Mare nostrum

Non sono scandalizzato, come molti, dalle “eccentriche” definizioni scelte per alcuni ministeri del nuovo governo. Semmai incuriosito. Difficile per ora capire se dietro i richiami al Made in Italy o alla “sovranità alimentare”, al “merito” scolastico o alla “natalità” vi sia la destra sociale o la destra liberale, l’integralismo o il conservatorismo, il nordismo o un progetto nazionale. Ma forse sarebbe meglio riflettere sui problemi più che sulle etichette. E attendere i fatti. Prendiamo il “Ministero per le politiche del mare e per il Sud”. Un artificio retorico o un’opportunità?

Giorni fa, l’ex ministro Enrico Giovannini spiegava come a beneficio dei porti italiani il Pnrr preveda una sorta di Piano Marshall da 4,5 miliardi, per trasformarli da semplici luoghi di carico e scarico a grandi nodi stradali, ferroviari, aeroportuali, digitali capaci di intercettare il flusso delle merci in entrata da Suez e dirette in Europa. Ma quali porti? Soltanto Genova e Trieste? Per parte sua, Emanuele Imperiali ha osservato sul “Corriere del Mezzogiorno” che la nascita di un ministero del mare potrebbe rivelarsi un’opportunità strategica “per Napoli e per l’intero Sud, che si pone naturalmente come una vera e propria piattaforma logistica dell’intero bacino del Mediterraneo”.

Anche in questo caso, si tratterà di vedere i fatti. Sapendo che la competizione tra porti settentrionali e meridionali non sarà indolore e che il ministro Salvini, interessato com’è al controllo securitario delle coste, non resterà a guardare.