La testimonianza - 10 / Marianna Vitale, Ristorante SUD

di

Nagorà apre con questo numero un'analisi – e dunque un dibattito – su un mercato del lavoro le cui le vie di accesso sono sempre più anguste e in cui la precarietà si è stabilizzata come categoria immutabile e irreversibile, a tutto discapito dei ventenni e dei trentenni di oggi. Per questo, abbiamo interpellato alcuni giovani che, in un contesto difficile, hanno trovato il modo di far valere i propri talenti e i propri sogni.

A suggellare il buon esito di una scommessa imprenditoriale avviata tre anni prima, nel 2012 è arrivata una stella Michelin, prestigioso riconoscimento per la cucina d'eccellenza. Ma per Marianna Vitale e il suo socio Pino Esposito il successo, almeno quello di pubblico, era già arrivato: "Sud", il ristorante aperto nel 2009 a Quarto, propaggine flegrea fuori dai circuiti turistico-gastronomici, aveva già conquistato molti palati.

E negli anni a venire la chef trentanovenne di Porta Capuana, una grande passione per i fornelli e in tasca una laurea con lode in Lingua e Letteratura spagnola, non s'è fatta mancare le conferme: nel 2015 è stata votata come "Cuoca dell'anno" dalla guida Ristoranti d'Italia de l'Espresso e l'anno successivo è stata ospite nella finale della quinta edizione del programma tv MasterChef.

Come e quando è nata la vostra esperienza? Quali sono i principali ostacoli che avete incontrato sul vostro cammino e come li avete superati?

«La nostra esperienza nasce esattamente dieci anni fa, con la volontà di un'autonomia lavorativa guidata dalla passione per il vino e il buon cibo. Ci entusiasmava l'idea di creare un posto dove avremmo voluto cenare, con una cucina semplice ma di impatto, di pensiero e alla portata di tutti. Abbiamo aperto a Quarto perché ci sembrava un territorio più facile rispetto a Napoli, una città troppo prepotente per ospitare un progetto così giovane e acerbo. I fitti in città erano troppo alti, le licenze per la somministrazione erano ancora in vendita a prezzi altissimi e l'idea di avere un parcheggiatore abusivo all'esterno del ristorante mi infastidiva al solo pensiero. A Quarto per la licenza abbiamo dovuto versare soltanto 15 euro al Comune, e abbiamo anche un piccolo parcheggio all'esterno. Vero, Sud si trova in un condominio, i colori sono quelli della periferia, del cemento, ma l'aria è serena. Le difficoltà? Sia prima che dopo l'apertura, sono state numerose: Sud ci sembra sempre una start up che poi si è sviluppata in due direzioni: quella della ristorazione incondizionata e quella commerciale, che segue un popolo che non sa più cosa vorrebbe mangiare».

Napoli, città giovane per definizione, è una città "per" giovani?

«Napoli non è una città per giovani, né per bambini, né per anziani. Napoli non è una città per persone che vogliono diventare dei cittadini migliori. Napoli può peggiorarti, ti svegli ogni giorno con l'idea di dover combattere per tutto e con tutti. Ma senza avere obiettivi, con il solo scopo di sopravvivere. L'offerta culturale è bassissima, le istituzioni sono un fantasma e noi napoletani siamo diventati vittime impotenti. Abbiamo paura di affrontare quello che sta succedendo, non lo guardiamo, nessuno ci spiega cosa sta accadendo, non sappiamo come uscirne perché non ci hanno dato gli strumenti per dire di no».

Quale eredità hanno lasciato gli ex ragazzi ai loro figli?

«Hanno lasciato un sistema di retaggio medievale, la subordinazione ad una società di casta in cui la classe dirigente è estremamente collusa. Ne rimani fuori solo se sei in grado di scegliere. Tutto questo è ovviamente riflesso anche nel comparto commerciale, un mercato spaccato dai nuovi ricchi e dai sempre poveri».

Quanto spazio hanno i ragazzi per fare proposte, per far valere i propri talenti, le loro competenze, la loro passione, le loro idee?

«Pochissimo. Puoi farti valere solo nelle piccole aziende private ancora sane».

Di fronte allo scenario di "precarietà stabilizzata" che caratterizza il mercato del lavoro, quali sono le responsabilità della attuale classe dirigente?

«La risposta è già nella domanda. Napoli non ha un progetto, ed il mare non basta più».