Lo stadio San Paolo

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Il prof. Carlo Cocchia, docente alla nostra facoltà di Architettura e mio relatore di laurea con un progetto che vinse il Premio Coni per tesi di laurea in impianti sportivi, mi chiamò nel 1950 a collaborare alla progettazione dello stadio di Fuorigrotta nel gruppo che nel 1948 aveva vinto il concorso nazionale per la ricostruzione dello stadio Ascarelli.

Al posto della solita selva dei pilastri verticali a sostegno delle gradinate per gli spettatori compariva per la prima volta un solo pilastro a sezione variabile, ripetuto 56 volte. Una soluzione che conferiva all’impianto una straordinaria e suggestiva leggerezza.
Talchè, per la essenzialità della concezione strutturale che coniugava felicemente gli aspetti strutturali con quelli espressivi in una sintesi assoluta, per la coerenza delle finiture a faccia vista del cemento armato, che collocava l’opera nella corrente internazionale del “brutalism”, per il gioco delle scale di accesso alle gradinate ispirato alla tradizione napoletana delle scale aperte, l’opera si inseriva nella migliore produzione architettonica italiana e mondiale. Tant’è che il grande Pier Luigi Nervi non esitò a inserirlo “ tra gli stadi più belli del mondo”.

Il caso volle che il comandante Achille Lauro fosse in quel periodo sindaco della città e patron del Calcio Napoli e che, nella sua doppia veste, imponesse la realizzazione dell’anello inferiore ( non previsto nel nostro progetto) per portare la capienza dello stadio a 70mila posti e la collocazione del nuovo stadio a Fuorigroitta in un’area di proprietà comunale.

Ma è divenuto “lo stadio più brutto d’Italiadopo gli interventi dei Mondiali di calcio 90 che lo hanno avvolto e stravolto con una oscena gabbia di ferro della inutile copertura.

Inutile perché l’abbiamo progettato scoperto quando gli stadi di tutto il mondo; tranne qualcuno inglese, erano scoperti. E sono tuttora scoperti gli stadi di Reikyavic. Stoccolma, Helsinky, Barcellona, Madrid e tutti gli stadi italiani tranne quelli di Napoli, Bari, Roma, Genova, Torino, Milano e Udine.

E deve tornare a essere scoperto anche il San Paolo perché in trent’anni vi sono state giocate oltre 1.350 partite di calcio tra campionato, coppa campioni, coppia Italia e amichevoli e solo 94 sono state giocate sotto la pioggia che non ha impedito il regolare svolgimento delle partite. E non ha infastidito più di tanto gli spettatori. Di più, abbiamo sconfitto la Juve con il famoso gol di Maradona con una punizione in area proprio in una giornata di pioggia.

Nel luglio 2001 un gruppo di studiosi ( Raffaele Bertoni, Mimmo Carratelli, Nino Daniele – attuale assessore comunale alla cultura-, Andrea Geremicca, Enzo Giustino,Benedetto Gavragnuolo, Aldo Masullo, Nicola Pagliara, Vittorio Paliotti, Massimo Rosi, Alfredo Sbriziolo, Michele Serio e Max Vajro ) hanno firmato il mio Manifesto per chiedere il recupero del San Paolo allo splendore del suo primo attraverso lo smontaggio della gabbia di ferro della inutile copertura che l’avvolge e stravolge dal 1990 e per trasformarlo in una struttura polisportiva di quartiere. Come ha fatto Monaco di Baviera con lo stadio delle Olimpiadi e costruendo fuori città l’Allianz Arena per il Bayern e il Monaco 1860.

Il Manifesto evidenziava la necessità che un nuovo stadio del calcio venisse realizzato nell’area metropolitana  per evidenti esigenze urbanistiche. Non dimentichiamo che il 70% dei tifosi che affollano il San Paolo vengono dai comuni della provincia. E anche da fuori.

E’ sperabile che l’amministrazione comunale voglia esaudire non solamente questa richiesta, che abbiamo rinnovata nel settembre 2015,  ma anche quella del 22 dicembre 2004 della Soprintendenza ai Beni culturali di provvedere allo smontaggio delle sovrastrutture metalliche del ’90 per consentire al Ministero di inserire lo stadio tra i beni d’arte e di cultura contemplati nel DLegislativo n. 42 del 22 gennaio 2004.

Voglio ricordare al presidente della Regione Vincenzo De Luca la sua promessa che la gabbia dei ferro del San Paolo sarebbe stata smontata in occasione delle Universiadi

Colgo l’occasione per rinnovare la proposta di dedicare lo stadio a Giorgio Ascarelli, che fu il primo presidente europeo di una società di calcio a costruire nel 1934 a sue spese uno stadio, prima di Santiago Bernabeu  del Real Madrid e di Vicente Calderon dell’Atletico Madrid.

San Paolo non se ne avrà a male perché non si è mai occupato di calcio.

E per ripetere l’invito a non togliere il nome del fascista benemerito Vincenzo Tecchio dal piazzale antistante la Mostra d’Oltremare.

Gerardo Mazziotti, unico coprogettista dello stadio vivente