La testimonianza - 2 / Giuseppe D'Alessandro, Associazione Napoli 2035

Nagorà apre con questo numero un'analisi – e dunque un dibattito – su un mercato del lavoro le cui le vie di accesso sono sempre più anguste e in cui la precarietà si è stabilizzata come categoria immutabile e irreversibile, a tutto discapito dei ventenni e dei trentenni di oggi. Per questo, abbiamo interpellato alcuni giovani che, in un contesto difficile, hanno trovato il modo di far valere i propri talenti e i propri sogni.

Giuseppe D'Alessandro è un designer di 30 anni e insieme ai suoi amici più cari ha fondato l'associazione Napoli 2035, attraverso la quale si propongono di denunciare la crisi dei senza fissa dimora, cercando di mostrare la realtà dei fatti e non la propria personale verità. SI rivolgono ai più giovani, spesso e volentieri ai bambini, affinché capiscano che il futuro può cambiare solo grazie a loro.

Scorz’ è un rifugio portatile temporaneo eco-sostenibile, un riparo temporaneo per i senza fissa dimora. Di facile produzione, trasporto, utilizzo e smaltimento, è distribuita dai volontari aderenti al progetto Napoli 2035..

Non una casa, non una soluzione definitiva, ma un messaggio di umanità e di speranza contro la solitudine, contro la tendenza italiana e europea di “favorire il decoro urbano” attraverso l’utilizzo di hostile design objects: panchine strettissime, marciapiedi borchiati, spuntoni di ferro. 

Quali sono i principali ostacoli che ha incontrato sul suo cammino e come li ha superati?

In generale abbiamo avuto sempre il vento a favore, tra persone che ci davano consigli e critiche per noi necessarie. A volte è sembrato che il progetto ormai vivesse di vita propria per alcune straordinarie coincidenze. La cosa che più ci ha ostacolato è la distrazione cronica che, sul web maggiormente, causa una perdita delle informazioni. Ormai sembra che parlare e dire la propria opinione a tutti i costi superi di gran lunga l'ascolto, la lettura, lo studio. Ci fermiamo a leggere i titoli, senza mai addentrarci a fondo nel tema. E poi l'invidia, una brutta bestia. Persone che hanno cercato di approfittarsi della nostra visibilità per aumentare la propria.

Napoli, città giovane per definizione, non è una città per giovani?

Napoli spesso non offre sicurezza e rispetto per le giovani professionalità, purtroppo. Al nord il lavoro dei giovani viene rispettato di più. Qui la gavetta sembra non terminare mai, nonostante i giovani napoletani lavorino sodo ogni giorno. A Napoli il lavoro si chiama “fatica”, sembrerebbe non per la pigrizia, ma perché la strada per avere successo è ancora più ripida e in salita rispetto ad altre città.

Quale eredità hanno lasciato gli ex ragazzi ai loro figli? 

Consumismo, spazzatura, degrado del territorio e incapacità di valorizzare i nostri beni. Passione per le arti, spensieratezza, umanità. Il paradosso napoletano.

Quanto spazio hanno i giovani per fare proposte, per far valere i propri talenti, le loro competenze, la loro passione, le loro idee? 

Mai abbastanza. Bisogna confrontarsi più con il tempo che con lo spazio: è frustrante avere i secondi contati ogni volta che ci si presenta. La società sceglie o meno di ascoltarci in base a quello che rappresentiamo e ai nemici che abbiamo scelto di combattere; se il nemico è forte o tentiamo di dare risposta a un problema serio probabilmente avremo soltanto cinque minuti per suscitare interesse e arrivare al cuore e al cervello delle persone.

Quali sono le responsabilità della attuale classe dirigente?

Dare la colpa alle minoranze. Non sono loro il problema.