Veterani del degrado

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Il cosiddetto Palazzo dei Veterani è quello che potremmo definire un “caso urbano” dove gli errori, le omissioni, le resistenze opposte dal contesto hanno prodotto una delle tante sacche di degrado del centro storico napoletano.

Compreso tra le vie S. Maria Apparente e Filippo Rega e le salite Betlemme e Vetriera, quello dei Veterani è un isolato urbano cresciuto nel tempo per giustapposizione di corpi di fabbrica diversi nella destinazione e nella qualità dei valori architettonici.

Il primo nucleo, quello del complesso conventuale, s’insedia nella prima metà del ‘600, all’apice della salita Betlemme dove, oggi, tra le reti di sicurezza, spicca la superstite bellezza del portone in piperno.

Nel 1640, al convento si affianca la chiesa di S.Maria di Betlemme che grazie all’intervento di Dioniso Lazzari prima e di Arcangelo Guglielmelli poi, può vantare i suoi quarti di nobiltà architettonica.

Tra il 1650 e il 1720, vengono costruiti i corpi di fabbrica lungo via S.Maria Apparente e via Filippo Rega che, per decreto borbonico, ospiteranno dalla metà dell’800,i veterani di guerra e i loro congiunti.

La modesta natura di “ricovero” si riverbera su questa parte dell’isolato, disadorna e deformata dalle superfetazioni che hanno manomesso i già modesti caratteri originari.

La funzione di ospitalità si estenderà progressivamente all’intero complesso passando, dall’accoglienza delle famiglie dei Veterani alla disponibilità di alloggi a basso costo più o meno legittimamente occupati.

Nel 1958, una decisione aberrante dell’amministrazione laurina innesca una serie di ricadute dagli effetti probabilmente irreversibili che si prolungano fino allo stallo attuale.

Il Comune, infatti, acquisisce la proprietà del complesso progettando di demolire le preesistenze fatiscenti e realizzare una torre residenziale di dieci piani per i propri dipendenti. Le famiglie disperse tra i quattro corpi di fabbrica, più bellicose del previsto, resistono allo sgombero ed impediscono, di fatto, l’abbattimento delle preesistenze.

Impegnato in una cinica partita sulla scacchiera urbana il Comune aggira l’ostacolo e, incredibilmente, procede dall’interno della corte alla realizzazione della torre che, oggi, lambisce le mura del convento e intasa lo spazio aperto.

E così, circa 50 appartamenti caricano del loro peso insediativo il minuto tessuto circostante nel disprezzo di ogni ragionevole criterio urbanistico.

Nel 1982 l’amministrazione Valenzi capovolge i termini della questione: recupero e riuso del complesso e abbattimento della torre residenziale secondo un progetto redatto da un gruppo coordinato da Riccardo Dalisi. Le armi del nuovo assalto alla fortezza dei Veterani sono, tuttavia, inesorabilmente spuntate dai costi insostenibili del progetto di recupero.

E sono passati 27 anni, da quando, nel 1994, l’eliminazione del cosiddetto “offensivo ingombro” annunciata da Antonio Bassolino è andata delusa. Né potevano “I Veterani”, con il loro coacervo di problemi irrisolti, essere l’ elemento propulsivo della trasformazione dell’ambito “Chiaja” secondo le ingenue previsioni della Variante Generale al Prg del 2004.

Ogni riferimento alla demolizione della torre residenziale è, intanto, caduto di fronte ai prevedibili, estenuanti contenziosi legali mentre la rendita di posizione garantita dalla prossimità di via dei Mille si è rivelata determinante nei rapporti di forza che hanno governato questo lungo confronto.

Forse, dopo più di cinquant’anni, occorre prendere atto che una scelta animata da un idealismo condivisibile in astratto è risultata velleitaria a confronto con la realtà.

Che fare, allora, di fronte a ciò che si presenta come uno spaventoso ibrido tra lo squallore di una periferia e lo sfacelo di un centro storico in preda alla decadenza?

Procedere ad interventi di restyling della torre che ne attutiscano l’impatto?

Demolire e sostituire il decadente corpo di fabbrica lungo via Filippo Rega, per offrire abitazioni dignitose ai residenti innescando il recupero dell’area?

Concentrare le risorse su obiettivi concreti come il restauro della chiesa e del convento da destinare ad attività produttive di carattere artigianale?

Sono solo ipotesi. È certo che occorrono scelte pragmatiche in grado di risolvere i conflitti ed invertire una tendenza al degrado di cui il Palazzo dei Veterani è solo uno degli esempi più emblematici.