Governo Meloni: quale futuro per noi?

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Passando in maniera repentina dal 4,3% del 2018 al 26% di voti nel 2022 la leader di Fratelli d’Italia, con Lega e Forza Italia, stravince le elezioni divenendo la prima Premier donna, giovane e di destra, segnando “una novità di grande significato sociale e culturale” come ricordato dal Presidente Mattarella nel tradizionale discorso di fine anno.

La politica economica del nuovo governo di destra fortemente identitario - dove sovranismo e merito sono le parole più usate – ha un approccio liberista, di riduzione della pressione fiscale, di ridimensionamento dell’ingerenza dello Stato nel mercato.

In un Paese come l’Italia dove il saldo tra ciò che versa e ciò che riceve dall’Europa è sempre negativo e in cui la pressione fiscale è al 43% e colpisce sempre gli stessi contribuenti, la premier sovranista vuole avere di più dall’Europa ritenendo, nel discorso di insediamento, che “rispetto all’approvvigionamento di materie prime e di energia, alle politiche migratorie, alle scelte geopolitiche, alla lotta al terrorismo, non sempre l’Unione europea si è fatta trovare pronta”.

La prima prova del Governo è stata la redazione della Legge di Bilancio 2023. Una manovra che a detta degli esperti non è espansiva, ma conservativa e prudente. Lo scenario da fronteggiare non è stato semplice: i rincari di materie prime ed energetiche e l’inflazione alle stelle hanno reso tutti più poveri e sono stati la vera emergenza da affrontare. Ne consegue che su una manovra di 35 miliardi - 21 dei quali finanziati con nuovo debito - 2/3 del valore complessivo sono destinati a interventi contro il caro energia, l’aumento dell’inflazione e a sostegno di famiglie e imprese. Esiguo invece il finanziamento di nuove opere pubbliche con stanziamenti per circa 2miliardi di euro nel triennio 2023-2025, senza considerare i fondi destinati al caro materiali.

Altra azione di breve periodo del Governo è quella di cambiare il PNRR, nella parte e nella misura in cui non ha dato risultati efficaci. Tra gli obiettivi di lungo periodo vi è poi senza dubbio quello di portare a casa il risultato delle cosiddette autonomie differenziate, che tanto preoccupano politici e studiosi del Sud, per l’iniquità che potrebbero acuire e consolidare. Di medio periodo infine il ridimensionamento del reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia della campagna elettorale, invero appena abbozzato nella legge di Bilancio 2023.

In tale scenario ci si chiede quali saranno le ricadute a livello locale considerato che la Campania è la prima regione per percezione del reddito di cittadinanza, che il suo capoluogo, sempre a un passo dal dissesto finanziario, è stato salvato dal Governo Draghi con il Patto per Napoli, che le autonomie differenziate applicate secondo i criteri nordisti potrebbero essere letali per il territorio.

Il Governo così orgoglioso e unitario avrà il doveroso ed equo sguardo al Sud e alla Campania, che rappresenta di quest’ultimo il 28% del Pil?  Lo considererà zavorra o piuttosto volano per il consolidamento economico dell’Italia in Europa e nel Mediterraneo?