Messa in sicurezza e sviluppo del sistema infrastrutturale italiano

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La tragedia di Genova deve segnare necessariamente un punto di non ritorno. Il crollo del ponte Morandi ha messo ancora una volta in evidenza, infatti, la fragilità e lo stato di abbandono in cui versa la gran parte delle infrastrutture del Paese. Opere interrotte, scuole cadenti, manutenzioni al lumicino. Uno stato di cose che non possiamo né dobbiamo più tollerare. Abbiamo il dovere di cercare di prevenire altri disastri e il sacrosanto diritto a vivere in territori sicuri, con infrastrutture efficienti e degne di un Paese moderno.

Non c’è più tempo da perdere. Dobbiamo far partire quel grande piano di messa in sicurezza e manutenzione del patrimonio, sia pubblico che privato, che invochiamo da anni. Le risorse ci sono: stanziamenti già previsti e fondi aggiuntivi che questo Governo si è impegnato a mettere in campo. Ma i soldi, da soli, non bastano. Occorre prima di tutto aggredire la madre di tutti i mali: la burocrazia. Oltre il 54% dei tempi di realizzazione di un’opera si perdono tra adempimenti, procedure e processi decisionali infiniti. Solo per la fase che va dalla progettazione preliminare a quella esecutiva ci vogliono in media 4 anni e mezzo. Un tempo inaccettabile, che non ha eguali in nessun altro Paese al mondo.

Per rimettere in moto il Paese è necessario, dunque, un serio pacchetto di semplificazioni e snellimento delle procedure, per arrivare a un sistema di regole semplici, chiare e facilmente applicabili. A cominciare dal Codice appalti, una riforma incompiuta che ha fallito i suoi obiettivi e  che deve essere rivisitata profondamente.

Occorre poi una programmazione adeguata degli interventi da realizzare che non può prescindere da una serio piano di valutazione dei rischi e dello stato di salute di ogni singola infrastruttura. Si tratta di un salto di qualità importante che il Paese merita e per fare il quale serve il contributo di tutti, nessuno escluso. Le imprese di costruzione hanno dimostrato in passato e continuano a dimostrarlo anche oggi, come emerge dalle tante eccellenze che vincono all’estero, di essere in grado di realizzare prodotti di grande qualità e ad alto valore tecnologico. Professionalità e competenze che dobbiamo avere la possibilità di esprimere anche a casa nostra nell’interesse del Paese intero.

E’ necessario programmare il nostro futuro, superando l’assurda contrapposizione tra chi sostiene che le infrastrutture siano utili e ne servano di più e chi afferma invece la priorità della manutenzione di quelle esistenti. Messa in sicurezza e sviluppo del sistema infrastrutturale dei nostri territori non sono due concetti in contraddizione, ma devono viaggiare sullo stesso binario nelle scelte di un Paese che non vuole arrendersi al proprio declino e intende garantire ai propri cittadini una vita migliore e più sicura.