Valorizzare e mettere a sistema le nostre risorse

Di recente il tema dell’immagine di Napoli si è riproposto alla nostra attenzione. Ne è seguito un dibattito a tratti anche interessante ma, nel complesso, non particolarmente nuovo. Sull’immagine della città, in positivo o in negativo, si parla e si discute da sempre. Basta ricordare che, in varie riprese, nell’arco degli ultimi venti anni, gli amministratori locali hanno provato ad introdurre episodi di valorizzazione di Napoli per avvicinarla alla dimensione di una metropoli moderna e nel far quello hanno prodotto una serie di nuovi spazi e con essi di nuove immagini.

Provvedimenti che, seppur con diverse modalità, sembrano porsi nel solco delle politiche di marketing urbano, sperimentate da tempo in realtà urbane statunitensi ed europee (Barcellona, Lisbona, Dublino) per fronteggiare la crisi delle metropoli che, già dagli anni Sessanta e Settanta, andavano perdendo capacità di attrazione sulle attività produttive e sugli abitanti per via della congestione e della cattiva qualità dei loro ambienti.

Non vi è alcun dubbio sul ruolo propulsivo che possono svolgere le politiche d’immagine ispirate al marketing urbano, soprattutto nell’epoca della competizione globale tra le città. Certamente è molto rilevante promuovere la città sul mercato attraverso strumenti pubblicitari, organizzazione dei grandi eventi, filmografia, come peraltro è avvenuto a Napoli, almeno a partire dalla metà degli anni Novanta.

È però importante capire che una strategia di marketing urbano impostata in maniera corretta deve comprendere al suo interno un insieme di politiche atte ad un approccio globale della città: “vendere” la città, infatti, esige una visione dello spazio urbano inteso come un complesso unico, soggetto-oggetto dell’azione territoriale, e non come una somma di risorse da utilizzare e promuovere separatamente. Se non accompagnata da ulteriori concrete iniziative, la politica di marketing rischia di ridursi al banale rango di evento temporaneo, di immediato impatto mediatico ma, inevitabilmente di respiro corto.

Investire in immagine è davvero proficuo solo se non si perde di vista l’essenza della città stessa, quell’insieme di valori e stratificazioni e di identità che sono propri della città. Di qui l’esigenza di tutelare e dar forza alle specificità locali, a quelle potenzialità già iscritte nel “codice genetico” della città, producendo visioni del futuro che siano traguardi, obiettivi intorno ai quali aggregare consenso e volontà di collaborazione tra settore pubblico e privato, avendo chiara la percezione delle esigenze di cui sono portatori i diversi gruppi sociali che operano in ambito urbano ed elaborando contestualmente risposte concrete alla domanda che viene dall’esterno.

E nel codice genetico di Napoli, nel suo DNA, sono iscritte non poche opportunità di crescita e di sviluppo che al momento non sembrano essere state colte nel loro insieme. Napoli esibisce la sua bellezza, il suo straordinario patrimonio che ci consentirebbe di creare lavoro e proiettare la città all’esterno, un capitale umano di elevatissimo profilo, università di prestigio, centri di ricerca di eccellenza che sono un grande bacino di saperi e di conoscenze al quale attingere e al quale la politica quasi mai fa riferimento. A fronte di ciò i nostri giovani laureati che fuggono. Le nostre Università formano giovani che poi vanno altrove a cercare lavoro e a costruirsi il futuro. La verità è che a Napoli manca la domanda di lavoro, non solo in generale, ma anche di lavoro qualificato. Il problema del lavoro è ormai una vera emergenza, al pari della criminalità e spesso le due cose sono collegate.

Valorizzare e mettere a sistema tutte le nostre risorse deve essere un obiettivo prioritario: gli uomini ed i loro saperi, la creatività, la bellezza, la cultura nel suo senso più ampio. Promuovere l’identità di una città vuol dire creare sinergie tra quanti di questa identità sono espressione attraverso tutte le forme artistiche; creare presidi culturali nei quartieri; riuso degli spazi abbandonati anche con il coinvolgimento di soggetti dal basso, ma nell’ambito di politiche pubbliche mirate.

Va incentivato il turismo, certo, sembra banale dirlo, ma un turismo sostenibile, accessibile e sorretto da una seria cultura dell’accoglienza.

Ma Napoli ha anche bisogno di pensare in grande: i grandi progetti ad Oriente e Occidente della città, per la riconversione funzionale e la riqualificazione ambientale di Bagnoli-Coroglio e dell’ex area industriale. Progetti che possono creare negli anni a venire migliaia di posti di lavoro e rimettere in moto l’economia della città.

Perché il marketing urbano e la politica dell’immagine sia sostenibile nel tempo è necessario un progetto, una nuova visione d’insieme delle azioni da mettere in campo.

Io credo che la rigenerazione urbana sia lo snodo strategico di ogni possibile progetto per Napoli, soprattutto nella nuova dimensione della Città metropolitana.

Sotto questo profilo Napoli ha accumulato enormi ritardi nei confronti di altre città europee e del Mediterraneo che invece sono molto avanti, corrono da tempo, continuano a correre e hanno già agganciato le nuove sfide, quelle dell’economia della cultura e della conoscenza.

Nel corso degli anni Napoli ha vissuto, come tante altre città, profondi cambiamenti e anche il decadimento di alcune funzioni. Questo ha generato il declino di parti della città, si sono creati veri e propri “vuoti” urbani, di cui Bagnoli è certo il caso più eclatante ed esteso. In centro e in periferia opportunità possono nascere dal riuso e dalla rigenerazione di singoli edifici come di aree in declino o in disuso: si pensi all’area di Piazza Mercato in centro o alle ex aree industriali ad Est.

In alcuni casi bisognerà pensare a Grandi progetti, in altri a forme di coinvolgimento dei soggetti locali e dei cittadini; e non solo al centro, ma anche in periferia: non dimentichiamo che nelle periferie vive oltre la metà della popolazione del comune di Napoli. Le periferie sono anche il luogo di transizione e di contatto verso una Città metropolitana che dovrà essere oggetto di forte cambiamento in chiave di rigenerazione urbana.