Esposito, paladino della quiete notturna: «Regole aggirate e abusi non puniti»

Il consigliere comunale, fondatore del Comitato Vivibilità Cittadina: «Droghe e alcol dilagano tra i giovani. La polizia municipale? I controlli costano fatica»

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Tenera è la notte. Tenera e sinuosa, indulgente e pietosa, con il mantello dell'oscurità a nascondere le indicibili vergogne che il sole, invece, rivela impietoso. Ma la notte a Napoli sa essere anche alcolica, anarchica, violenta, spietata. Affilata e ferale come le armi che portano nei jeans certi adolescenti sbandati che si aggirano per le vie come schegge impazzite.

Col favore delle tenebre, insomma, Napoli si abbandona al suo lato più intimo e gioioso, ma pure a quello più inquietante, fatto di abusi e schiamazzi, di soprusi e di illegalità. E talvolta perfino di ferimenti e di omicidi. Gennaro Esposito, avvocato e consigliere comunale in carica (aveva uno scranno nell'assemblea cittadina anche nei primi anni della giunta guidata da Luigi de Magistris), dal 2012 ha ingaggiato alla guida del suo Comitato Vivibilità Cittadina un braccio di ferro duro e inesausto con i promotori della movida selvaggia, quella che diserta regole e buonsenso. Istanze che da due anni esatti, da quando cioè è stato eletto con la lista "Manfredi Sindaco", Esposito porta in consiglio comunale.

Consigliere, come è cambiata negli ultimi dieci anni la Napoli della notte?

«Abbiamo iniziato la nostra battaglia contro la movida molesta e violenta nel 2012, durante la prima giunta de Magistris, quando ero consigliere. Nei primi anni abbiamo ingaggiato un vero corpo a corpo con i gestori dei locali: in varie parti della città, soprattutto a via Aniello Falcone e ai Banchi Nuovi, andavano di moda i dj set: i bar li offrivano come attrazione accessoria per alimentare l'attività di somministrazione di bevande. La musica andava avanti fino alle 4 o alle 5 del mattino, una cosa intollerabile Quell'abitudine l'abbiamo sradicata, introducendo il principio per cui il dj set è una vera e propria attività di pubblico spettacolo».

Intanto i tavolini sono esondati ben oltre gli argini di un tempo, e ora invadono strade e marciapiedi.

«La nostra città è stata oggetto di una trasformazione urbana avviata con le pedonalizzazioni introdotte dall'ex sindaco de Magistris. Si è deciso di allargare sempre di più le maglie del regolamento sull'occupazione di suolo pubblico, quello che più è stato modificato negli ultimi anni. Poi si è passati al codice della strada, che offre alcune deroghe rispetto alle aree pedonali. Dai Quartieri spagnoli alla zona di via Cisterna dell'olio, fino a Chiaia, sono state disposte pedonalizzazioni con l'intento di creare condizioni più favorevoli alle occupazioni di suolo pubblico. In sostanza, si è aggirato il codice della strada ricorrendo a finte chiusure al traffico veicolare per occupare sempre più spazio. Una speculazione a tutti gli effetti».

In questo senso, il Covid è stato un acceleratore?

«Sì, con l'amministrazione de Magistris la pandemia è stata il pretesto per introdurre anche deroghe al codice dei beni culturali: sono state concesse occupazioni laddove prima non erano consentite, perfino sulla carreggiata. E le occupazioni sono state concesse con la semplice dichiarazione del tecnico, senza la verifica della polizia locale. Il Covid è stato il definitivo "liberi tutti" che ha sterilizzato i compiti della polizia municipale. Così intere zone si sono trasformate, e quasi tutti i locali fronte strada, comprese le piccole botteghe di artigianato o di vendita di generi non alimentari, si sono trasformati in baretti. Come se non bastasse, molti non rispettano le misure minime del regolamento comunale di igiene e sanità. Basti pensare a certi depositi di 7-8 metri quadrati convertiti in attività commerciali».

Almeno, adesso si dorme di più?

«In alcuni quartieri riposare è ancora molto difficile. Ci sono strade in cui ogni condominio ospita due o tre bar, la concentrazione è insopportabile. Nel solo quadrilatero di Cisterna dell'olio, in 200 metri lineari si contano 35 bar. Col sindaco stiamo lavorando per invertire questa tendenza. Prima di tutto, su mia proposta abbiamo congelato la concessione di nuove licenze per la somministrazione. In questo modo si cerca di arginare un fenomeno, ma alla polizia mancano gli uomini. Allora bisogna essere più rigorosi nei controlli e nell'applicazione delle sanzioni. Per alcuni illeciti, gli articoli 13 e 18 del regolamento di polizia e sicurezza locale prevedono anche la revoca del titolo».

Non possiamo ignorare, naturalmente, i fatti di cronaca: Napoli di notte è pericolosa?

«C'è un uso non controllato di sostanze stupefacenti e alcoliche, e questo determina situazioni come quella che è costata la vita a Giovanbattista Cutolo. Si vedono tanti ragazzini che bevono e si spaccia regolarmente droga. Ai Quartieri spagnoli e ai Banchi nuovi, ma non solo».

Lei ha anche intrapreso una campagna contro le attività non in regola.

«Ho iniziato quella che ho chiamato "Operazione Al Capone": se alcuni locali non li puoi fermare per l'impatto acustico o per l'occupazione abusiva di suolo pubblico, magari riesci a chiuderli con una verifica fiscale. Ebbene, dalle mie indagini è risultato che su quindici attività prese in esame tutte e quindici evadevano in qualche modo le tasse. Un esempio su tutti: una pescheria che di sera vendeva pesce fritto e produceva un sacco di immondizia, non era registrata come utenza Tari, dunque non pagava la tassa sui rifiuti».

L'illuminazione nel centro storico è carente?

«È una questione di gusti, a me non piace un centro con un'illuminazione troppo forte. E poi tutti questi locali hanno lampadine e luci per attirare gente. Piuttosto, bisognerebbe capire se gli allacci sono regolari».

Dieci anni sono un tempo buono, simbolicamente e storicamente, per un consuntivo. Dove hanno portato le vostre battaglie? Che risultati avete ottenuto finora?

«Prima di tutto, abbiamo innescato un meccanismo di solidarietà tra cittadini vittime di schiamazzi e soprusi, che grazie al nostro comitato non si sentono più soli. Si è creata una rete tra chi condivide un problema: ci si tiene in contatto anche grazie alle chat e ai gruppi sui social: penso che questo sia un valore. Abbiamo fatto capire all'amministrazione che ci sono cose che non vanno e che noi sappiamo leggerle. Qualche battaglia l'abbiamo vinta, con alcune azioni giudiziarie che hanno portato alla chiusura di locali o alla loro conversione in attività di altro genere».

Esiste un tema di presidio del territorio? Il controllo da parte delle forze dell'ordine è adeguato?

«È inadeguato nella misura in cui c'è una scarsissima cultura imprenditoriale e una attitudine al rispetto delle regole altrettanto scarsa. Se c'è gente che pensa di poter allestire una discoteca dentro e fuori al proprio bar, i controlli sono necessari.

In una città che per indole indulge all'anarchia, c'è bisogno di più regole o si tratta di far rispettare di più quelle che già esistono?

«La seconda, senz'altro. Le regole si fanno rispettare troppo poco perché c'è una scarsa formazione: la polizia municipale preferisce fare multe a tappeto con le telecamere perché fa più statistica. I controlli costano tempo, fatica e stress. E magari anche qualche diverbio».

L'assessore alla Polizia municipale e alla Legalità, l'ex questore De Iesu, ha detto che «la coperta è corta».

«Volere è potere: se gli agenti sono pochi, occorre una strategia più efficace. Del tipo: se ti becco, ti sanziono. Basti vedere come ho controllato il pagamento delle tasse. Ormai si fa tutto via computer, che ci vuole? Incrociando le banche dati, una verifica si fa in pochi istanti. Finché non si va in questa direzione, difficilmente si rimuovono le illegalità. E non ci si può stupire del fatto che ci ritroviamo con buchi enormi di bilancio, crediti non riscossi per licenze, occupazioni di suolo pubblico e tributi evasi».

C'è l'eterna questione dei parcheggiatori abusivi: nelle aree del tempo libero, la notte è il loro regno.

«Il problema è che dietro i parcheggiatori c'è la camorra, inutile girarci intorno. Per sconfiggere questo problema ci vuole un presidio del territorio, e purtroppo il territorio qui lo controlla la criminalità organizzata. Basti pensare ad alcuni bar che, pur essendo stati chiusi, continuano a funzionare».

A due anni dal suo insediamento, sui temi della vivibilità l'amministrazione Manfredi è promossa o bocciata?

«Con questa amministrazione ho portato a casa un blocco delle nuove licenze nel centro storico e gli articoli 12 e 18 del regolamento di polizia e sicurezza urbana, che vietano rispettivamente i rumori e gli schiamazzi al di fuori dei locali e la revoca della licenza per abuso del titolo. Risultati importanti, impensabili con de Magistris, per quanto non siano stati ancora ben recepiti dagli agenti della polizia municipale. Il guaio è che a valle c'è una macchina che non gira, per cui decidi una cosa in Consiglio ma poi resta al palo, non riesci a realizzarla. Abbiamo fatto passare anche un ordine del giorno che dispone che tutte le manifestazioni sportive di livello regionale, nazionale e internazionale si possano svolgere gratuitamente nelle strutture comunali. Questo ha permesso di portare a Napoli due campionati europei di scherma e uno di judo. E nei prossimi mesi arriveranno altre competizioni importanti. A me e all'amministrazione darei un 5 e mezzo, ma il sindaco Manfredi sta cercando con grande fatica di fare quello che è possibile con una maggioranza eterogenea. Da consigliere, uso tutte le armi a mia disposizione per incidere sull'amministrazione, svolgendo la mia funzione di indirizzo e controllo. Certo, a volte mi domando: chissà se, potendo muovere le leve di governo, otterrei risultati maggiori».

Limitare gli orari del divertimento notturno è una soluzione?

«Laddove è necessario, farei delle operazioni a macchia di leopardo, imponendo per 30 giorni la chiusura a mezzanotte a chi non rispetta le regole. Ma molti problemi si risolverebbero con una proposta che ho portato all'attenzione del sindaco, sulla quale stiamo lavorando: vietare ai bar di servire persone in piedi, come si fa in altri Paesi europei».

La movida andrebbe delocalizzata?

«Sarebbe una soluzione auspicabile: le periferie dovrebbero avere i loro luoghi per lo svago, bisognerebbe organizzare degli eventi per renderle attrattive».

A questo proposito, ogni tanto torna di moda l'idea del Centro direzionale.

«Il progetto del sindaco è quello di dare una nuova veste al Centro direzionale, facendone un luogo destinato all'accoglienza turistica. Ma riprenderei anche la proposta di Nino Daniele, ex assessore alla Cultura: ci vedrei una grande esposizione di arte moderna, che aprirebbe anche ad uno spostamento dei giovani in quell'area».