Lieto: «Porta Est, ora la variante al Prg»

Il vicesindaco di Napoli, dopo l'approvazione della delibera che promette di cambiare volto alla zona orientale: «Non si interverrà sulla zonizzazione»

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Adesso che quasi tutto l'arco costituzionale cittadino si è attestato sulle posizioni della giunta Manfredi, il cammino è segnato. Dopo mesi di discussioni, approfondimenti in commissione Urbanistica e tensioni tra i gruppi politici, il 29 novembre la delibera di giunta numero 452 sul progetto "Porta Est" ha superato la prova dell'aula con 26 voti favorevoli e 6 consiglieri astenuti, alla presenza del sindaco Gaetano Manfredi, del vicesindaco con delega all'Urbanistica Laura Lieto e dell'assessore alla Mobilità Edoardo Cosenza. «Si tratta di una rivoluzione della mobilità cittadina e di una profonda riqualificazione dell'area a ridosso della Stazione Centrale», ha spiegato Lieto. Le hanno fatto eco i consiglieri del Pd: «È un'operazione di riconversione e rilancio imprescindibile per lo sviluppo della città. Il Centro direzionale dovrà essere il perno intorno al quale ruoterà il progetto "Porta Est", anche nell'ottica di attrarre nuovi investimenti», hanno scritto i dem.

La convergenza di intenti promette di realizzare finalmente quel cambio di passo atteso da tempo, grazie ad  una serie di opere infrastrutturali che dovrebbe cambiare volto alla zona orientale di Napoli: la costruzione di un nodo intermodale che favorirà la mobilità attraverso il potenziamento dei binari della Circumvesuviana, la creazione di un'area verde a Porta Nolana, un parcheggio di interscambio modale per auto, un terminal bus interrato, un sistema di collegamenti tra i parcheggi e la stazione, una migliore accessibilità alle linee 1 e 2 del metrò e un asse di collegamento con l'autostrada A3 per l'ingresso diretto al terminal bus e al parcheggio interrato che sgraverà la viabilità.

Sugli indici di fabbricabilità e sulle metrature, il Comune ha mantenuto ferme le posizioni espresse in commissione Urbanistica: 81.097 metri quadri a fronte dei 126mila e 800 richiesti dal gruppo Ferrovie dello Stato - che cederà suoli per realizzare le opere infrastrutturali, ma sulla restante parte opererà sulla rigenerazione urbana con la quale farà cassa. In sostanza, un aumento del 15% degli indici, che sommato al 20% concesso dalla legge urbanistica regionale fa lievitare la somma a un +35%. Alla Regione restano così 20mila metri quadri per la nuova sede immaginata dal presidente De Luca: un terzo rispetto ai 60mila ipotizzati in sede di Conferenza dei servizi.

Numeri e equilibri a parte, visto dal punto di osservazione delle intenzioni, il futuro della zona orientale, che sconta un lungo destino di abbandono e sofferenza, ha le fattezze di un giorno nuovo che spianerà la strada ad uno sviluppo imprenditoriale moderno e rispettoso dell'ambiente, con il recupero di aree abbandonate e degradate. Insomma, finalmente all'orizzonte s'intravede la svolta. Si tratta di capire se quel futuro sarà prossimo o remoto.

Assessore, per attuare il progetto Napoli Porta Est serve una variante al Piano regolatore?

«Senza dubbio, è necessaria. A precedere il dibattito in Consiglio comunale ci sono state cinque sessioni di commissione Urbanistica nelle quali si sono discussi tutti i termini del problema. Quella che è stata votata in Consiglio dieci giorni fa è una delibera di indirizzo per la finalizzazione dell’accordo di programma che determina le condizioni che hanno a che fare in particolare con una variazione dell’indice di fabbricabilità. Dovremo appunto redigere una variante urbanistica, che non interverrà sulla zonizzazione attuale del Piano regolatore, cioè sulle prestazioni d’uso delle aree, che vengono mantenute, ma solo sull’indice di fabbricabilità».

I tempi sono prevedibili?

«Approvata in Consiglio la delibera di indirizzi, riprenderà ad horas la Conferenza dei servizi, che avrà una finalizzazione nell'accordo di programma. Il Comune naturalmente vi prende parte, ma non ha un controllo sui tempi, in quanto in Conferenza siedono anche altri soggetti. Tuttavia, data l'importanza del grande nodo intermodale, che è il cuore di questo progetto, è interesse di tutti stringere i tempi, per cui sono fiduciosa sul fatto che all'inizio dell'anno porteremo in aula la discussione sulla variante».

Il percorso verso il nuovo Puc, il Piano urbanistico comunale per la città di Napoli, invece, a che punto è?

«In questo momento stiamo finalizzando tutte le operazioni per formare il gruppo di lavoro, che prevede una componente di tecnici interna all'amministrazione e altre che giocoforza dovranno essere esterne, poiché, come è noto, il Comune di Napoli non ha sufficiente personale per poter ottemperare ad un'operazione così complessa. Stiamo dunque portando a termine le procedure di evidenza pubblica per formare questo gruppo interdisciplinare che chiamiamo per brevità "ufficio di piano", ma non è un ufficio nel senso amministrativo del termine: è un gruppo interdisciplinare di lavoro che ha la sua base al Servizio pianificazione generale, che è incardinato nell'amministrazione. Stiamo concludendo tutte le procedure: a gennaio, con il sindaco, dovremmo essere in condizioni di annunciare l'avvio di questa attività».

Vi preoccupa il fatto che per tutti i Comuni il termine perentorio per l'approvazione definitiva del Puc è fissato al 31 dicembre, pena il commissariamento?

«Proprio in virtù di questa scadenza, stiamo intanto ottemperando quanto meno alla formazione del gruppo di lavoro. Con la precedente amministrazione, il Comune di Napoli aveva approvato il preliminare del Puc, auspichiamo ora un processo più largo di revisione del Piano regolatore. Nel frattempo, stiamo facendo tutte le operazioni necessarie per rimetterci sui binari».

Il Comune di Napoli, dunque, non dovrebbe incorrere in questo rischio?

«No, siamo fiduciosi su questo».

Pensare all'area Est come parte integrante della città consentirà di compiere il salto di qualità tanto atteso verso un'idea metropolitana compiuta e matura?

«Per noi quella è un'area strategica, nel senso che ha delle caratteristiche tali da poter rispondere molto bene agli obiettivi generali dell'Unione Europea in termini di Next generation EU e di politiche di sostenibilità, che sono la cornice della transizione ecologica, in cui piano si inscrive. Inoltre, le caratteristiche fondiarie, geografiche e demografiche ci hanno convinto del fatto che l'innesco della manovra urbanistica non possa che partire da Napoli orientale».

Napoli Est e Napoli Ovest hanno in comune un destino difficile e un rapporto col mare controverso. Nella zona orientale, in particolare, è quasi come se il mare non ci fosse. Questa è una delle priorità?

«Assolutamente. Noi abbiamo in programma diversi interventi importanti sulla costa che sono innanzitutto di natura infrastrutturale. Ci sono poi anche interventi di recupero e di rigenerazione, perché ci sono risorse sulla ex Corradini, sulla ex stazione di sollevamento della piazza a mare e oltretutto ci sono i progetti di riqualificazione delle stazioni della linea 2 che sta facendo il gruppo RFI e che riguardano appunto proprio la stazione di San Giovanni a Teduccio, oltre al fatto che quella è un'area che si è rivitalizzata grazie alla presenza dell'università e delle Academy. Possiamo parlare del mare inteso in un senso complesso, poiché come è noto dal punto di vista della balneabilità le acque nell'area di San Giovanni a Teduccio non hanno i requisiti. Vogliamo lavorare però sul mare inteso come spazio pubblico e su una cultura del mare, perché - ci interessa molto enfatizzare questa cosa - il mare è lo spazio pubblico per eccellenza, e a Napoli questo è sicuramente un aspetto sul quale siamo molto attenti e che sarà parte integrante di tutto il ragionamento e della visione legate al Piano urbanistico».

Visto che ormai le presenze industriali sono ormai ridotte in quell'area, si può pensare in un discorso lungo periodo anche ad un recupero della balneabilità?

«Non è un tema che controllo direttamente, in quanto non è nelle mie deleghe, però è chiaro che quella è una parte di città che, proprio perché c'è una preesistenza industriale importante e sono previsti interventi di bonifica rilevanti, è oggetto di una strategia di quel tipo. Come dicevo, il mare è una dimensione complessa, che non si limita alla acqua, alla spiaggia e alla fruizione estiva, ma implica un tipo di socialità legato agli spazi costieri. Per questo, in attesa della bonifica e di processi che hanno una durata più estesa, stiamo lavorando con grande attenzione sulla rigenerazione di tutta la fascia costiera di San Giovanni. Questo per noi è un campo di attenzione importante».

Quali sono invece i tempi per il progetto Napoli Porta Est e l'intervento di riqualificazione dell'ex scalo merci di Piazza Garibaldi?

«Anche lì, a parte il processo urbanistico e tutti i procedimenti autorizzativi, stiamo parlando di un grandissimo intervento infrastrutturale, quindi sono processi che hanno una durata pluriennale. Le infrastrutture hanno un tempo prolungato di realizzazione in quanto si tratta di opere complesse che richiedono tra l'altro un grandissimo coordinamento tra attività disparate, ma la cosa importante è stabilire le condizioni all'interno delle quali questi progetti possono essere realizzati. Devo dire che dopo un anno di insediamento essere arrivati a questo risultato per noi è particolarmente significativo, e credo che lo sia per la città».

Si è parlato anche di una dislocazione della movida al Centro direzionale: sono suggestioni di fanta-urbanistica, o c'è qualcosa di concreto su cui si può lavorare?

«Uno degli indirizzi che con il sindaco abbiamo annunciato dal punto di vista della variante generale al Piano regolatore, e che da quando è cominciato questo dibattito abbiamo sempre ribadito, è la rilevanza strategica del Centro direzionale e la necessità di uscire dalla destinazione unicamente terziario-direzionale, che è quella attualmente garantita dallo strumento urbanistico, per estendere la gamma degli usi. È la precondizione per far sì che si possano insediare al Centro direzionale attività di tipo diverso. Tra l'altro, da quello che ci risulta il Centro direzionale comincia già a fare dei passi in altre direzioni. È presto ovviamente per parlare della movida, un termine che tra l'altro non mi piace. Secondo me dal punto di vista delle politiche urbane è importante moltiplicare e distribuire le occasioni di aggregazione, soprattutto per le giovani generazioni, in aree diverse della città, anche andando incontro a stili di vita diversi e a culture diverse. È chiaro che oggi il Centro direzionale, dove al momento chi investe può fare solo uffici, non è un luogo che si presta favorevolmente ad attività legate al tempo libero. Invece, l'idea che abbiamo sempre sostenuto, cioè quella di allargare la gamma degli usi possibili, a partire dalle condizioni urbanistiche, va esattamente nella direzione di generare nuove e diverse forme di attrazione in un contesto come quello che attualmente funziona dalle 9 alle 17».

Questo sarebbe anche un modo per diminuire la pressione del traffico su altre zone Che invece soffrono soprattutto nel fine settimana.

«Certo, il Centro direzionale dal punto di vista dell'accessibilità è la zona più infrastrutturata di Napoli. In questo senso, è un'area particolarmente attrattiva per convogliare flussi anche consistenti che invece nei quartieri più centrali provocano situazioni di stress».