Il risultato del voto in Liguria, con la vittoria della destra, dice che gli elettori (anche quanti decidono di restare a casa) non rinunciano alle proprie scelte. Non sono i ratti di Hamelin, non seguono più i latrati del “vaffa”, le sciabolate delle procure, gli allarmi antifascisti. Il che non significa che siano di destra. Significa che hanno gli occhi aperti, vanno al sodo, giudicano con pragmatismo. In Liguria non ha vinto la destra, ha perso la sinistra. Ha perso una coalizione giudicata poco concreta, poco credibile, poco coesa.
Si dice che i programmi siano carta straccia, che la politica viaggi ormai sulle ali della comunicazione virtuale, che per vincere serva assecondare gli umori malmostosi dei social. Ma in Liguria non è andata così. La sinistra ha creduto di cavalcare un’inchiesta giudiziaria, senza neppure attendere la verità di un tribunale. E ha sbagliato. Ha creduto di contrapporre a un amministratore locale stimato il profilo di un leader tutto “romano”. E ha sbagliato. Ha creduto di mobilitare i cittadini non su ciò che intendeva fare ma contro ciò che era stato fatto. E ha sbagliato. Ha creduto di poter spaccare il capello in quattro, mettendo veti e controveti, come se agli elettori importasse qualcosa dei rancori di Conte, delle lune di Grillo, delle faide dei democrat. E ha sbagliato.
Forse Bucci non è stato eletto soltanto perché è il sindaco del ponte costruito sulle macerie del Morandi. Ma di certo è stato eletto anche per questo. E la guerra al ponte sullo Stretto potrebbe fare la stessa fine. La gente comune sembra sempre meno disposta a scendere sulle barricate contro qualcosa o qualcuno. Contro le opere pubbliche, contro la corruzione, contro il malgoverno. Perché le opere pubbliche servono. Perché la corruzione va dimostrata, oltre che gridata ai quattro venti. Perché, più che sparare a zero su un governo, bisognerebbe dire cosa si farebbe al suo posto.
Molti indizi suggeriscono che la stagione del populismo e della demagogia volge al tramonto. La sinistra ne prenda atto, se non vuole continuare a perdere.
© Paolo MacryProfessore Emerito, Federico II