Grandi risorse nascoste? No, pizza e ragù

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Se, per incantesimo, nella prossima tornata elettorale De Gaulle, Churchill e Roosevelt fossero eletti con maggioranza assoluta triunviri a capo del Comune di Napoli, neppure ce la farebbero a mobilitare la città e a trarla dal cul de sac in cui si ritrova imbottigliata da qualche secolo. Mettiamoci l’anima in pace, prendendo atto che il sottosviluppo, come dice Nelson Rodrigues, è una cosa seria: occorre tempo, acume e tenacia per realizzarlo ma, una volta insediato, è duro a morire.

Napoli e la Campania fanno parte della stessa nazione di cui fanno parte Milano e la Lombardia, sottostanno alle stesse leggi e godono degli stessi benefici statali. Eppure hanno un Pil pro-capite che è meno della metà. Paolo Macry, amando Napoli come un figlio amoroso che pietosamente scorge eccelse virtù nella madre baldracca, vede nella nostra città “grandi risorse professionali, demografiche, eccellenze d’impresa, qualificate energie giovanili, associazioni, reti telematiche”. Ma se questo tesoro di potenzialità fosse davvero portentoso, perché se ne starebbe acquattato in una “crisi strutturale e culturale al tempo stesso”? Un sistema urbano è in crisi non solo quando manca di risorse, ma anche e soprattutto quando non sa metabolizzare le risorse di cui dispone. Per metabolizzarle, occorre essere impietosi realisti.

Nella graduatoria delle province italiane, elaborata scrupolosamente dal “Sole 24 Ore” in base a 32 indicatori della qualità della vita, le cinque province della Campania si piazzano in posizioni penose. Ciò spiega perché a Napoli e in Campania si vive talmente male che gli emigrati – soprattutto giovani e scolarizzati – sono più degli immigrati e, per una sorta di perversa legge di Gresham, la moneta cattiva scaccia quella buona, determinando un darwinismo alla rovescia. Se a Napoli davvero esistesse “un tesoro ineguagliabile di potenzialità” perché mai le partenze prevarrebbero sugli arrivi, i consumi sulla produzione, la corruzione sull’onestà, il torpore sulla mobilitazione, l’illusione sul realismo, le chiacchiere sui fatti?

Purtroppo, in duecento anni, mentre altrove si inventavano microprocessori e antibiotici, si elaboravano nuovi paradigmi scientifici e nuovi processi culturali, tutta questa presunta massa di presunte risorse napoletane dava il meglio di sé escogitando qualche variante della pizza e del ragù. Dietro una così scarsa produzione di idee e di civiltà vi è la scarsa attitudine all’organizzazione, l’infantilismo perpetuo e l’incapacità di formare la classe dirigente, ormai ridotta al punto di fornire a Crozza, con ebete orgoglio, le macchiette su cui ride tutta l’Italia.