Manzo (BCC Napoli): «Pnrr ultima chiamata, non possiamo fallire. Coinvolgere imprese e banche locali per creare lavoro»

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Più dubbi che certezze. Più interrogativi che rassicurazioni, più esitazioni che decisioni. La road map che conduce a quella terra promessa chiamata Pnrr è disseminata di salite e di insidie. Ostacoli che gettano una luce sinistra su un futuro che da lontano appariva radioso.

Ancora prima delle domande sulla portata effimera o strutturale degli interventi che verranno, però, c'è da chiedersi se l'Italia, che detiene un primato indiscusso nella specialità olimpica della rincorsa dell'emergenza, sarà capace di rispettare tempi e vincoli così stringenti. Se, insomma, saprà tagliare il traguardo del 2026 con le braccia alzate.

Sull'esito peserà molto anche la capacità delle banche di sostenere la sfida. Gli istituti di credito avranno infatti una funzione centrale nel coinvolgere le imprese nazionali, in gran parte di piccole e medie dimensioni, e per questo particolarmente legate al sistema creditizio. Un ruolo che Amedeo Manzo, presidente della Bcc di Napoli e della Federazione Campana delle Banche di Credito Cooperativo conferma e analizza.

Presidente, che cosa si devono aspettare i cittadini campani dal Pnrr?

«I nostri concittadini hanno grandi attese su questo piano nazionale, perché questo promette di abbattere differenze nei settori della digitalizzazione, della sanità e dell'innovazione in modo da consentire a investitori nazionali e stranieri di poter insediare qui strutture imprenditoriali che porterebbero nuovo sviluppo. Il Pnrr può avere un impatto positivo sulla qualità della vita e potrà fare da attrattore di investimenti».

Come influirà sul sistema economico e finanziario questa poderosa immissione di liquidità?

«Bisognerà vedere se la proposta che abbiamo portato nel convegno "Laboratorio Sud" con la Federazione Banche di comunità sarà accolta. Il nostro auspicio è che le banche di credito cooperativo possano essere la cinghia di trasmissione tra il governo centrale e il territorio, un ingranaggio che nel nostro caso consenta ai grandi player di incontrare e attivare l'economia reale del Mezzogiorno e della Campania. Oltre alle opere, ai servizi e alle infrastrutture, il Pnrr può creare nuova occupazione con l'acquisizione di commesse e con lo sviluppo di servizi nei settori della cultura, della scuola e dello sport, fondamentali per contrastare le aree di illegalità alimentate soprattutto dalla disoccupazione. La vera sfida è fare in modo che questi fondi possano portare ricchezza e lasciarla sui nostri territori per non spopolarli, facendo lavorare le imprese del Mezzogiorno alle opere pubbliche che saranno realizzate. In termini di appalti, servono strutture riconosciute dai grandi player. Al Sud ce ne sono poche, ma spero che con i subappalti si coinvolgano, nel rispetto delle regole, le imprese locali. L'ultima indagine Svimez ci dice ancora che i nostri giovani studiano qui e vanno a lavorare altrove: una tendenza che dobbiamo invertire».

Quali saranno le ricadute sul sistema bancario in termini di vantaggi e oneri?

«Saranno direttamente proporzionali alla possibilità delle imprese di contribuire allo sviluppo del Pnrr. Noi ci stiamo attrezzando per dare alle imprese una serie di facilitazioni, ma sarà molto importante che le opere e le iniziative vengano gestite in chiave locale. Questo potrebbe determinare una grande influenza sul Pil locale, consentendo finalmente di conseguire quel riscatto che attendiamo da tempo».

Il Recovery passa dalle banche: si sono fatte trovare pronte?

Direi di sì. Tutte le banche si stanno attrezzando con fondi e plafond erogabili alle imprese che vengono deliberati per coloro che acquisiranno le opere. Senza progetti cantierabili, però, difficilmente queste risorse si potranno spendere.

Il Cda del Gruppo Cassa Centrale ha stanziato per le imprese beneficiarie del Pnrr un plafond di 1 miliardo che sarà utilizzabile nell'arco di 5 anni, dal 2021 al 2026. Inoltre, l'attività del Gruppo Bancario Cooperativo Cassa Centrale prevede un programma di formazione specialistica rivolto ai consulenti corporate delle banche affiliate per poter prestare assistenza qualificata lungo tutto l'iter, dalla presentazione dei progetti all'erogazione del contributo. Ma temo che battaglia per ottenere più fondi rischi di diventare un po' una vittoria di Pirro. Perché quei numeri siano reali, c'è bisogno che i progetti siano cantierabili e realizzabili. Invece mi pare che stiamo parlando molto della quantità di risorse, ma senza concentrarci sulla fattibilità».

Da più parti si levano perplessità sulla capacità di programmazione e di spesa degli enti locali. A suo avviso, sono fondate?

«Secondo me, sì. Questo vale soprattutto per quegli enti locali che hanno subìto la crisi dei bilanci in fase di pre-dissesto e non hanno potuto investire sulle risorse umane e sulla qualità delle stesse. La capacità di programmazione ha bisogno di figure professionali qualificate, e soprattutto nel Mezzogiorno le pubbliche amministrazioni non riescono a far fronte ai bisogni dei cittadini. Ho qualche difficoltà a pensare che in tempi veloci si possano mettere in piedi progetti cantierabili senza una task force e senza il conferimento di risorse da parte del governo centrale. Mi pare che su questo il Ministero del Sud si stia attrezzando, ma siamo in ritardo».

Per il Pnrr, che impone tempi e regole molto stringenti, è prevista una gestione centralizzata. Ritiene che sia la strada migliore?

«Credo che, pur essendo una soluzione poco gradita dagli enti locali, sia una strada obbligata. Come ho detto, non credo che gli enti locali abbiano una capacità di autogestione di questi fondi. Dunque, non avrebbe senso andare verso qualcosa di diverso».

Di che cosa ha bisogno la Campania?

«Dobbiamo produrre più progettualità possibile e lottare per essere in grado di utilizzare questi fondi per cambiare realmente il volto della nostra regione prima di tutto combattendo la disoccupazione e, in questo modo, rimuovendo le sacche di illegalità che alimentano la malavita. Sfornare tanti laureati che stanno a casa o che vanno a lavorare a mille chilometri da qui è una sconfitta. Questa per noi è l'ultima chiamata, non possiamo fallire. Ed è l'ultima chiamata per la nazione intera, perché senza il Mezzogiorno l'Italia non va da nessuna parte: questo è sicuro».

Intanto, c'è un ritardo sulla presentazione dei progetti e la «palude burocratico-amministrativa-giudiziaria» contro la quale ha puntato il dito il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, non aiuta ad essere ottimisti. Come si scongiura il rischio di sprecare un'altra grande occasione?

«Della sburocratizzazione si parla, ma non riusciamo a sviluppare i controlli: lo abbiamo visto col reddito di cittadinanza. Il ricorso all'estrema burocrazia, allora, è una difesa di certi parametri di legalità. Non credo che si possa in breve tempo invertire la tendenza nel senso di una gestione semplificata, di conseguenza temo che qualche appuntamento ce lo perderemo e non tutti i fondi verranno spesi. Ecco perché, più che sui numeri e sulle percentuali, lavorerei sulla possibilità di lasciare delle risorse sul territorio, coinvolgendo le nostre imprese e le banche di comunità, che hanno una connessione con le realtà locali, e darei una mano alle startup e all'imprenditoria giovanile. È così che si fa fare uno scatto in avanti al Sud».

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