Stampa e tv italiane dipingono la competizione elettorale tra Donald Trump e Kamala Harris come il teatro della crisi della democrazia statunitense. Una crisi acuta, se non terminale, che sarebbe destinata a investire l’intero Occidente.
E il quadro, in America, appare indubbiamente grave. La polarizzazione del discorso pubblico irrigidisce gli schieramenti, esalta gli “zoccoli duri”, mortifica i “moderati”. Gli avversari si delegittimano a vicenda, diventando nemici assoluti. Trump dipinge Harris come un pericolo mortale per il futuro dell’America, Harris accusa Trump di essere un fascista. E il voto di novembre diventa perciò una sorta di ultima spiaggia esistenziale. Tutti sono chiamati alla militanza. Anche i media più autorevoli adottano un “giornalismo resistenziale” che non esita a scendere sulle barricate. Il paese si spacca in due e ciascuna delle due parti viene stigmatizzata nel modo più brutale dall’altra. I settanta milioni di democratici diventano un popolo di privilegiati, “poteri forti”, intellettuali, fanatici della cultura woke. I settanta milioni di repubblicani sono tutti bifolchi, illetterati, suprematisti.
Da qui a diagnosticare l’eclissi dell’egemonia statunitense e delle democrazie liberali, tuttavia, il passo è lungo. L’Occidente gode tuttora di un modello strutturale e culturale altamente appetibile. É sulle frontiere americane ed europee che si dirigono i grandi flussi migratori, fuggendo povertà, conflitti etnici e religiosi, regimi liberticidi. Per quanto grave possa essere la crisi politica interna degli Usa, certe profezie di sciagura appaiono a dir poco azzardate. O, peggio, infiltrate dal vizio dell’antiamericanismo. Prendiamo quel che accade a casa nostra. È decisamente singolare che, in Europa, siano i media italiani i più pronti a drammatizzare la divisività del discorso pubblico americano. Proprio gli italiani. Eppure, vista dal nostro Paese, tutta quanta la patologia politica che oggi affligge gli Stati Uniti dovrebbe apparire come un clamoroso déjà vu. In fondo, polarizzazione elettorale, delegittimazione dell’avversario e allarmismo mediatico imperversano in Italia da circa trent’anni a questa parte. Anche noi ci siamo accapigliati tra berlusconiani e antiberlusconiani e ci accapigliamo tra fascisti e antifascisti. Anche noi abbiamo media schierati politicamente e conosciamo da lungo tempo i guasti del “giornalismo resistenziale”. E tuttavia, pur pagando il prezzo delle sue criticità politiche, il Paese è sopravvissuto e rimane tra le grandi democrazie europee. Sopravviverà anche l’America, quale che sia il responso del 5 novembre.
© Paolo MacryProfessore Emerito, Federico II