Una visione moderna

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Vincenzo Tecchio, presidente della Camera di Commercio di Napoli, viene nominato nel 1937 Commissario Governativo per la realizzazione della Mostra Triennale delle Terre d’Oltremare che doveva illustrare “all’Italia e al mondo il contributo del lavoro degli italiani allo sviluppo dei paesi d’oltremare”. 

Tecchio si avvale, tra gli altri, della collaborazione di Alberto Calza Bini, primo preside della neonata Facoltà di Architettura, istituita nel 1935, e di Marcello Canino, cui viene affidato il piano generale urbanistico e architettonico della Mostra d’Oltremare, oltre agli altri interventi territoriali e, in particolare, la bonifica del quartiere di Fuorigrotta. Napoli, anche in questa circostanza, si contende con altre città italiane questa importante assegnazione e Tecchio, per gli interventi architettonici previsti all’interno della Mostra vuole avvalersi di giovani progettisti prevalentemente napoletani, decidendo di chiamare direttamente, allora era possibile, laureati e docenti delle Facoltà di Ingegneria e di Architettura. 

È una nuova generazione di progettisti che sperimenta anche a Napoli il linguaggio moderno dell’architettura. Un modernismo “senza enfasi” come è stato definito, che si inserisce in quella produzione architettonica tra le due guerre decisiva per l’affermazione dell’architettura del Novecento in Italia. Pur se anticipata da alcune prime opere di Luigi Cosenza, è con la Mostra d’Oltremare che comincia la storia dell’architettura moderna a Napoli. E la Mostra accoglie senza particolari “difficoltà politiche” il linguaggio razionalista, con le opere di Giulio De Luca, di Luigi Piccinato, di Stefania Filo Speziale e di Carlo Cocchia, che diventeranno poi i riferimenti della scuola napoletana del Novecento, sia in ambito progettuale che nella vita universitaria. All’interno del progetto generale della Mostra curato da Canino, Cocchia si afferma con numerose e significative opere come le Serre Botaniche, il Ristorante della Piscina e, insieme con Luigi Piccinato, con la Fontana dell’Esedra. È il confronto tra due mondi, che rappresenta esattamente lo spirito del tempo, tra il mondo accademico e della tradizione rappresentato da Canino, e quello della modernità, a tratti dissacrante di Cocchia, che vuole interpretare gli etimi del nuovo secolo. 

Tutto questo lo si deve a Vincenzo Tecchio e alla sua ‘visione’ indiscutibilmente moderna. Con lui la Mostra rappresenta un’occasione di sperimentazione e di innovazione architettonica per i giovani progettisti napoletani, senza particolari condizionamenti di ‘regime’ per esigenze di carattere celebrativo, come invece accadeva altrove in Italia. Per questo, e solo per questo è giusto ricordarlo, perché ha scritto una pagina importante della storia moderna della città. Nonostante sia stato fascista. Perché di questo sarebbe meglio dimenticarsene.

Foto di copertina: Cantiere della Mostra d'Oltremare, 1938 ca. Alberto Calza Bini, Marcello Canino e, sull'estrema destra, Carlo Cocchia.