Velardi: «Al virus siamo già sopravvissuti, basta con il terrorismo psicologico. Il Pil? Parliamone a fine anno»

di

Soffiare sul fuoco della paura per riscaldare la pentola del consenso. Una forzatura (ma secondo qualcuno una strategia) che il regime emergenziale ha reso possibile e accettabile. Così la pensa Claudio Velardi, due volte assessore con Bassolino (prima al Comune e poi alla Regione), capo staff dell'ex premier Massimo D'Alema, spin doctor di Renata Polverini prima e di Gianni Lettieri poi, comunicatore politico e lobbista di professione. La sua è una voce al solito dissonante: fuori dal coro di encomi che per quasi tre mesi ha fatto da sfondo alla chiusura del Paese causa virus. O meglio: opposta e contraria a quella fascinazione popolare che nel momento del grande spavento ha accompagnato e sorretto il decisionismo istituzionale.

Velardi, cominciamo dall'inizio: come si sopravvive al virus? Non in senso sanitario, ma in termini sociali, economici, esistenziali.

«Direi che al virus siamo già sopravvissuti: non solo in termini sanitari, ma anche in termini esistenziali, culturali e morali. Abbiamo dato prova di grande tenacia e pazienza malgrado siamo stati angariati da chi detiene il potere, che sta utilizzando il Covid per garantirsi consenso e risorse economiche attraverso l'emergenza sanitaria. I gestori del potere hanno lavorato scientificamente per terrorizzare i cittadini. Gli obiettivi a mio avviso sono chiari: quando hanno paura, i cittadini obbediscono, e questo meccanismo di obbedienza genera consenso. I detentori del potere sono andati a battere cassa dappertutto, soprattutto in Europa, e questo denaro lo utilizzeranno per perpetuare quel consenso. Un'operazione scellerata: i soldi andrebbero utilizzati in maniera produttiva, non dispersi in mille rivoli assistenziali».

Insomma, il virus per qualcuno è stato un affare. O almeno una buona occasione.

«Non dico che il virus sia un complotto, per carità. Da qualche parte in Italia c'è stato e un po' continua a circolare, ma l'operazione che i nostri governanti hanno fatto è cresciuta man mano che questi hanno capito la chance che avevano a disposizione. Hanno capito che più terrorizzavano la gente più poteva aumentare il loro potere, anche considerando che la scienza per ora non ha risposte. L'esito micidiale è che continuiamo ad essere tutti alla mercé di decreti nazionali e regionali fatti in maniera "capotica", totalmente a prescindere dai dati. Insomma: siamo stati mantenuti in una condizione di assoluta sudditanza. Contro tutto questo mi rivolto: è un'operazione eticamente inammissibile. Arrivo addirittura a dare ragione a de Magistris, che è stato un pessimo sindaco, piuttosto che a De Luca. Purtroppo de Magistris ha ragione: imporre la chiusura dei locali alle 23 non fa che creare più confusione. Tutti si concentrano in quegli orari, ci vuole poco a capirlo».

Alcuni governatori escono sicuramente rafforzati dalla crisi sanitaria. Lei però è stato molto duro con Vincenzo De Luca, tanto che su Twitter ha scritto: "La Campania, con la Puglia, è la regione d'Italia che ha fatto meno tamponi. Ma i sudditi si esaltano per le misure demenziali, gli insulti gratuiti e gli show televisivi del loro caudillo".

«Sì, sono molto critico sulla deriva stupidamente autoritaria del presidente della Regione Campania. Non so se il Covid sia mai esistito a Napoli, a Roma e nel Centro-Sud nei termini della pandemia, ma oggi di sicuro no. Sia chiaro: il virus c'è, ho perso anch'io qualche amico. Ma adesso non c'è niente. E chi dice che in autunno è in arrivo il disastro fa terrorismo psicologico».

Nei momenti di difficoltà – la storia lo insegna - gli italiani si sono spesso aggrappati all'uomo forte.

«La coscienza civica degli italiani, certo, non è il primo tratto della popolazione. Ma se i governanti avessero fatto leva di più sulla coscienza individuale e sul senso di responsabilità della gente, avremmo ottenuto gli stessi risultati e al tempo stesso avremmo migliorato la consapevolezza dei cittadini».

Stretti tra le due minacce come siamo, di che cosa dobbiamo avere più paura: del virus o della crisi economica e sociale?

«Del virus, come ho detto, no. E sono finanche ottimista sulla crisi economica. Tre mesi di blocco delle attività sono un vero disastro, dobbiamo lavorare per capire come superare la sfida che ci si propone sul piano economico e sociale. Ma vedo una grandissima voglia di tornare a vivere e a consumare. E non mi fido tanto di quelli che nelle interviste ai giornali e alle tv piangono miseria. Vero: in settori come turismo, commercio, cultura e trasporti il disastro si avverte più che in altri. Ma vedo anche tantissima gente che con spirito positivo riapre i negozi anche in maniera creativa. Ad ogni modo, le stime sulla caduta del Pil sono tutte teoriche. Si tratta di un impatto che oggi non è calcolabile. Io dico: i conti facciamoli alla fine dell'anno. Certo, una crisi contemporanea di domanda e di offerta è rarissima, ma non appena la domanda tornerà a manifestarsi, il meccanismo ricomincerà a girare».

Lo Stato riesce a sostenere il sistema dei sussidi e delle misure di sostegno al reddito?

«Questo non mi preoccupa. I soldi ci sono: siamo riusciti a fregare tutti e a farci dare un sacco di danaro dall'Europa».

Il Covid può essere una spinta all'innovazione digitale?

«Certamente, c'è stata un'accelerazione digitale inimmaginabile. Mi riferisco in particolare agli over 60 e agli under 10, che sono diventati bravissimi con le tecnologie. E non parlo di giochi e social: vedo bambini di 6 o 7 anni che fanno videoconferenze con Zoom. Passi avanti enormi che avranno un peso nell'uscita dal Covid. Risorse che saranno messe a disposizione del Paese».

Diventeremo finalmente un Paese digitalmente evoluto?

«Se il governo darà una mano, accelerando le infrastrutture digitali e di rete come il 5G, sì. In ogni caso, usciamo fortificati da questa esperienza».

Se a rimetterci sono il commercio, il turismo, i trasporti e il mondo della cultura, chi invece (politici a parte) ci sta guadagnando?

«Chi è stato in grado di adeguarsi all'innovazione digitale. Chi fa come me il consulente ed è stato in grado subito di spostare le proprie attività online, può avere buone opportunità. Questi sono i momenti in cui bisogna avere coraggio».

E i giornali? Ci stanno perdendo o guadagnando?

«I giornali e i media tradizionali hanno riconquistato quote di lettori. Io un po' li difendo: avrebbero voluto essere autorevoli e credibili, quello che li ha danneggiati sono state le fonti tradizionali. Questo impazzare di scienziati che abbiamo scoperto essere più narcisisti delle starlette e fanno baruffe come quelle che si vedono tra Malgioglio e Pupo non fanno bene al sistema dell'informazione. Anche loro, certo, ci hanno guadagnato».

Lei sul suo blog parla di "Reframing". E scrive: «Si tratta di prendere di petto un problema e rovesciarlo come un calzino. Guardarlo da un altro punto di vista, come se fossi tu il tuo competitor, il tuo peggior critico. Poi cominciare a scavarci dentro, con la necessaria crudezza; e mettersi al lavoro per reimpostarlo, cambiando l'approccio, le metodologie di analisi, le stesse parole con cui lo pronunci. Alla fine scopri un altro quadro, e il problema diventa un'opportunità».

«Esatto. Del resto, come è noto, la parola "crisi" in cinese comprende il concetto di opportunità: dipende da come le crisi le affrontiamo».

L'emergenza sanitaria può essere un'occasione per riscrivere regole e abitudini o tornerà irrimediabilmente tutto come prima?

«Non userei la parola "riscrivere". Parlerei, piuttosto, di nuove abitudini e di un nuovo modo di vivere che è entrato nella pelle delle persone. Ognuno ha capito che può fare le cose diversamente da prima e le farà. Le leggi devono lasciare spazio a questa consapevolezza e a questa libertà».

Da comunicatore politico navigato: il governo come ha gestito la comunicazione?

«Ha esagerato, ha comunicato troppo. Al momento, Conte se ne è giovato. Ma soprattutto si è giovato del fatto che c'è stata una delega straordinaria dei cittadini, che erano terrorizzati e hanno detto: "Fate voi". Chi governa farà di tutto per tenere viva questa paura, fino a quando i cittadini scopriranno che il re è nudo. E allora i vertici istituzionali dovranno stare attenti, perché se continueranno a tenerla sotto pressione, la gente capirà dov'è l'inganno e le cose cambieranno».

Chi vincerà le elezioni in Campania?

«Penso De Luca, e non è neanche sbagliato. Dovessi andare a votare, cosa che non faccio ormai da molti anni, in mancanza di un'alternativa credibile, mi terrei il caudillo».