Una storia da raccontare

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La dismissione dell’ex Ilva determinava una situazione particolare per una città come Napoli, una città con aree ad altissima concentrazione  abitativa, con interi quartieri realizzati in assenza di qualsivoglia programmazione urbanistica e soprattutto, con caratteristiche di scarso livello abitativo, una città che finalmente poteva godere di un’area meravigliosa ad altissima vocazione turistica, per posizione e morfologia, che poteva costituire una occasione unica  per progetti di ampio respiro internazionale.  

Correva l’anno 1995, a Roma era appena stato pubblicato il bando per il progetto di un Auditorium, a Torino si ampliavano gli spazi del Lingotto e a Napoli con un gruppo di imprenditori edili  trentenni, facenti parte del gruppo giovani dell’Acen, ci lanciammo con entusiasmo nella progettazione di una cittadella della musica. I giovani in Città erano più numerosi di quelli di oggi,  e mancavano del tutto strutture ricettive per il tempo libero e per grandi eventi. Non esistevano i baretti né i luoghi della Movida, non c’erano le grandi strutture per lo sport tipo “Virgin”, auditorium, teatri, cinema, la città era quindi carente di luoghi da adibire a grandi manifestazioni musicali e sportive.

Il progetto fu preceduto da uno studio preliminare di marketing teso ad analizzare le esigenze della popolazione giovanile, furono coinvolti economisti per effettuare un’analisi puntuale dei bisogni, fu intervistato un campione significativo di 400 persone, determinato con criteri scientifici, per valutare le esigenze del possibile bacino di utenza.

Uomini dello spettacolo, come Edoardo Bennato, che con un entusiasmo autentico si rese disponibile ad affiancarci in quel progetto, diedero suggerimenti preziosi circa la mancanza di sale di registrazione discografica e di luoghi capienti per concerti e manifestazioni; Luciano Stella manifestava l’esigenza di recuperare spazi per realizzare produzioni cinematografiche; il direttore della Rai dell’epoca si dichiarava interessato a occupare superfici per trasferire la registrazione di alcuni programmi dai vicini studi di via Marconi.

L’idea progettuale che emerse era quella di realizzare un contenitore con strutture a vocazione polivalente, con pavimenti e pannelli movibili capaci di adattarsi e rispondere ad esigenze diverse per dimensioni e  capienza. Le strutture dovevano essere elastiche, modulari, capaci di trasformarsi a seconda delle necessità per poter essere impiegate in differenti funzioni anche nell’arco della stessa giornata. La polivalenza avrebbe garantito la redditività dell’iniziativa.

Gli architetti fecero un progetto di massima della “Cittadella dei Giovani Multifunzionale” per il tempo libero che prevedeva un teatro, sale cinematografiche, spazi per produzioni multimediali, gallerie d’arte, palestre, discoteche, piani bar, videoteche. La struttura prevedeva una superficie  coperta di circa 9.500 mq sviluppati per 28.500 mq su tre livelli, 20.000 mq di parcheggi, un teatro con capienza massima di 5.600 posti  riducibili a 1.000 posti, a seconda delle esigenze. Il Teatro avrebbe potuto facilmente trasformarsi in un luogo per manifestazioni musicali e sportive.

Il progetto  fu presentato agli assessori dell’epoca, alcuni si dichiararono entusiasti, ma purtroppo prevalse l’orientamento di demandare la governance dell’area di Bagnoli ad una società pubblica. La storia della sua evoluzione, purtroppo, è a tutti nota.

All’epoca il progetto venne presentato ufficiosamente anche al Sindaco di Roma Walter Veltroni, con il quale alcuni di noi avevano condiviso le vacanze, il quale ne trasse spunto per valutare le funzioni dell’Auditorium che in quegli anni Renzo Piano stava progettando e che nel 2001 fu inaugurato.