Dà prova di sé la Campania in termini di conoscenza competente. Dai macrodati del recente documento di Ambrosetti “La Campania verso il futuro: le risposte dell’ecosistema alle sfide della ricerca e dell’innovazione” la regione, sede di ben 7 Atenei, risulta prima in Italia per imprenditorialità giovanile e seconda per numero di startup. Ancora, detiene il primato assoluto nel Mezzogiorno per numero di brevetti depositati, valore aggiunto generato dalla Bioeconomia, eco-investimenti in prodotti e tecnologie green, incidenza della produzione di bioenergia sul totale della produzione energetica, quantità e incidenza sul PIL di investimenti in Ricerca e Sviluppo e numero di ricercatori.
Da ultimo nella prestigiosa classifica stilata come ogni anno da Web of science- Clarivate Analytica su 106 scienziati italiani (tra i 6.636 ricercatori riconosciuti nel mondo) 7 provengono dalla Campania, dagli Atenei Federico II, Vanvitelli e Salerno.
In questo contesto così positivo spicca la città capoluogo, che rispetto al complesso delle attività produttive vale sempre circa il 50%. Uno per tutti il primato accademico, considerato che nella nostra città vive ed opera la terza università italiana per anno di fondazione. Dopo Bologna e Padova, la Federico II, fondata nel 1224, presente nella classifica del Censis dei megatenei italiani, è forte e riconosciuta in praticamente tutti i Dipartimenti.
Oltre alle Università, Napoli è sede di Academy prestigiose, di incubatori di impresa, di Città della scienza, del CNR, del Ceinge di biotecnologie avanzate, della IPE Business school, di tante start up innovative e creative.
Un contesto così ricco e articolato dovrebbe avere ben altri effetti di occupazione e opportunità, soprattutto per i giovani. E invece, nonostante competenze millenarie ed eccellenze diffuse, Napoli è considerata poco attrattiva e viene sempre più abbandonata da questi ultimi che vanno altrove con la certezza di trovare condizioni più favorevoli, remunerazioni più alte, maggior tempo libero, numerose opportunità di crescita e più servizi in generale.
Soffia a Napoli un vento di precarietà, una sorta di alea, alimentata da difficoltà operative e disservizi, che non piace ai ragazzi, sempre più informati della scelta plurima, delle infrastrutture e dei servizi performanti presenti nelle città del nord Italia o in quelle smart europee.
E dunque, per rafforzare eccellenze e competenze nostrane, sembra che la sfida per la città del futuro prossimo sia innanzitutto quella di costruire un contesto più attrattivo per la nuova generazione, oltre quella del trasferimento della conoscenza sfruttando sempre più le leve dell’innovazione e della digitalizzazione.
Ai lettori di Nagorà si chiedono, come sempre, soluzioni e proposte sul tema.
© Gabriella RealeCentro Studi - ACEN