Stadi

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Alla stregua dell’anfiteatro romano, che si può considerare il progenitore, lo stadio moderno è l’espressione più tangibile della celebrazione di un rito collettivo e popolare, uno dei più sentiti. Per lo stadio, dal punto di vista architettonico e urbano, ci si può riferire al concetto di atopia, cioè di un manufatto indifferente ai luoghi, che si localizza prevalentemente in aree libere e poco urbanizzate. Uno di queinon-luoghi che Marc Augè, con la sua Antropologia della Surmodernità, annovera tra gli emblemi più espliciti della contemporaneità. Ma lo stadio è anche una macchina complessa costituita da strati molteplici, alcuni visibili e pubblicamente accessibili, altri meno visibili, talvolta nascosti e destinati agli addetti ai lavori, altri ancora riservati esclusivamente a chi metterà in scena l’evento. Per la città di Napoli, dalla fine degli anni cinquanta del Novecento, lo stadio S. Paolo è per antonomasia il luogo del calcio per i napoletani, oltre ad essere il più importante impianto polisportivo della città. E quando nel mese di febbraio di quest’anno, la Federazione Internazionale degli Sport Universitari ha scelto Napoli e la Campania come sede delle prossime Universiadi del 2019, subito si è posto il problema di verificare la dotazione infrastrutturale degli impianti sportivi attualmente presenti sul territorio e le loro condizioni. Rispetto ad un fabbisogno stimato di circa sessanta impianti per le 18 diverse discipline sportive, per le quali sono stati considerati 10.000 atleti oltre a 20.000 accompagnatori, il bilancio è complessivamente abbastanza preoccupante, per non dire disastroso, e lo è ancora di più per il S.Paolo. Al confronto con i grandi stadi delle inaugurazioni olimpiche, due su tutti, il Nido d’Uccello delle Olimpiadi di Pechino del 2008 e, ancora prima, l’Olympiastadion di Frei Otto delle Olimpiadi di Monaco del 1972, non c’è da essere contenti pensando al S.Paolo delle condizioni attuali, come simbolo di Napoli per le Universiadi del 2019. Ma quella del S.Paolo è invece la storia di un pezzo importante dell’architettura moderna della città e comincia quasi settant’anni fa, nel 1948, quando il Coni bandisce un concorso di progettazione (quando i concorsi si facevano, e servivano a realizzare l’opera) per la ricostruzione dello stadio comunale, inizialmente immaginato nella zona orientale della città e poi, in seguito ad un coro di polemiche e, addirittura a un referendum (addirittura), si decide di spostare il sito a Fuorigrotta, a ridosso della Mostra d’Oltremare. Il Concorso lo vince un gruppo di progettisti guidato da Carlo Cocchia, l’autore di alcune delle opere più belle della Mostra D’Oltremare, e il progetto iniziale dello stadio viene modificato nel 1955 e lo stadio viene inaugurato nel 1959. Un impianto per 60.000 spettatori, un progetto di grafia leggera e razionale, come ha scritto Emanuele Carreri, in cui struttura e architettura coincidono perfettamente nella ricerca di un rapporto con la dimensione urbana. Un grande catino di forma ellittica, con un telaio strutturale formato da 56 costoloni inclinati verso l’interno dall’alto verso il basso, che reggono gli spalti e le tribune e declinano, nella loro iterazione, la cifra architettonica predominante dell’intero impianto. “ Io vorrei realizzare in questo stadio un’architettura agile, fatta di soli nervi e strutture, essenziale, che tendesse a diventar natura essa stessa, naturalmente e senza arroganza ”. Così scriveva Cocchia nella relazione del progetto, nel 1948.

Una leggerezza architettonica che ha resistito per anni, dividendosi con il Politecnico di Luigi Cosenza il primato della modernità architettonica per questa parte della città, prima degli anni Novanta quando, in occasione dei Campionati Mondiali di Calcio, un improvvido intervento di copertura e di realizzazione del terzo anello dell’impianto ha pesantemente trasformato lo stadio seppellendo, forse definitivamente, quella leggerezza sotto una pesante coltre di ferro e plastica. E chissà se in quella calda serata di luglio del 2019, quando davanti a tutto il mondo assisteremo all’inaugurazione delle Universiadi, qualcuno si ricorderà dell’autore dello stadio S.Paolo, di quell’elegante architetto napoletano che voleva per la sua città uno stadio bello ed essenziale, senza arroganza.