I mille colori di Napoli

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Le innumerevoli definizioni attribuite alla città: effervescente, contraddittoria, contrapposta, autolesionista, ecc. trovano una sintesi nella sua “atipicità” metropolitana. Negli anni questa dimensione atipica era legata alla crescita dovuta al positivo saldo naturale (nati/morti) laddove in altre realtà la dimensione metropolitana si realizzava con il positivo saldo migratorio. Il che ha decisamente rallentato un vero e proprio,  ma soprattutto equilibrato, processo di modernizzazione, non favorendo nè a mobilità sociale individuale né quella collettiva.

Una delle conseguenze, visibile attualmente, è la contrapposizione stridente tra una città che si sforza di avere un posto nel contesto europeo ed internazionale stimolando processi di innovazione produttiva, ricerca, attrazione turistica ed un'altra che risente dei dati allarmanti sul versante dell’istruzione e della formazione dei suoi giovani cittadini nonché complesso sistema di protezione sociale. Un divario tra cultura materiale (livello della tecnologia) e cultura immateriale o adattiva (istruzione, usi, costumi, valori, ecc:) che, se non riallineato, rischia di produrre notevoli criticità, con la conseguenza di elevate tensioni sociali. Basti pensare al livello elevato di dispersione scolastica  di presenza di giovani tra 18 e 24 anni che non lavorano, non studiano, né sono iscritti corsi di formazione professionale per cui Napoli è decisamente lontana dalla media nazionale e  dai dati rilevabili a livello europeo.

Se si vuole riequilibrare questo divario, da molti definito dall’esistenza di due facce della città: una che punta alla crescita delle sue eccellenze e l’altra che fatica a stare al passo, è necessario utilizzare le risorse messe in campo per ridurre i dati prima richiamati per aumentare il livello delle competenze delle nuove generazioni attraverso più efficaci integrazioni tra sistemi educativi e formativi e mondo del lavoro favorendo un sostanziale patto formativo. Una azione di contrasto grazie ad una progettualità condivisa con i diversi soggetti in campo che eviti l’autoreferenzialità dei singoli attori in campo (Scuola, Imprese, Associazioni, ecc.): azione che va attentamente monitorata al fine di evitare errori del recente passato per i quali poca attenzione è stata data alle attività di monitoraggio che consentono di effettuare continui aggiornamenti al fine di prevenire e, di conseguenza, ridurre, il divario prima richiamato.

L’integrazione tra organizzazioni necessita, parallelamente, di continue sperimentazioni in funzione  della percezione di interessi diversi come nel caso delle dinamiche  tra settori di un ambito comune (servizi per anziani, per le famiglie, per i minori, ecc.) e quella tra ambiti diversi (politiche della casa, istruzione, politiche urbane, servizi sociali etc…). Questa integrazione tra aree di intervento è sempre più considerata una condizione essenziale per il successo delle iniziative, la visibilità, la sostenibilità e il loro impatto.

Per questo le moderne tecnologie si rendono necessarie, con il compito di  contribuire ai processi di integrazione  grazie a logiche di continuo interscambio  nelle piattaforme sociali, che agevolano, per la loro natura di strumenti di  ascolto dei bisogni reali, la riprogettazione degli interventi, richiamando l’attuale slogan delle “città intelligenti”. La stessa Unione Europea ha, da tempo, richiamato l’attenzione sui cosiddetti distretti innovativi: vale a dire  ecosistemi aperti, solitamente operanti in un contesto territoriale definito (città, agglomerati, regioni, aree transregionali/transnazionali), in cui si integra la ricerca applicata, il data mining e i processi di innovazione con il ruolo  degli organismi formati da partnership pubblico-privato e società civile.

Perché possa prevalere la Napoli moderna europea, con l’obiettivo di una crescita equilibrata della componente economico tecnologica e socio-culturale, sarà necessario un nuovo modello comunitario che sia in grado di richiamare il senso di appartenenza collettivo di rafforzare l’identità storica, ambientale e soprattutto culturale. Una identità culturale (nella accezione di una comune visione del mondo) la cui regia non può che essere istituzionale - nello specifico dell’Ente locale Comune - al fine di ricostruire l’equilibrio tra gli aspetti comunitari che hanno caratterizzato le vicende cittadine nel suo percorso storico e la necessaria dimensione societaria, sì da favorire una comunità post-moderna inclusiva e, nello stesso tempo, capace di rappresentarsi all’esterno in maniera coerente e capace di rivalutare in un ottica diversa anche gli  aspetti tipicamente folkloristici.

Proprio la cultura, nelle sue diverse accezioni, va considerata come un potente agente di sviluppo in grado di generare benessere individuale e collettivo. Senza contare l’indubbio risultato di un più elevato aumento della qualità della vita, così come richiamato dalla stessa agenda ONU 2030. Del resto, nella attuale società complessa e iperveloce, la dimensione culturale e artistica, in un momento nel quale i tradizionali riferimenti familiari, economici e, in particolare, esistenziali, risultano indeboliti, consente di rivedere i singoli percorsi di vita. Per questo, le attuali azioni di politica sociale, puntando sulle attività artistiche, consentono di favorire processi di  inclusione sociale riducendo le condizioni di emarginazione e le situazioni  di degrado delle nuove periferie.

Solo coltivando questa prospettiva di sviluppo, coniugata con il necessario progresso, si potrà intravedere una città dove la solidarietà si caratterizza nella sua declinazione effettivamente collettiva, laddove il vicino non è il tuo competitor, in una fase storica globale dove sono i territori a competere tra loro e non già i singoli operatori nei diversi settori di riferimento.

Una città che si presenta al mondo e a sé stessa al pari di un team vincente, dove il benessere non solo economico ma anche esistenziale può essere raggiunto grazie al contributo di ognuna della sue componenti nessuna esclusa.