Serve un mix tra strategia e mercato

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Le manifestazioni di interesse che il Comune di Napoli ha pubblicato per far realizzare le installazioni alla Rotonda Diaz nel periodo di Natale, nel 2016 e per il prossimo 2017, sono un ulteriore tassello per individuare uno dei caratteri essenziali dello stile delle politiche urbane in questi anni a Napoli . In ogni intervento pubblico il Sindaco rivendica che si è dovuto fare di necessità virtù non disponendo di soldi per finanziare iniziative. Dalla Coppa Davis alle prove per le regate una serie di eventi sono stati gestiti per rilanciare l’immagine della città puntando su lungomare. Successivamente si prova a far tesoro della congiuntura favorevole dei flussi turistici in città.

In un bel libro Marco D’Eramo ( Il selfie del mondo: Indagine sull’età del turismo ) ha messo in luce l’ambivalenza del turismo che in molte città da segnali di tendenziale distruzione di un certo mileu urbano , quello più caro agli intellettuali che detestano la massificazione. D’Eramo, inorridito dalle navi in Laguna come, credo, dalle installazioni napoletane, però mette in luce il portato elitistico della critica al turismo di massa.

La pretesa di trasformare ogni turista in un viaggiatore esploratore di usi e costumi, cittadino mondializzato autoriflessivo che supera le trappole del kitsch, è un’illusione accademica che nasconde anche un pregiudizio di classe. Come quasi ogni cosa del nostro tempo la questione è carica di ambivalenze. Oltre al fatto che da qualche fonte un po’ di soldi per le politiche si possono avere, soprattutto si può provare a costruire una strategia con una programmazione non schiacciata su un determinato target di domanda e su alcuni luoghi. Certo che una visione ben congeniata deve rigenerare il genus loci, ma l’immaginario è un costrutto sociale che la politica può orientare. Fra Ernesto De Martino e la bancarella di corni di plastica c’è un abisso.

Si potrebbe lavorare per la proposta, tendenzialmente destagionalizzata di itinerari intelligenti non solo sulla scaramanzia ma sul turismo religioso o quello rivolto a chi ha spiccati interessi antropologici e curiosità sociali . C’è molto da poter fare evitando l’appiattimento sulla proposta di una sorta di mega pizzeria all’aperto, centrata sul lungo mare e nei decumani. Qualcuno sta pensando di chiedere alle università installazioni multimediali che documentino le tante dimensioni della scaramanzia nelle nostre città, considerando anche possibili itinerari letterari, cinematografici, culinari. E quante altre opportunità si possono provare a mettere in gioco tenendo presente il patrimonio demo-antropologico della città ? Può essere interessato il nuovo responsabile del vicino Istituto Cervantes ? Si possono prevedere sul tema attività rivolte ai bambini negli spazi del Castel dell’Ovo o del PAN ?

La questione è che l’Amministrazione sembra sfiduciata e depotenziata. In questo come in altri campi prevale la propensione a lasciar fare a imprenditori e a gruppi della società locale con cui si realizza un’alleanza.

La forza delle installazioni alla Rotonda Diaz sta nel fatto che si tratta di offerte chiavi in mano fatte da operatori che ispirano le manifestazioni di interesse anche prima di predisporre le risposte al bando comunale. Qualcosa di simile segna anche l’esperienza degli spazi di fatto affidati alle “comunità civiche” (Ex-Asilo, Ex-OPG ed altri), sino al più minuto affidamento della manutenzione delle aiuole ai privati.

I nostalgici dell’ente pubblico che fa i piani olistici, li approva e li attua avendo fin dall’inizio in mente dove vuole andare devono fare i conti con la fine del Novecento . Lo standard più comune dell’attività dei Comuni è la rincorsa all’emergenza. In questi anni si tratta di trovare la misura fra il bisogno di immaginare strategie, certo plurali e adattive e lo schiacciamento tutto incrementalista su quello che i gruppi sociali più capaci (il mercato) suggeriscono. Certo, ci vuole anche un po’ di fortuna!