TRA ARTE E IMPRESA: il bello di un’altra economia possibile

con la collaborazione di Gennaro Biondi, già professore ordinario di Geografia politica ed economica

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Con la tendenziale frammentazione della domanda di prodotti manifatturieri la creatività risulta ormai una caratteristica strategica non solo nel comparto dell’abbigliamento ma anche in tanti altri settori fino ai beni durevoli. Siamo di fronte ad un fenomeno strisciante che al concetto della sponsorizzazione va sostituendo in maniera sempre più visibile quello della collaborazione tra arte e manifattura in sede di progettazione ed innovazione del prodotto. I reciproci vantaggi in termini di visibilità dell’arte anche presso fasce sociali tradizionalmente refrattarie e di un “valore aggiunto” per la competitività aziendale definiscono in sintesi l’affermazione di una produzione culture – based”, trasversale ai tradizionali settori merceologici. Ragionando in termini sistemici appare evidente che l’inserimento dell’arte nelle filiere produttive (dall’organizzazione di mostre nelle fabbriche alla collaborazione tra tecnici ed artisti nella progettazione) garantisce un vantaggio competitivo alle aree ricche di “giacimenti culturali” come il Mezzogiorno rispetto sia alle aree ad economia avanzata poiché va a collocarsi in una “nicchia” di mercato e sia rispetto ai Paesi emergenti caratterizzati da economie di tipo quantitativo (basate solo sul costo del prodotto).

La culturalizzazione della manifattura crea non solo benefici di tipo economico ma, attraverso il meccanismo del public spillover, favorisce la curiosità e la creatività soggettiva, una comunicazione di tipo innovativo e, a cascata, anche la promozione di rapporti interpersonali.

In sostanza, la disponibilità di una “materia prima” di eccellenza mondiale ed una collaborazione senza pregiudizi tra arte ed impresa possono rappresentare una interessante nuova frontiera per lo sviluppo economico e sociale dei nostri territori. Segnali in questa direzione si incontrano in diverse regioni del Mezzogiorno ed anche nell’area metropolitana napoletana: le attività promosse dall’Associazione F2Lab aps con il progetto ‘Materia Viva’ ne sono un esempio significativo che rintraccia “Il bello del mettersi all’opera dopo i Greci, i Borbone e Adriano Olivetti” come matrice antropologica del ‘made in Italy’. Si, perché con ‘Materia Viva’ si riconosce la forza generativa della ricerca dell’arte contemporanea per valorizzare le aree e le attività produttive e attivare processi di trasformazione che riguardano i materiali, le estetiche, le tecnologie. Dare valore al paesaggio urbano ed extraurbano e alle architetture che ne disegnano il profilo produttivo e ne fanno il patrimonio in forma di città e fabbriche d’autore, significa metter mano e prendersi cura della vita delle comunità e della loro sapiente dimensione operosa. Si tratta allo stesso tempo di risvegliare l’attenzione di Istituzioni ed imprese sul tema del produrre ‘ad arte’. In questo senso è sempre più necessario tornare ad attivare e interagire con la sensibilità degli artisti e delle artiste nel trasformare e rigenerare quel che ai più sembra destinato a non mutare come l’abbandono di tanti territori maltrattati. L’arte è mobilitata per riposizionarsi nello spazio e nel discorso pubblico e nutrire nuovo immaginario. Innestare nelle politiche di pianificazione territoriale il potere rigenerativo dell’arte, vuol dire infatti operare sulla qualità del paesaggio come bene comune e sulla necessità, tutta antica quanto contemporanea, di rendere parte di quel paesaggio anche le professioni e i mestieri, la loro dimensione artigiana che restituisce valore alla qualità in ogni campo del produrre. ‘Materia Viva’ è dunque esempio possibile di un’operazione spinta da una visione molto ampia sugli eco-sistemi produttivi, la catena del valore e la virtuosa relazione da ‘ricucire’ tra Arte, Impresa e Territorio.  Un rapporto dal quale far emergere un altro sguardo, in quella ‘zona’ tra Economia e Cultura, Cultura materiale e immateriale, spazi urbani e aree/siti produttivi, che oggi chiede alle Imprese come alle Amministrazioni Pubbliche di investire in termini di responsabilità sociale perché etica ed estetica possano sostanziare la qualità della vita delle comunità.

In questa direzione, ‘Materia Viva’ ha tracciato un primo e concreto itinerario che unisce l’area industriale di Marcianise, in Terra di Lavoro – dove sono attive imprese che nell’ottica dell’economia circolare stanno disegnando una filiera dei rifiuti e degli scarti urbani e industriali destinata a produzione di nuovi materiali - con tre punti importanti della città di Napoli: l’Istituto ad indirizzo raro ‘Caselli’ che è anche ‘Real Fabbrica di Capodimonte’, eccellenza dell’arte della porcellana; Palazzo Fondi, proprietà del demanio e da qualche anno rigenerato in hub di imprese dell’industria culturale tra cinema televisione e teatro, che è anche a ridosso di Rua catalana e quindi del più antico distretto artigiano della città sin dal ‘300 con gli angioini; e le Cave di tufo nel borgo di Cappella Vecchia, prima fabbrica di materiali utilizzati per costruire la città al tempo dei primi coloni greci insediatisi sul Monte Echia, a Pizzofalcone, dove oggi si arriva più direttamente dalle cave passando per la rampa Caprioli. Luoghi dove si è iniziata ad innestare l’opera di artisti per ridare luce alla ricchezza dei territori e alla loro sapienza millenaria che ha reso leggibile nel paesaggio stesso un concetto ibrido, di natura e artificio. Il tutto con l’ambizione che qualcuno si senta ‘toccato’ come nel canto e nella danza e torni a chiedersi ed occuparsi di come si fanno le cose e di quale gesto imparare per vederle mutare.