Paolo Macry

Va pensiero
di Paolo Macry

Negazionismo. La galera o la conoscenza?

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Il negazionismo non è una novità. Nel Novecento a essere confutati furono di volta in volta l’Olocausto nazista, il genocidio degli armeni ad opera dei “Giovani Turchi”, i massacri del regime comunista sovietico, la pulizia etnica degli italiani da parte degli slavi di Tito. Nè sono mancati i medici che negavano l’esistenza dell’HIV o, recentemente, di fronte al Covid, i cosiddetti NoVax. E del resto non si contano i libri, le inchieste, i film che - all’indomani dello sbarco sulla luna - hanno cercato ogni possibile prova per ridurre la storica impresa a una messinscena organizzata in un qualche studio cinematografico dal presidente Richard Nixon, il famigerato (per gli elettori democratici) Tricky Dicky.

Nulla da stupirsi perciò se, nelle circostanze attuali, tra esondazioni furibonde e caldo sahariano, vi sia (anche in Italia) una minoranza della comunità scientifica e dell’opinione pubblica che, della crisi ambientale, mette in dubbio l’origine antropica. Attribuendola cioè alla natura e non all’uomo.

Ma il problema non è “la verità”. Molti negazionismi sono stati a loro volta confutati e sconfitti. I tempi di David Irving sono lontani. E che lo sbarco sulla luna sia un film girato da Stanley Kubrick è diventata una pura stravaganza.

Il problema è la libertà di opinione. Pochi giorni fa, il verde Angelo Bonelli ha proposto di istituire il reato di “negazionismo climatico”. E cioè: non credi al riscaldamento del pianeta? Finisci sotto processo. Un’idea illiberale, evidentemente. Ma, peggio, il segno che perfino una questione così universale può diventare materia per piccole polemiche politiche. La sinistra accusa la destra di sottovalutare la crisi. La destra accusa la sinistra di fanatismo.

Ha ragione Luigi Manconi su La Repubblica. Per quanto il negazionismo possa costituire “un pericolo per la realizzazione di politiche ambientaliste lungimiranti, c'è una sola strategia utile a combatterlo: la conoscenza”.