L'architettura delle stazioni

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Le stazioni come luoghi di soglia o di margine dove si ripete centinaia di volte al giorno la liturgia del saluto o dell’addio. Luoghi che, sin dalla fine dell’Ottocento hanno ben espresso lo spirito della modernità architettonica e della crescita urbana delle grandi capitali internazionali. Da quelle ottocentesche come l’Anhalter-Banhof di Berlino, la stazione di Helsinki di Eliel Saarinen, o anche la Gare du Nord a Parigi, alle grandi stazioni ferroviarie realizzate in Italia nel secolo scorso, che hanno rappresentato l’Architettura del Novecento nelle nostre città più importanti. Come la stazione di S. Maria Novella di Giovanni Michelucci a Firenze del 1934, o la stazione Termini a Roma di Eugenio Montuori, fino alla Stazione Centrale di Napoli, realizzata negli anni sessanta del secolo scorso, con un impianto a pensiline che si protendeva in piazza Garibaldi sviluppando matrici organiche di natura wrightiana.

Qualche decennio dopo, nel 1992 Marc Augè, nel suo “Nonluoghi. Introduzione ad una antropologia della surmodernità” annovera le stazioni ferroviarie tra i nonluoghi intendendo come tali i luoghi che non possono definirsi né identitari, né relazionali, né storici_assimilandole agli aeroporti, ai grandi spazi commerciali, alle catene alberghiere. È la declinazione in chiave ormai postmoderna di quei luoghi atopici di cui parla anche Gregotti negli stessi anni, quando registra l’ atopiadelle nuove tipologie architettoniche che popolano la campagna urbanizzata, l’avanzare della città a-geografica, della città come “non place urban realm”.

Un’analisi che, negli anni più recenti, ha sviluppato un diverso significato del concetto di luogo e di rapporto con il contesto. Oggi i nonluoghi sono ormai diventati superluoghi, perché hanno sviluppato una nuova e inedita centralità, perché sono luoghi molto frequentati, dove il viaggio diventa per le stazioni una delle possibilità, ma non l’unica o la principale. I nonluoghi che si trasformano in superluoghi ridiventano spazi di scambio sociale, ma con l’obiettivo prevalente del consumo, per cui oggi le stazioni ferroviarie e i gli aeroporti, che siano nuovi o ristrutturati, assumono sempre di più il carattere di centri commerciali e di luoghi d’incontro. I superluoghi si avviano a diventare le nuove espressioni o, se si vuole i sintomi, di una città che tende progressivamente a decentrarsi, dove evidentemente si trasformano i concetti tradizionali di centro e periferia, e i superluoghi possono rappresentare i nuovi centri di una città diffusa sul territorio che, proprio per questo, richiede oggi una rinnovata e particolare attenzione ai principi di sostenibilità architettonica, urbanistica e ambientale. Anche l’architettura contemporanea prova a dotarsi di nuovi strumenti e a ridefinire un nuovo rapporto con il contesto e il con il paesaggio. In questo senso, con la stazione di Zaha Hadid ad Afragola, cui è dedicato questo numero di Nagorà, abbiamo confrontato un altro esempio di stazione ferroviaria recentemente realizzata a Liegi da Santiago Calatrava, un superluogo dell’Architettura contemporanea nel cuore dell’Europa.