La solitudine degli edifici del moderno. Il mercato ittico

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Non sorprende che due importanti architetture del moderno a Napoli – le Vele di Franz di Salvo e la Casa del Portuale di Aldo Loris Rossi – siano diventate set cinematografici per film di camorra. Il moderno invecchia presto e male, comunica una sgradevole sensazione di degrado e diviene l’ambientazione ideale per film di contenuto narrativo congruente. Anche così si esprime la solitudine degli edifici del moderno, a Napoli come altrove, mai amati appieno da una sensibilità estetica diffusa che ha sempre preferito conservare l’antico, il classico, perché sono architetture che invecchiano lentamente e bene acquistando quella patina del tempo che seduce gli spiriti romantici, e non solo. Molto belle sul tema le pagine di John Ruskin del suo Le sette lampade dell’architettura nel quale lancia la celebre ma imprudente invettiva: ”Il cosiddetto restauro è la peggiore delle distruzioni” che la cultura architettonica ha sempre provvidenzialmente ignorato. 

 Analoga solitudine vive oggi il Mercato Ittico di Luigi Cosenza (1929-1935) in Piazza Duca degli Abbruzzi, prima opera del moderno a Napoli. Sta ora vivendo una delle sue stagioni più difficili da quando, nel 2013, l’attività commerciale è stata trasferita al Centro Agro Alimentare Napoletano di Volla e la storica sede non ha più avuto una funzione dopo quasi novant’anni dalla sua apertura nella seconda metà degli anni Trenta. Rappresentava una delle strutture tecnologicamente più avanzate del suo tempo in Italia. Cosenza aveva studiato e visitato i mercati di Milano, Venezia, Marsiglia, Ostenda e Amburgo. Alla fine, aveva proposto un’immagine esplicitamente moderna, soda ed essenziale, più vicina al razionalismo francese e tedesco che a quello italiano. Prevalse sull’aulico progetto concorrente del Genio Civile con paraste, fregi e capitelli ionici che lo stesso Cosenza aveva sarcasticamente definito non un mercato ma l’Università del Pesce.

Un incendio nel gennaio di quest’anno sviluppatosi sull’esterno del Mercato ripropone il problema della sua utilizzazione che deve essere valutata con grande attenzione, tenendo conto del suo valore come bene culturale e del significato che ha per l’architettura napoletana. I criteri che devono orientare la scelta sono essenzialmente tre. Primo. La funzione deve essere compatibile con la storia e la tipologia dell’edificio. Secondo. Scelta di funzioni capaci di autosostenere economicamente la manutenzione e la gestione dell’intero complesso. Terzo. Decidere in stretto rapporto con il contesto a partire dal Parco della Marinella in corso di realizzazione.  

Criteri condivisi con la proprietà del Mercato Ittico rappresentata dagli assessori comunali Pier Paolo Baretta (Patrimonio) e Laura Lieto (Urbanistica) in un incontro promosso dalle associazioni di conservazione e valorizzazione dell’architettura contemporanea (ANIAI, DOCOMOMO, FONDAZIONE ANNALI, IN/ARCH) e dall’Ordine degli Architetti di Napoli. Impegno politico e culturale assunto dalle parti. Vigileremo, si diceva un tempo, quando cultura e politica erano in proficuo rapporto dialettico.

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