Le Zone Economiche Speciali: un nuovo strumento di policy per l’Italia

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Le Zone Economiche speciali sono uno strumento che è stato concepito per mettere a sistema l’industria e la logistica marittima attraverso la concessione, in determinate aree di un Paese, di incentivi finanziari, doganali e burocratici. In tutti i Paesi del mondo sono utilizzate ormai diffusamente. Si è passati da 79 Zone in 25 Paesi del mondo nel 1975 alle 4.500 Zone in 135 Paesi attuali.

Nel Mediterraneo le più conosciute sono quelle di Suez, Tangeri, Istanbul, tutte collegate a porti di livello internazionale e nel caso di Suez al grande Canale che quest’anno ha visto la crescita record di merci (oltre 900 tonnellate) e navi (oltre 17mila). Tangeri ha generato 600 imprese e produce 4 miliardi di euro di export l’anno.

Ora lo strumento delle Zes arriva anche nel nostro Paese. Le Zes in Italia sono state istituite con -  Legge 123/2017 e  s.m.i.  Qui esse prevedono il porto come driver dello sviluppo economico del territorio al quale vanno collegate le attività produttive che sono maggiormente import ed export oriented specie utilizzando il mare. Solo le regioni del Mezzogiorno -laddove siano presenti aree portuali- possono presentare proposta di Zes. Nel Mezzogiorno sarà possibile realizzare 8 Zes.

A fare da apripista è stata la Campania che con i suoi tre porti -che fanno capo all’Autorità di sistema portuale del Tirreno Centrale (Napoli, Salerno, Castellammare)- realizza per circa il 50% il suo interscambio commerciale via nave per circa 10 miliardi di euro. I settori prioritari individuati sono le “4A” (Automotive, Aeronautico, Alimentare, Abbigliamento) ed il farmaceutico proprio perché hanno una proiezione internazionale molto spinta.

Dopo la Campania è seguita la Calabria con Gioia Tauro: per le prime due ZES italiane i decreti istitutivi sono stati firmati l’11 maggio scorso. La Puglia è l’unica regione italiana che potrebbe averne due: Bari e Brindisi.  Anche la Sardegna si sta attivando  così come la Sicilia.

Interessante è l’impatto economico che le Zes possono generare principalmente su due fattori quali il traffico portuale (in particolare container) e l’interscambio marittimo.

Gli studi di SRM testimoniano che quanto al primo fattore (traffico container), sulla base di un panel di porti mediterranei con a ridosso Zes ormai a regime (una Zes entra a regime dopo 7-10 anni), la crescita dei container negli scali è stata del 8,4% medio all’anno (si pensi che tutto il sistema portuale italiano nell’ultimo anno è cresciuto dello 0,7%). Se applicassimo questo coefficiente ai nostri porti meridionali che attualmente totalizzano circa 4 milioni di Teus (40% del Paese) in 10 anni potremmo vedere, di fatto, il nostro traffico al sud quasi raddoppiare passando a 7,4 milioni.

Considerando invece la proiezione internazionale, si è stimato che una Zes una volta a regime può impattare fino a far aumentare del 40% (4% medio all’anno di crescita in più in 10 anni) l’import-export via mare di un territorio. Se prendiamo ad esempio la Campania, che oggi realizza circa 10 miliardi di euro  di scambi potrebbe quindi arrivare a produrre ulteriori 4 miliardi se la Zes arrivasse a generare i suoi effetti. (la stima è fatta su un panel di ZES mondiali).

A dare un supporto alle Zes è stato il Banco di Napoli che ha messo a disposizione 1,5 miliardi per le Zes di Campania e Puglia ed ha già promosso incontri con oltre 100 imprese a Napoli ed altrettante a Milano rispettivamente il 7 giugno ed il 27 luglio scorso.