Il giudice del fallimento: «Dentro Edenlandia siamo tutti bambini»

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Nel giorno della rinascita, tra i più emozionati c'era lui. Per Nicola Graziano, giudice del Tribunale di Napoli delegato per il fallimento di Edenlandia, quei cancelli spalancati su un futuro finalmente a colori sono una vittoria prima morale e poi professionale.

Giudice Graziano, dopo mille promesse e altrettanti rinvii, il parco giochi di Napoli riapre davvero. Lei di questa vicenda è stato protagonista nel senso più autentico del termine: per «salvare la magia» è finanche andato in scena.

«Sì, rappresentammo nel teatro dentro Edenlandia una commedia per raccogliere fondi e poi organizzammo un concerto. Due modi per tenere viva l'attenzione pubblica su un bene tanto importante per la città da poter essere definito un bene comune pur essendo di una società privata».

Per questo ha fatto più di quello che il suo ruolo istituzionale richiedeva?

«In questi anni ho fatto tutto quello che mi consentiva di fare la legge, se per legge si intende anche quella dei sorrisi. Per affrontare quella procedura bisognava fare qualcosa di più rispetto all'ordinario: non era una procedura normale. Tenere accesi i riflettori su Edenlandia e zoo era importantissimo».

Insomma, al di là delle fredde carte ci può essere del cuore anche nelle stanze di un tribunale.

«Questa storia è la punta di un iceberg, il cuore ci deve essere sempre. Perfino nelle controversie condominiali, al di là di un numero di fascicolo, c'è dietro un risvolto umano che bisogna tener presente nel giudicare. Quello che crea la tensione etica per svolgere al meglio questo lavoro».

In origine quello che comprendeva Edenlandia e zoo era un lotto unico.

«Sì, ma capii presto che bisognava dividerli. C'erano tempi diversi, inoltre le esigenze legate alla vita degli animali richiedevano per lo zoo una soluzione più veloce. E infatti così è stato».

Il 25 luglio, il giorno della "restituzione" di Edenlandia alla città, si è commosso. Che emozione ha provato nel rivedere il parco aperto?

«Ho visto davanti a me gli occhi dei bambini che giocavano per il parco con palloncini di tutti i colori. Alla fine Edenlandia ha questa magia: è il posto dei più piccoli. Ma l'altra sera (quella della festa di riapertura, ndr) eravamo tutti bambini. L'età anagrafica improvvisamente era azzerata, poiché passando sotto quegli archi si entra in uno spazio e in un tempo indefinito, il tempo dei giochi. Ecco, questa riduzione ad unità sentimentale è il senso della magia di cui parlavo».

Il parco è come lo ricordava e come se lo aspettava?

«È come deve essere. Edenlandia non deve scimmiottare Disney World. La dimensione fisica limitata è coerente con la destinazione di un parco urbano nel quale la mamma va con i figli anche per un paio d'ore, prendendo i mezzi pubblici, decidendo all'ultimo momento».

Le nove attrazioni storiche, che soprattutto tanti ex bambini aspettavano, però, sono chiuse.

«È vero, ma basta vederle da fuori per ritrovare colori e immagini di un tempo. Sono ricordi che nessuna giostra adrenalinica può compensare. Le complicazioni per quelle giostre non le conosco, ma se pure dobbiamo aspettare qualche mese, il piacere di rientrare compensa abbondantemente la mancanza. Edenlandia è uno straordinario parco cittadino che rappresenta la storia di Napoli, un luogo di simboli: fare una passeggiata in quei viali è come entrare in un museo. Per questo, al di là delle necessarie innovazioni, le attrazioni storiche sono importanti: perché fermano un tempo».

In effetti, nei progetti della New Edenlandia un museo c'è.

«Appunto. E io rivolgo un appello ai napoletani: donate foto, cimeli e ricordi dell'Edenlandia perché diventi sempre più un luogo di tutti, un luogo della memoria collettiva. Ma da volontario Unicef ho in mente anche una grande festa per la riapertura di quella che fu la prima ambasciata Unicef al mondo».

In questi anni si sono succeduti tanti imprenditori e tante compagini: cosa è mancato per riaprire prima Edenlandia?

«Credo che sia mancata la passione. Quando ci si è approcciati con una visione esclusivamente contabile e commerciale si è sempre fallito. Quando si è capito che bisognava salvaguardare i lavoratori perché sono la storia e l'anima di quel posto, tutto si è tenuto».

Il cerchio finalmente si è chiuso: dopo lo zoo, che è tornato a splendere sotto la guida di Francesco Floro Flores, ora riapre anche Edenlandia. Si sente più leggero?

«Sì, è come se una parte della mia vita si chiudesse. Ma questo non deve essere un punto di arrivo».

In effetti c'è ancora tanto da fare. L'area Ovest di Napoli, concepita per il tempo libero e lo sport, resta in parte un'incompiuta. Secondo lei, perché?

«Perché la crisi degli anni passati ha attraversato tutti i beni di quell'area: ne so qualcosa, avendo curato anche il fallimento dell'Ippodromo. In momenti di ristrettezze economiche, le attività voluttuarie, legate al tempo libero, diventano secondarie. Ma pian piano, lo dico da un osservatorio in questo senso privilegiato, la crisi sta passando. E allora bisognerà trovare nuovi assetti e nuovi equilibri. Del resto, i momenti difficili possono essere un'occasione per riqualificare e innovare. Ma la spinta deve venire dalla gente, come è accaduto per Edenlandia. Il parco giochi riaperto ci spinge a credere nella possibilità di continuare a farcela».