Restituire all’industria del turismo il ruolo proprio di leva primaria per la crescita sostenibile e l’occupazione

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Il turismo è un settore troppo importante - sotto il profilo economico e sociale - per essere lasciato ancora alle competenze di un Ministero (il MIBACT) che non si è dimostrato – nonostante alcuni significativi interventi per il sostegno alla cultura -in grado di affrontare positivamente le sfide che il mercato mondiale del turismo ci imponeva e sempre più saremo chiamati ad affrontare.

I numeri consuntivi del turismo italiano nel 2017, presentati dalla Banca d’Italia, hanno registrato risultati positivi per arrivi, presenze, spesa dei turisti e la domanda di nuovi turismi culturali e del benessere coerenti con le nostre potenzialità; sono risultati che vanno al di là delle aspettative degli operatori ma una riflessione attenta ci dice che il loro consolidamento e l’avvio di un costante processo di sviluppo e crescita passa attraverso la rimozione di lacci e laccioli e l’avvio di uno sforzo condiviso e congiunto, di pubblico e privato, per ritrovare un ruolo consistente grazie alla valorizzazione di un patrimonio di natura, cultura e capacità imprenditoriale che è diffuso su tutto il territorio. I risultati che negli ultimi anni hanno caratterizzato l’andamento del settore, sono arrivati, come avrebbe detto il Principe de Curtis, “a prescindere” dall’incapacità del Ministro Franceschini di assecondare, per renderla stabile e strutturale, una situazione congiunturalmente favorevole. Servono certezze per incoraggiare gli imprenditori ad investire e per utilizzare le scarse risorse disponibili nel modo migliore, secondo bisogni ed esigenze del sistema turismo che sono ormai a tutti noti.

Che fare?

E’ necessario che il nuovo Governo e il Parlamento, eletto il 4 marzo, decidano di valorizzare le potenzialità della filiera dell’Industria del Turismo per il sistema Paese, restituendogli il ruolo che merita, in coerenza con l’auspicio formulato prima delle elezioni da tutte le forze politiche, che hanno richiesto - senza se e senza ma - il ripristino di un vero Ministero del Turismo e la strada più diretta è che la competenza piena sia assunta nell’ambito dei Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri. E questa sembrerebbe la strada condivisa anche dalle forse politiche che stanno lavorando per dare un Governo al Paese. Proprio in queste ore, infatti, si sta facendo strada, la scelta di avere nell’Esecutivo la figura del Ministro del Turismo (o, meglio sarebbe, delle Politiche Turistiche), come avevamo sempre proposto senza trovare ascolto, sin da quando, inopinatamente la materia era stata sottratta sia alla Presidenza del Consiglio che al MISE.

Lo richiede la natura trasversale propria dell’Industria del Turismo, con una visione a 360 gradi su temi e problemi, tutti rilevanti, come la formazione per l’accoglienza e l’ospitalità, la sostenibilità degli interventi e delle iniziative, in particolare per contesti turistici fragili che hanno già richiesto misure specifiche di regolamentazione, il trasporto intermodale, l’ambiente, la cultura, il paesaggio, la digitalizzazione della domanda e dell’offerta, la partecipazione pubblico e privato, la condivisione di programmi e progetti mirati, all’interno di un piano strategico per il turismo.

E’ una scelta felice quella di avere un Dicastero (anche senza portafoglio) autonomo per questo importante comparto dell’economia nazionale, utile a superare la considerazione del turismo come settore ancillare nei confronti dei beni culturali, che ha caratterizzato la gestione Franceschini ed i comportamenti delle strutture del MIBACT, incapaci ad indirizzare le attività dell’ENIT, rimasto estraneo e insensibile all’attività di promozione richiesta dal processo di programmazione del turismo dando ragione a chi ne richiede, da anni, la cancellazione per l’assoluta inconcludenza della sua azione che negli ultimi anni da inefficiente è diventata, soprattutto se confrontata con le analoghe istituzione dei Paesi nostri competitor, imbarazzante.

Un’esperienza da archiviare, senza rimpianti mentre va salvata l’originale programmazione concertata, in primis, con le Regioni e le Province autonome in relazione all’attuale quadro costituzionale, con le Associazioni di Categoria realmente rappresentative e con le Amministrazioni pubbliche territoriali, attivata grazie a un piccolo gruppo di coraggiosi funzionari esterni al MIBACT manifestata nella redazione del Piano Strategico per il turismo. Un patrimonio di esperienze da salvare utile al lavoro ancora da fare, considerando anche gli apporti proattivi di parlamentari all’interno della maggioranza che hanno già dimostrato attenzione e capacità di riflessione al tema del turismo per la crescita e lo sviluppo.

Bisogna superare le sterili conflittualità e il rivendicazionismo gratuito e senza risultati del passato, per impegnarsi tutti insieme, pubblico e privato, nella valorizzazione della voglia di fare impresa turistica anche delle giovani generazioni che ne avvertono la capacità di fare crescita ed occupazione, con i nuovi strumenti digitali.

E se tutto questo è vero, lo è ancor più per Napoli e per la Campania.

Alla crescita esponenziale della domanda che sta interessando la nostra Città e la nostra Regione, non corrisponde un’adeguata qualità dell’offerta, soprattutto per quanto riguarda i servizi territoriali.

Sarebbe imperdonabile se, alla una rinnovata attenzione del Governo nazionale per il settore, non dovessero corrispondere policies delle istituzioni territoriali adeguate a rendere strutturale quello che oggi sembra più un risultato indotto da fattori esterni e non alla capacità di governare e programmare uno dei più importanti comparti dell’economia di Napoli e della Campania.