Non è una città per giovani?

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Una generazione precaria sin dal primo vagito. Sospesa tra un «forse» ed un «chissà», ripiegata sulle coordinate sbilenche di un destino fatto di sogni appassiti e aspirazioni tradite.

In questa trappola esistenziale si dibatte la gioventù del nostro Sud. Gioventù bruciata, sì. Ma dai padri. Gli stessi che oggi sprangano le porte di accesso al mondo del lavoro (oppure ne escono, salvo rientrarvi dalla finestra), issando barriere a difesa di diritti acquisiti e rendite di posizione. In una parola, mortificano alla fonte qualsiasi opportunità di ricambio.

E sì che idee e talenti, a queste latitudini, non mancano. Lo dimostra il dato sulle startup innovative: 784 della 10mila registrate in Italia hanno sede in Campania, quinta dopo Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto in questa classifica dell'intraprendenza. Un indicatore incoraggiante che trova conferma nell'adesione all'ultimo bando da 15 milioni pubblicato dalla Regione: 166 istanze per il finanziamento di idee di impresa, di cui 119 finanziate. E entro il 2019 saranno 1000 gli studenti formati da Apple per lo sviluppo di app grazie all'Academy dell'Università Federico II di Napoli.

Il più delle volte, però, le ambizioni restano soffocate nella fitta trama di conservatorismo ordita da una classe dirigente che non vuole mollare. Gli adulti - o come li chiamano loro: i vecchi – per decenni hanno consumato risorse, occupando militarmente i posti di comando.

Così, quando si affacciano al davanzale della maggiore età i nostri ragazzi si ritrovano davanti un orizzonte murato, con le assunzioni bloccate, un turn over che va a rilento, gli spazi di proposta, di crescita e di proiezione ridotti al minimo. Condizioni che rendono complicato progettare il presente, figuriamoci il futuro.

Al netto della retorica giovanilistica che la dipinge come la "regione più giovane d'Italia", mentre una quindicenne guida la protesta planetaria in difesa dell'ambiente, infatti, la Campania nega le opportunità ai propri figli e li confina in un angolo, costringendoli a scappare. Non a caso, la grande fuga verso le regioni del Centro-Nord e verso l'estero non accenna a diminuire. Secondo Svimez, nel 2016 hanno lasciato il Mezzogiorno 108mila abitanti, 5mila in più dell'anno precedente. Le partenze più consistenti si sono registrate proprio dalla Campania, con 31.600 unità. Seguono Sicilia (25.100), Puglia (19.200), Calabria (13.800). La Lombardia, invece, è la regione che attrae il maggior numero di meridionali, seguita da Emilia Romagna e Veneto. Per l'estero, invece, la meta favorita è la Germania (elaborazioni Centro Studi Acen).

E non va meglio in ambito accademico: nell'anno 2016-2017 – rivela ancora lo Svimez - in 157 mila si sono iscritti negli atenei del Nord. L'emigrazione universitaria causa alle regioni del Mezzogiorno, in termini di impatto finanziario, una perdita complessiva annua – sul piano di mancati consumi pubblici e privati - pari a circa 3 miliardi di euro.

Mentre continuiamo ad emigrare, con le Universiadi ci prepariamo - al solito gioiosi ed affannati - ad un'invasione di «millennials», con oltre 8mila atleti da tutto il mondo di età compresa tra i 18 e 25 anni. Peccato che, in questa corsa ad ostacoli che è la vita, i "baby boomers", nati tra gli anni '40 e gli anni '60, tardino a passare il testimone.