Se i giovani “fuggono” a perderci è l’Italia: una proposta per arginare il fenomeno

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Dagli ultimi dati Istat- Svimez (2019) si rileva che ogni anno si trasferiscono all’estero 33mila diplomati e 28mila laureati (244mila in totale negli ultimi 5 anni). Per quanto riguarda i giovani tra i 20 e i 34 anni il saldo con l’estero è negativo soprattutto per le regioni del Nord (il Mezzogiorno contribuisce al 30%) come Lombardia (la regione con il saldo negativo più alto), Veneto e Piemonte. Per queste regioni, tuttavia, le perdite di capitale umano sono compensate dai flussi di migrazione interna, ossia dai giovani delle regioni del Mezzogiorno che si trasferiscono in quelle Centro- settentrionali. Dal 2000 hanno lasciato il Mezzogiorno 2milioni di residenti, di cui la metà giovani e circa il 20% (200mila) laureati. Con la crisi economica il fenomeno migratorio si è aggravato: solo nel 2017 hanno lasciato il Mezzogiorno 132mila residenti, di cui 66mila giovani e circa 22mila laureati.

Numerosi studi hanno evidenziato che il Mezzogiorno da un lato dispone in abbondanza della risorsa più importante per produrre reddito, la conoscenza, ma dall’altro la “esporta” in quantità sempre più consistente all’estero e soprattutto al Centro-Nord, dove contribuisce alla crescita del PIL di quelle aree.

Una strategia per trattenere e attrarre i talenti

Per arginare l’esodo di laureati e di studenti universitari dal Mezzogiorno occorre adottare interventi strategici che abbiano come obiettivo a breve termine quello di trattenere i nostri talenti e a medio-lungo temine quello di riuscire ad attrarre studenti nelle università e nei centri di eccellenza del Mezzogiorno. Il ruolo dell’Università e dell’alta formazione è cruciale per avviare questo processo virtuoso. Il primo passo è lavorare per la creazione e il consolidamento di rapporti di sinergia e collaborazione tra università, centri di ricerca e di alta formazione con i centri produttivi di eccellenza del Mezzogiorno.

In questa prospettiva, primo luogo, occorre individuare nel Mezzogiorno i settori produttivi che presentano livelli di competitività anche a livello internazionale, capaci di esportare e garantire inserimenti professionali ad alti livelli di competenze. Nei primi nove mesi del 2019 la Puglia e la Campania hanno registrato un incremento dell’export rispettivamente del 9% e 7,9% e rientrano tra le prime quattro regioni con il tasso di incremento più elevato in Italia (Istat 2019).

In primo luogo, per disporre del capitale umano specializzato è necessario arrestare la fuga dei diplomati che scelgono di iscriversi negli Atenei del Centro Nord. Per farlo, occorre progettare negli Atenei meridionali corsi di laurea, in particolare quelli magistrali, caratterizzati da una forte specializzazione “al servizio” dei settori eccellenti del Mezzogiorno. Questa offerta formativa richiede di verificare e monitorare periodicamente le conoscenze e le competenze richieste dai settori produttivi con maggiore competitività.

 In secondo luogo, per trattenere i migliori laureati occorre realizzare scuole di Alta formazione (business school) post-laurea d’eccellenza, i cui programmi dovranno essere coerenti e collegati con quelli erogati nei corsi di laurea magistrali,  che permettano agli allievi di raggiungere una preparazione ad altissimo livello capace di garantire un adeguato inserimento professionale: oltre alle competenze  tecniche in queste Scuole i partecipanti acquisiranno le cosiddette soft skills molto apprezzate dalle aziende .  Un’iniziativa eccellente in tal senso è quella realizzata dall’Università Federico II   che presso il Centro di alta formazione realizzato nell’ex stabilimento Cirio a San Giovanni a Teduccio, è riuscita a coinvolgere aziende del calibro di Apple, Cisco, Deloitte Digital, Leonardo, Fs.

L’inserimento nel tessuto produttivo di giovani adeguatamente formati e con specifiche competenze non solo rende le aziende del nostro territorio più competitive ma crea quelle economie esterne capaci di attrarre aziende, che a loro volta sono capaci di trattenere i nostri cervelli.

Il caso IPE Business School

Un’altra esperienza efficace, capace di trattenere i cervelli in fuga, è quella dell’IPE Business School, con sede a Napoli: un network di oltre 280 partner tra università, imprese, banche e società di consulenza, (di cui 52 Business partner che erogano borse di studio), una Faculty di oltre 150 docenti e professionisti. La regola di questa Business school è realizzare programmi di formazione al “servizio” delle imprese partner con il risultato che fino ad oggi i 1500 allievi iscritti hanno trovato tutti lavoro (100% del placement) sostenendo in media 4 colloqui e quindi potendo addirittura scegliere il proprio futuro professionale.

In definitiva, un territorio può crescere e svilupparsi solo con il lavoro, l’entusiasmo, il coraggio dei suoi giovani: il Mezzogiorno li sta perdendo ma trattenerli è possibile. Moltiplichiamo, rafforziamo, sosteniamo le iniziative che già ci sono e che hanno dimostrato con risultati sorprendenti la loro efficacia.