Tant’arte, pochi luoghi

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Napoli, la città di “’O sole mio”, dei mandolini e delle tarantelle, di Totò ed Eduardo, di Carosone, Murolo e di Massimo Ranieri è sempre stata emblema dell’arte, che trova nella musica e nel teatro le espressioni più vere.

Una città dove tutto è spettacolo, fuori e dentro i teatri, dove la teatralità è un modo di essere, dove anche linguaggio e gestualità sembrano spesso performance da palcoscenico.

Meraviglia e incredulità sono infatti i sentimenti che accomunano i visitatori occasionali della nostra città, impressionati da quella capacità di dare corso in ogni dove a emozioni e sentimenti in maniera spontanea e, a tratti, plateale.

Ebbene proprio qui sembrano scarseggiare i luoghi fisici adibiti ad ospitare gli eventi che da tutto ciò hanno origine e che necessitano di più spazi per dare piena espressione di sé.

Sul fronte della musica, a parte lo stadio, sono le mega strutture le grandi assenti del panorama d’offerta partenopea. Una funzione sacrificata, un territorio sottoutilizzato anche per questo.

Occorrerebbe una cittadella della musica modello Auditorium di Roma, quella progettata da Renzo Piano negli anni ’90, che è articolata in più sale, di diversa capienza (da 673 a 2744 posti), con un parco pensile di oltre 38.000 metri quadrati e una grande Cavea con la duplice funzione di teatro all’aperto e di vero e proprio luogo di incontro.

Una infrastruttura del genere potrebbe essere attrattore del territorio, con un potenziale bacino di utenza ben oltre i 3,5 milioni di abitanti della città metropolitana di Napoli, tra residenti e visitatori, e divenire un landmark significativo, un segno dell’architettura contemporanea.

Nel tempo non sono mancate iniziative e proposte di tale tipo da parte degli imprenditori del luogo: da quella nell’area ovest degli anni 90 a quella nell’area est degli anni 2000. Entrambe irrealizzate!

Sul fronte del teatro, a Napoli sorge il tempio lirico italiano, nato 41 anni prima della Scala di Milano, il più antico teatro d'opera d'Europa ancora attivo, che ogni tanto balza tristemente agli onori della cronaca per motivi di bilancio, nonché una serie più o meno ampia di piccoli teatri (fino a un massimo di 100 posti), che offrono per lo più spettacoli tradizionali. Un’offerta che andrebbe senz’altro valorizzata, aprendo anche e di più al teatro sperimentale, inteso come luogo/occasione per esprimersi e per testare e cercare nuovi contenuti.

La vocazione territoriale, il fattore identitario e l’incremento del turismo in atto rappresentano a Napoli di per sé fattori di domanda, non pienamente soddisfatta, di funzioni di spettacolo.

E allora sarebbe bello se l’attuale Amministrazione, nelle diverse operazioni di rifunzionalizzazione di aree ed edifici, rispondesse a questa esigenza pensando a qualche destinazione in tal senso. Uno o più luoghi fisici dove l’offerta e la domanda possano incontrarsi con piena e reciproca soddisfazione, dove possa trovare casa l’anima più vera e famosa della nostra città.