Nuove sfide urbane: evitare gli errori del passato

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Il nuovo PUC, i cui orientamenti si possono evincere dalla  lettura del documento di indirizzo, non può non tener conto dei limiti e degli errori della Variante generale al vecchio PRG che hanno segnato il trend di declino (non soltanto demografico e sociale) e il degrado della città fisica e del suo hinterland da 30 anni a questa parte. Si è passati dalla ideologia neoconservatrice, difensiva, centralistica, autoritaria e intrisa di malcelata sfiducia nelle forze vive della propria stessa comunità di riferimento (che ha opposto un’idea vecchia di Pianificazione urbanistica al Progetto di Architettura, anzi del tutto indifferente a questo) alle odierne proposizioni del Documento di indirizzo del nuovo PUC, nel cui sociologismo velleitario sembra sufficiente aggiornare il lessico con le magiche paroline della “resilienza” e dell'”economia circolare” (e con altre ecumeniche litanie, finora buone - al più - per una pervasiva e noiosa convegnistica accademica),come se ciò bastasse per porre rimedio al disastro urbano/sociale di Napoli e ad indicare una decisa inversione di rotta nel governo della città fisica.

Nel Centro Storico l’esplosione di un turismo di massa –preda dell’“ospitalità “ di bed & breakfast fuori controllo - rende ancora più evidenti le contraddizioni e i problemi di una città lasciata per lunghi anni senza cura e senza  vero governo politico/amministrativo delle sue crisi ambientali, sociali, economiche. Nell’intreccio diabolico tra una vecchia pianificazione comunale e la totale assenza di politiche urbane strategiche si è rivelata l’incapacità attuale non solo di stimolare iniziative per uno sviluppo moderno e sostenibile  di una capitale europea in crisi ma anche di garantire la difesa attiva delle principali risorse ambientali, storiche e culturali della città e la qualità del suo spazio fisico e sociale. Quasi orgogliosamente, la città - spettacolo si mette, in realtà, in scena per i visitatori: ma a questi  esibisce purtroppo – quasi come tratti identitari resistenti  del proprio folklore plebeo - anche l’insopportabilità delle sue condizioni, dei suoi mali storici e la durezza della vita quotidiana dei suoi abitanti. Si continua a rifuggire da una analisi dei dati reali e concreti della crisi, non velata dai fumi del ribellismo anti-statalista (a corrente alternata). Come si continua a rifuggire da un serrato confronto di merito con le competenze più avvedute e meno opportunistiche che non hanno mai condiviso trionfalismi mal riposti o infondati.

Perché di questo oggi si deve trattare: cioè della ricostruzione competente e responsabile delle condizioni minime per  affermare e diffondere una moderna coscienza urbana, fondata sulla responsabilità reciproca tra cittadini e istituzioni. Non è più  tempo di propaganda, ma di strategie urbane comprensibili e condivise con la parte più consapevole ed onesta della città, di elaborazioni programmatiche e di proposte puntuali di merito sui temi problematici più urgenti della città fisica, lasciati irrisolti dalle amministrazioni degli ultimi decenni. Fino all’attuale s-governo cittadino, che continua a cavalcare con troppo opportunismo non solo endemiche contraddizioni e drammatiche emergenze, ma persino la selvaggia vitalità e la creatività comunque espresse da una città che non intende arrendersi  al plebeismo che sembra pervaderla ormai in ogni sua articolazione istituzionale. 

La situazione attuale configura una enorme questione urbana e metropolitana che richiede visione, politiche, programmi e progetti realisticamente fondati e condotti con competenza e capacità amministrativa di gestione e di attuazione che fino ad oggi restano un miraggio, con uno spreco irresponsabile e insopportabile di ingenti risorse finanziarie pubbliche. Un quadro desolante di fallimenti e di malversazioni (dal C.S. a Bagnoli, all’Area Orientale, alla persistente questione abitativa, ai temi delle infrastrutture strategiche di mobilità e sosta, la cronaca offre da anni e quotidianamente esempi drammatici) sembra inibire ogni prospettiva concreta di rigenerazione e riproduzione materiale della città e della sua vita civile: mentre ovunque si diffondono cinismo, rassegnazione al degrado, indifferenza e disaffezione per la cura competente della cosa pubblica. Ben venga perciò la decisione di istituire finalmente – in Palazzo Penne da recuperare - un luogo fisico per il rilancio della partecipazione e del dibattito non fittizio sui grandi temi della vita fisica della città e della sua area metropolitana. Si apre uno spiraglio per la discussione trasparente, l’ascolto e la diffusione del pensiero e dell’operosità competente in campo intellettuale, tecnico ed imprenditoriale, per chi ha a cuore il destino di Napoli.

Anche l'INARCH deve, pertanto, rilanciare con energia la propria mission  originaria e mostrare la necessità - ora come non mai - della lucidità laica di una coscienza  culturale professionale e  tecnica liberal democratica, rimettendo al centro del dibattito pubblico il valore civile e democratico dell’ Architettura, del suo progetto e della sua produzione materiale concreta. Sapendo che la qualità dello spazio fisico dell’abitare è sempre ragione ed effetto della qualità complessiva di una intera società urbana.