Il Comune: «Con le Universiadi il San Paolo cambierà volto. Il Napoli non andrà via»

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Prima Acerra, Miano, Ponticelli, perfino Bagnoli. Oggi Melito, Afragola e Castel Volturno. Agitando lo spettro della fuga dal San Paolo, Aurelio De Laurentiis ha fatto il giro della Campania in ottanta mesi. Senza lesinare, tra una destinazione e l’altra, parole affilate all’indirizzo del sindaco e dei suoi collaboratori. Tante ipotesi, altrettante polemiche, ma pochi fatti. Intanto, tra accuse reciproche, ipotesi fantasiose e convenzioni-ponte, lo stadio di Fuorigrotta è ancora quel catino decadente che il presidente del Napoli ha descritto con parole colorite e inequivocabili. Un limbo che però non toglie il sonno a Ciro Borriello, assessore allo Sport del Comune di Napoli.

Assessore, quello dello stadio è un problema annoso e non ancora risolto. Perché?

«Non vedo questo tema. Il Napoli gioca al San Paolo, il presidente non fa che agitare le acque. Quello sullo stadio, poi, è un dibattito ampiamente divisivo: alcuni ne vorrebbero uno nuovo, di proprietà del club, altri sono legati al San Paolo. I tifosi decideranno dove andare a vedere le partite: probabilmente per la prima volta si farà un referendum in ambito sportivo».

De Laurentiis ha abbandonato l’idea di collaborare con il Comune di Napoli per migliorare l’impianto di Fuorigrotta?

«Non credo. A noi dice sempre che vuole collaborare. I primi di agosto, alla fine del ritiro, ci rivedremo per trovare una sinergia su questo. Nel frattempo, approfittiamo delle Universiadi per metterlo un po’ a posto: credo che così diventi più appetibile anche per lui».

Lo stadio di Fuorigrotta può cambiare faccia con le Universiadi?

«Sì. sono in corso i lavori sulle balaustre, che si dovevano già fare nel lontano 1990. Inoltre abbiamo validato la gara da 5 milioni per pista e illuminazione e questa settimana avremo la validazione del progetto da 16 milioni per sediolini, bagni, impianti e una serie di opere di manutenzione mai fatte. Con i poteri del commissario straordinario, potremo iniziare a settembre, operando a settori così da permettere il normale svolgimento della stagione calcistica».

Lo stadio è stato spesso motivo di scontro tra il sindaco e il presidente: tra i due sono volate anche parole pesanti.

«Credo sia normale, capita lo stesso anche in altre parti d’Italia. De Laurentiis è un imprenditore che deve guardare al profitto, noi siamo un ente in pre-dissesto: è difficile trovare forme di accordo immediate. E comunque abbiamo detto più volte che, se vuole, il Calcio Napoli può gestire l’impianto in via esclusiva, ma non ci è arrivata alcuna proposta in merito. E allora ci ritroviamo sempre a rincorrere l’emergenza. Una cosa è certa: in Italia non si può dare lo stadio a un euro come avviene in Inghilterra. Siamo in Italia. Del resto, sarebbe ingiusto “regalarlo” a chi fa calcio e non a chi fa altri sport. Gli impianti sportivi sono di tutti».

Pochi giorni fa De Laurentiis ha detto: «Entro tre anni, farò un nuovo stadio fuori Napoli». Se il Napoli traslocasse fuori dalla cinta daziaria, sarebbe una sconfitta per la città?

«Oggi De Laurentiis è nelle condizioni economiche di costruire uno stadio, ma sa anche bene che creerebbe difficoltà ai tifosi e alla stessa squadra. E lo stadio “reale”, con il quale il presidente ha un rapporto difficile, conta molto per i risultati. Il calcio non è come il cinema: i giocatori hanno bisogno del sostegno del pubblico. E poi i napoletani sono affezionati al San Paolo».

Ma se il Napoli andasse via, del San Paolo che cosa ne sarebbe?

«È una domanda che non bisogna porsi. Il Napoli non andrà via dal San Paolo. Dopo i lavori, avremo uno stadio riqualificato. perché dovrebbe andare via? E poi sarebbe un trauma per i tifosi. Piuttosto, oggi tutti puntano sul vivaio: vicino al San Paolo si potrebbero individuare gli spazi per la cittadella dello sport che De Laurentiis ha in mente. E si potrebbero sfruttare gli enormi volumi che sono nella pancia dello stadio per aprire un museo, un ristorante e altre attività».

Intanto la vocazione di Fuorigrotta per il tempo libero e lo sport è in parte tradita.

«La trasformazione dovrebbero guidarla i privati, e purtroppo in questo momento non si muove molto. La riapertura di Edenlandia può rappresentare una ripartenza, ora dovremo concentrarci sul Mario Argento, ultima opera incompiuta dell'area. Sono arrivate delle offerte e dei progetti, ma non si è mai concretizzato nulla».