistema dei beni mobili e immobili, con un impegno pari a 30 milioni. L'Italia è un Paese unico al mondo per le sue preesistenze storico-artistiche, con questi investimenti può fare uno scatto in avanti. A proposito di servizi digitali, abbiamo vinto il premio Smau per aver realizzato con Apple Academy una app per i beneficiari dei fondi regionali, che possono inviare online le rendicontazioni, e allo stesso modo abbiamo digitalizzato i processi collegati al Genio civile per una semplificazione degli iter burocratici. In più, eliminare la carta aiuta la natura. Naturalmente, sono importanti anche nella nostra strategia regionale Sostenibilità e digitalizzazione, che nel Pnrr costituiscono la missione 1, nell'ambito della quale i principali interventi riguardano la banda ultralarga, il cloud per creare un'infrastruttura nazionale per la gestione dei dati strategici e la creazione di un'agenzia di cybersecurity. Inoltre, si sta lavorando molto al rafforzamento delle competenze digitali sia nelle pubbliche amministrazioni che nelle imprese».

Da più parti si levano perplessità sulla capacità di programmazione e di spesa degli enti locali. Dal suo osservatorio privilegiato in Regione, si tratta di timori fondati?

«Le maggiori perplessità riguardano gli interventi che vedono i Comuni come enti beneficiari, poiché il governo ha saltato le Regioni e ha individuato come interlocutori i soggetti territoriali: Centri di ricerca, università, scuole, Comuni. Il risultato è che abbiamo tanti piccoli Comuni che non hanno una struttura e una capacità sufficienti ad affrontare una sfida del genere. Vero, è stata data la possibilità di nuove assunzioni, ma per assumere e formare nuovi dipendenti serve tempo, e di tempo ce n'è poco. Noi facciamo da soggetto aggregatore, mettendo insieme Comuni che hanno esigenze comuni, assistendoli anche sul piano della formazione, di modo che possano essere raggiunti gli obiettivi. La vera scommessa, appunto, è la tempistica. E poi non basta fare i progetti: bisogna fare progetti che abbiano un impatto reale e durevole sul territorio».

Per rendere più agile il pachiderma della pubblica amministrazione e superare "la palude burocratica" che De Luca mette all'indice.. contro la quale punta il dito.... servirà la figura del public innovation manager?

«Sicuramente, anche se non è una risorsa con un profilo unico, si lavora in ambiti diversi dalla sanità alla scuola. Nella pa è importante che ci siano tre livelli: prima di tutto sono necessarie le competenze digitali di base che tutti i dipendenti devono avere per fornire servizi digitali ai cittadini, poi quelle verticali relative a ciascun comparto e quelle in capo in particolare ai manager e ai responsabili dei settori».

Intanto la Regione ha in programma di realizzare nell'ex Manifattura tabacchi, a Napoli Est, un Polo per l'innovazione sostenibile che possa attrarre i centri di ricerca delle grandi aziende.

«Sì, partiremo con un primo insediamento nell'area della ex Corradini, a San Giovanni a Teduccio, di proprietà del Comune di Napoli. È un progetto da 35 milioni al quale teniamo moltissimo, che è incentrato su innovazione e sostenibilità ed ha superato la prima fase di selezione dell'Agenzia per la coesione territoriale. Si tratta di un bando pubblicato dal Ministero per il Sud che finanzia la riqualificazione di aree dismesse o svantaggiate mediante la creazione di ecosistemi dell'innovazione, contenitori che abbiano come soggetto proponente una università. Noi vogliamo insediare in quell'area un Polo per la bioeconomia. La buona notizia è che le regioni del Sud hanno presentato ben 400 progetti, il che restituisce l'idea di una grande capacità progettuale e di produrre soluzioni rispetto alle opportunità. Ma significa anche che ciascuno è andato un po' per conto suo, un limite che bisognerebbe superare: degli interventi coordinati possono fare massa critica».

Pensa che il Pnrr manterrà le promesse e le premesse, spingendo davvero la transizione digitale e ecologica e riducendo l'atavico divario tra le due Italie?

«Siamo tutti divisi tra la sensazione di una grande opportunità e il timore che questa venga sciupata. È difficile capire che cosa accadrà, ma posso dire che al di là delle divergenze sulle modalità attuative, sulle quali come ho detto si poteva fare un lavoro più di squadra, sono sicura che ci sarà l'impegno di tutti per far sì che il Pnrr atterri e atterri bene. Siamo di fronte ad una centralizzazione così spinta da far pensare all'Italia come un unicum. Come sappiamo, non è così: il nostro Paese è fatto di tante realtà, ciascuna con le proprie caratteristiche peculiari e con le relative necessità. Il problema è avere una regia che armonizzi gli interventi, coniugando un disegno nazionale con quanto si fa sui territori. Poi, lo ripeto ancora, sarà molto significativa la variabile tempo. Bisognerà lavorare in maniera compatta per superare debolezze e criticità. Il piano è fatto di singoli interventi, per cui è importante che le persone e gli enti si parlino per definire strategie e obiettivi condivisi con spirito solidale. Insomma, serve uno sforzo corale. Se ognuno lavora per conto proprio, sarà tutto più complicato. Quanto al Sud, gli investimenti al livello nazionale sono concepiti come filiere e sono organizzati in bandi competitivi. Certo, la ripartizione tra le Regioni terrà conto dell'indicazione del 40 per cento da destinare al Mezzogiorno, ma molto dipenderà dalla capacità dei territori di elaborare progetti di qualità, effettivamente cantierabili e realizzabili nei tre anni a disposizione. Una cosa che sottolineo con piacere è che una fetta rilevante dei fondi della misura 4 ("Ricerca e università") è destinata alla creazione di 3mila dottorati, tutti connessi al sistema industriale. Questo darà l'opportunità a giovani ricercatori, anche del nostro Meridione, di realizzarsi in Italia. Una risposta che si attendeva da tempo».