De Martino: «Dall'Universiade a Napoli capitale, la Campania dello sport ha cambiato marcia»

Il direttore dell'Arus: «L'evento del 2019 ci ha lasciato in eredità una grande consapevolezza. Il Mario Argento? La Regione è pronta a fare la propria parte, intanto diamo 400 euro per lo sport a 50.000 giovani»

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Certo, la passione è tanta. Ma spesso non c'è campo. E dove non c'è campo, è noto, non c'è neanche rete. Non c'è quella della porta di calcio né quella che separa le due metà del campo di pallavolo. E manca pure quella più piccola, destinata ad accogliere il pallone da basket quando fai centro. Altre volte, invece, il campo c'è, ma è fatiscente, sgarrupato, impraticabile.

Con questa decadenza cronica e diffusa deve misurarsi la città proiettata verso il 2026, anno in cui ad attenderla c'è un nuovo appuntamento di caratura internazionale. Ma la prossima capitale europea dello sport ha tutta l'intenzione di cambiare passo. E, dopo decenni di scempi e di colpevole abbandono, vuol sanare con un approccio strutturale e con interventi non episodici le piaghe che funestano da sempre la storia dell'impiantistica sportiva regionale.

Ad imprimere la svolta, nel 2019, è stata la Regione, che con l'Aru, l'Agenzia regionale per l'Universiade, ha lavorato sodo per riqualificare il patrimonio edilizio sportivo in vista della manifestazione. «Con l'Universiade, il vertice politico ha colto una sfida complessa e ha potuto toccare con mano la portata di un indotto economico, sociale e reputazionale enorme. Dallo studio di valutazione di impatto è emerso in modo tangibile la portata eclatante dell'economia e dell'occupazione che ruotano intorno al comparto sportivo. L'Universiade, che ha inciso anche sull'attrattività turistica della Campania, ha amplificato l'interesse per lo sport tra i cittadini della nostra regione», sottolinea Annapaola Voto, che è stata dirigente dell'area istituzionale dell'Universiade 2019 e oggi è direttore generale della Fondazione Ifel, che si occupa di finanza e sviluppo locale.

Un'esperienza che la Regione ha deciso di non disperdere: oggi l'ex Agenzia per l'Universiade, che è stata convertita nel braccio operativo per le politiche sportive, e si chiama Arus, rappresenta l'eredità più concreta che l'evento del 2019 ha lasciato in dote alla Campania. A guidarla c'è Flavio De Martino, che rilancia un impegno in cui la sfida burocratica e amministrativa sopravanza quella sportiva.

Direttore, tra due anni Napoli sarà la capitale europea dello sport, ma gli impianti sono ancora pochi e malridotti. C'è da essere preoccupati?

«Noi della Regione possiamo dire con orgoglio che se Napoli è stata scelta come capitale europea dello sport 2026 è stato anche grazie agli impianti che abbiamo rimesso in sesto grazie all'Universiade. Questo ponte di collegamento tra i due eventi esiste ed è evidente. Del resto, so per certo che la commissione che è venuta a Napoli per visitare e valutare gli impianti è stata allo stadio Maradona, al PalaVesuvio, alla Scandone, al PalaBarbuto e in altre strutture rimesse a posto grazie agli investimenti che la Regione ha fatto nel 2019. Sul PalaVesuvio, che per la parte del Palaindoor era addirittura chiuso, abbiamo investito 8 milioni di euro, mentre per il Maradona ne sono stati spesi 30: certo, l'ex San Paolo è ancora uno stadio vecchio, ma ora è dignitoso e può ospitare sia la squadra campione d'Italia che le competizioni europee. Alla Scandone, che credo sia l'unico impianto natatorio in Italia con due piscine olimpioniche a distanza di 10 metri l'una dall'altra, la seconda vasca l'abbiamo costruita in soli 4 mesi, sempre nel 2019. Ora il Comune si ritrova una struttura che è un vanto sul piano nazionale, tanto che recentemente è stato promosso a centro federale. E poi ci sono gli impianti di periferia, per i quali abbiamo fatto diversi interventi».

Oltre a ristrutturare le strutture, però, bisogna manutenerle e gestirle.

«Da ingegnere, so bene che un'opera pubblica senza un piano di manutenzione non ha senso di essere concepita. Il tema della manutenzione è la prima cosa da contemplare durante la progettazione e la messa a norma di un impianto. La Regione, che in fatto di impianti sportivi è proprietaria solo dello stadio Collana, fa quello che può: abbiamo dato circa 60.000 euro a circa 70 Comuni, una somma che per i piccoli Comuni è significativa. Questo significa che in questi ultimi tre anni abbiamo finanziato circa 70 impianti per le manutenzioni. E lo abbiamo fatto con le economie dell'Universiade, che ha lasciato per la corretta gestione oltre 40 milioni. Soldi che sono stati reinvestiti nello sport».

A questo proposito, non tutto è andato per il meglio: il caso del PalaDennerlein, vandalizzato e spogliato di tutte le suppellettili, è tristemente emblematico.

«Dopo l'Universiade gli impianti sono stati restituiti agli enti proprietari, che nella stragrande maggioranza dei casi erano i Comuni. Laddove sono state fatte gare per dare una gestione o una concessione a privati, si sono mantenuti standard medio-alti. Dove invece si è voluto gestire in autonomia, le cose sono andate peggio: a molte amministrazioni mancano i soldi e a volte anche le competenze per gestire strutture di questo genere. Tanto è vero che lo stesso Comune di Napoli ha scelto opportunamente di far gestire la Scandone alla Federazione».

In che misura il grande sforzo prodotto per l'Universiade di cinque anni fa è andato perduto?

«Tra l'80 e il 90 per cento è stato salvato, poteva andare peggio. Ci sono stati impianti abbandonati da una cattiva gestione o dalla mancanza di fondi, altri sono stati devastati. Cose che lasciano l'amaro in bocca, ma non fanno pensare ad una malafede».

Al termine di una lunga querelle giudiziaria a colpi di ricorsi e sentenze, la Regione è tornata proprietaria del Collana. Lo stadio del Vomero è chiuso dal 2014: che progetti avete?

«Si tratta dell'unico impianto sportivo di proprietà della Regione, adesso finalmente siamo tornati a gestirlo. Dopo il Maradona, il Collana è il più grande della regione, ed è polivalente: ci sono la pista di atletica, il pattinaggio, le palestre di judo e ginnastica, le piscine. E poi si dovrà rifare il palazzetto del basket e del volley».

Quando sarà restituito alla cittadinanza?

«Io la chiamo la "primavera del Collana", poiché è la stagione in cui contiamo di poter riaprire le palestre e la pista. Attualmente stiamo lavorando sulla manutenzione delle palestre, che sono state lasciate in maniera poco decorosa: vogliamo riaprirle in sicurezza e in modo dignitoso, e con quelle la pista di atletica. Intanto stiamo lavorando anche sulla piscina, che sarà operativa da settembre prossimo».

Palazzo Santa Lucia potrebbe avere un ruolo nella ricostruzione del Mario Argento, il palasport del quale a Fuorigrotta restano solo le ceneri?

«È una questione annosa, sulla quale per l'Universiade si ipotizzò anche di intervenire, ma richiedeva tempo e, come ricorderà, per quell'evento fu fatto un miracolo. In prospettiva futura sicuramente possiamo fare la nostra parte. Si tratta di abbattere una struttura storica di cui sono rimaste solo i resti delle due tribune, che gridano vendetta, e ricostruirla. A questo punto, si può discutere della posizione: è vero che a Fuorigrotta, si andrebbe a completare una cittadella dello sport, ma ci sono già la Scandone e il PalaBarbuto e si verrebbe a creare un problema di posti auto. Per questo si può ipotizzare una delocalizzazione. Se si vuole fare un impianto da 10.000 posti come il Pala Alpitour di Torino, del quale Napoli ha assoluto bisogno, servono grandi spazi come l'area Ovest e l'area Est. Sarebbe bello costruire un impianto più piccolo al posto del Mario Argento, così da restituirlo all'area, e farne uno più importante in un'altra zona servita da parcheggi, da una viabilità efficiente e dal trasporto pubblico locale».

Due palazzetti al posto di uno? Sarebbe un sogno.

«So che parliamo di fantascienza. Ad ogni modo, pur non essendo proprietaria degli impianti e tantomeno degli spazi, la Regione non si tirerebbe indietro. Del resto, credo che negli ultimi dieci anni abbia dimostrato il proprio impegno per lo sport con grossi investimenti. Nell'ultima delibera di giunta per lo sport approvata lo scorso autunno sono stati stanziati oltre 100 milioni per lo stadio Arechi di Salerno, 40 per il Collana e 20 per i voucher sportivi, che hanno avuto un successo clamoroso. Fondi che vanno ad aggiungersi alle risorse già programmate».

A proposito dei voucher, questo strumento consente a molti giovani e giovanissimi che vengono da famiglie a basso reddito di praticare attività fisica. Chi può accedervi?

«Tra le cose positive che ci ha lasciato l'Universiade c'è la voglia di sport. I voucher, giunti alla seconda edizione, assegnano circa 400 euro ai minori di età compresa tra i 6 e i 15 anni che appartengono a famiglie con redditi medio-bassi, dando priorità a quelli con disabilità. Rappresentano una boccata di ossigeno fondamentale: non a caso, siamo passati dai 10.500 assegnati per il 2022-2023 ai 50.000 del biennio in corso. E le associazioni accreditate, alle quali si rivolgono le famiglie, sono triplicate: da 500 a 1500. Dietro c'è un lavoro massacrante, fatto con passione: l'estate scorsa, alcuni miei collaboratori non hanno fatto vacanze per evadere le tante richieste».

Quanto avete investito?

«Eravamo partiti con un budget di 2,5 milion, ma a fronte della grande domanda la Regione ha aggiunto 20 milioni di fondi Fse».

In questo senso, possiamo dire che la Campania ha aperto una strada.

«Sì, molte Regioni ci hanno preso ad esempio. E la distribuzione territoriale è stata omogenea: l'anno scorso abbiamo distribuito 6.000 voucher a Napoli, circa 2000 a Salerno, 1300 a Caserta, 700 ad Avellino e 350 a Benevento. Tutto con un'accurata verifica dei requisiti. Per l'accesso al bonus è richiesto un Isee fino a 17.000 euro per le famiglie che hanno fino a tre figli e fino 28.000 euro per quelle che hanno quattro o più figli. Inoltre, è importante sottolineare che siamo l'unica regione in cui il beneficiario del voucher sono i bambini e i ragazzi. Solo in un secondo momento noi emettiamo il rimborso all'associazione presso cui si svolge l'attività».

Lo sport non contribuisce solo alla salute psicofisica di chi lo pratica, ma argina e previene la devianza giovanile e la dispersione scolastica. In questo senso, destinare risorse agli impianti e alla pratica dei più giovani è un investimento sul futuro della nostra società.

«Non c'è dubbio. Con lo sport si prevengono molte malattie, tra le quali anche i tumori, che purtroppo sono in aumento in età giovanile, si combatte l'obesità. Eppure, si registra ancora una diffusa inattività. Pochi giorni fa ho preso parte ad un convegno sulla prevenzione dei tumori a Città della Scienza, la sala era piena di ragazzi e meno della metà di loro faceva sport. Eppure ormai è noto che molte malattie sono legate alla mancanza di movimento, all'abuso di cellulari, tablet e videogiochi. Per carità, ormai la vita è questa, il lavoro e la scuola ci costringono per diverse ore ad una vita sedentaria e non posiamo chiedere ai ragazzi di rinunciare agli strumenti tecnologici, ma è doveroso invitarli ad usarli con parsimonia per destinare del tempo all'attività fisica. Oltre a favorire il benessere psicofisico, lo sport serve a liberare la mente, a sfogare l'aggressività, a fare nuove amicizie. Inoltre, insegna a stare insieme, educa ad una sana competizione. E in alcuni quartieri più difficili riporta i ragazzi sulla retta via. Per questo crediamo tanto nei voucher».

Tra l'altro, al Sud si conta il più alto numero di bambini obesi in Italia, e la Campania detiene in questo senso un consolidato e poco invidiabile primato.

«E la Campania è anche la regione più giovane di Italia. I ragazzi e le famiglie devono capire che lo sport non è solo un passatempo, ma uno strumento per curare la salute nell'ottica della prevenzione».

Il tema degli impianti e della loro capillarità, a maggior ragione, è cruciale per promuovere una pratica sportiva di prossimità.

«Con l'Universiade, appunto, siamo andati anche nelle periferie: a Barra, a Ponticelli, a Scampia. Abbiamo cercato di dare respiro a tutti. Naturalmente, bisogna essere costanti e puntare sempre a migliorare, affiancando al sostegno economico che garantiamo con i voucher degli impianti accoglienti e ben tenuti».

Per questo la vostra esperienza è andata oltre l'Universiade?

«Sì, l'Aru nasceva come ente di scopo per organizzare l'Universiade. Avendo lavorato bene, e avendo notato che c'erano delle carenze nella diffusione della pratica sportiva, il presidente De Luca ha deciso di far continuare a vivere l'agenzia non più come ente di scopo, ma come ente strumentale permanente, che ha cambiato nome in Arus, Agenzia regionale Universiadi per lo sport. Il nostro compito non è più legato solo agli impianti, ma anche agli eventi sportivi. L'anno scorso ne abbiamo finanziati 130 per una provvista economica di 1,5 milioni, il Coni ci ha detto che una cosa del genere non accadeva da oltre 20 anni».