Girardi (Ance): «Efficienza energetica e riduzione delle emissioni per migliorare la vita nelle città»

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Diviso tra la voglia di credere nella svolta e la paura dell'ennesimo tonfo, il Sud si prepara a ricevere l'iniezione di carburante che il Pnrr porterà in dote. Ma se da un lato mette il turbo alle ambizioni, dall'altro piazza una sordina sopra la grancassa delle aspettative, e lavora ad un "piano di equilibrio" delle speranze non facile da realizzare.

Rodolfo Girardi, vicepresidente nazionale dell'Ance con delega al Centro Studi, imprenditore edile e già presidente dell'Acen, prova a definire le coordinate in grado di intercettare la mediazione.   

Ingegner Girardi, che cosa dobbiamo aspettarci noi che viviamo nel Sud Italia da questa pioggia di danaro?

«Avendo seguito con il Centro Studi dell'Ance l'iter del Pnrr, mi aspetto tantissimo. Come vicepresidente nazionale, confido che possa realmente segnare una svolta per la nostra nazione. Da uomo del Sud, poi, ritengo che la crescita sostenibile e la transizione digitale ed ecologica siano temi di fondamentale importanza, per dare il via a un processo di vera ricostruzione dell'economia del Mezzogiorno. Abbiamo bisogno di cambiare il modo in cui viviamo le abitazioni e le città, e le importanti risorse europee potrebbero cambiare in meglio il nostro modo di vivere e la qualità della nostra vita».

Le multinazionali del petrolio ci lascerebbero fare questa rivoluzione?

«Mi rendo conto che è complicato, ma il mondo cambia e anche le stesse multinazionali del petrolio dovranno trovare il loro spazio in questa transizione energetica. Troveremo degli ostacoli, purtroppo è ineluttabile, ma dobbiamo per forza andare verso un cambiamento. Si stanno creando dei danni all'ambiente enormi, che mettono a rischio la sopravvivenza del genere umano su questo pianeta. Non abbiamo altra scelta».

Che cosa deve fare l'Italia con questi soldi?

«Il programma già individua le missioni e i programmi che beneficeranno dei fondi. Abbiamo calcolato che circa la metà delle risorse, che ammontano a 220 miliardi, saranno impiegate per interventi infrastrutturali. Tra i più importanti, ricordo la cosiddetta "cura del ferro", con 23 miliardi stanziati per spostare il traffico passeggeri e merci dalla strada alla ferrovia. Dovrà ridursi il ricorso al trasporto su gomma, affrontando le resistenze delle compagnie che gestiscono autotreni, padroncini e camion, mezzi che in Italia sono in numero enorme. Ma abbiamo imparato che andare in treno da Napoli a Roma, ma anche a Milano e a Torino, è comodissimo. E se viaggiamo ci rendiamo che in grandi città come Londra o Basilea ci si sposta agevolmente in metro o in tram».

Il PNRR può essere un'occasione per il settore delle costruzioni?

«Una grande occasione. I 108 miliardi destinati all'edilizia sono una cifra importante. Si potrà intervenire su nuove infrastrutture "verdi", sui servizi per i cittadini, come scuole e ospedali, ma anche sui fabbricati energivori, pubblici e privati, attraverso il Superbonus 110%».

Un altro nodo critico è quello dei trasporti.

«Nel prossimo futuro, l'utilizzo delle autovetture nei centri urbani va scoraggiato. A Napoli, considerata la situazione del trasporto pubblico locale, sembra un paradosso, ma se ci togliamo la giacca del napoletano ci rendiamo conto che il futuro è un'altra cosa. Come ho detto, le auto incidono pesantemente sulle quantità di monossido di carbonio, e l'auto elettrica non risolve tutti i problemi. Le persone dovranno lasciare l'auto e utilizzare la metro o camminare a piedi. Questo cambiamento è essenziale per rendere vivibili le nostre città. Per questo spero che si riesca a completare presto l'anello della metropolitana, che sta a buon punto. Se si mettono in funzione i treni nuovi e si riesce a garantire una frequenza di 5 minuti, rendendo la metropolitana affidabile come le nostre funicolari, si potrà convincere il napoletano a lasciare l'auto a casa».

Quali sono le priorità in Campania e a Napoli?

«In Campania il PNRR finanzia prioritariamente interventi ferroviari sulla rete AV/AC Napoli-Bari e Salerno-Reggio Calabria, sulle linee regionali e sulle stazioni ferroviarie. La città di Napoli, invece, beneficerà dei numerosi fondi che il Piano europeo destina ad interventi per l’edilizia scolastica, la rigenerazione urbana, la messa in sicurezza del territorio e l’efficientamento energetico degli edifici pubblici. Questa è una grandissima opportunità per riqualificare i nostri territori, rifacendo strade dissestate e reti idriche, che sono ridotte in uno stato pietoso. E si può restituire dignità al verde pubblico, che nella nostra città versa in una condizione che grida vendetta. Per noi dell’Ance questo è un punto molto importante: abbiamo sempre sostenuto il cosiddetto “piano spagnolo”, il programma di investimenti dei Comuni con i soldi stanziati dal governo in favore dei singoli territori. Le nostre imprese sono quasi tutte medie e piccole e interventi del genere sono essenziali per sostenerle. Anche la proroga del Superbonus è fondamentale, perché riduce le emissioni di Co2. Uno dei parametri che determina il prezzo degli immobili a Milano, a parità di zona, è il certificato energetico. Un approccio deve arrivare anche da noi al Sud: con una buona efficienza energetica, le spese per riscaldamento e raffrescamento si riducono notevolmente».

Intanto Napoli è in ritardo sulla presentazione dei progetti. Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca qualche giorno fa ha parlato della «palude burocratico-amministrativa-giudiziaria che paralizza l'Italia», vaticinando che «con le norme vigenti non arriveremo a spendere 209 miliardi». Condivide questo timore?

«Assolutamente sì. I nostri dati dicono che per realizzare lavori fino a 100mila euro occorrono tre anni e per opere superiori a 100 milioni di euro impieghiamo addirittura 16 anni. Siamo di una lentezza esasperante, oltre il 54 per cento del tempo impiegato è dato dai "tempi di attraversamento", che sono i tempi necessari per passare da una fase all'altra tra permessi, autorizzazioni, visti dei ministeri, eccetera. Una cosa inconcepibile».

Con questi presupposti, è facile prevedere che il Sud non sarà in grado di rispettare la road map di attuazione degli investimenti.

«Abbiamo valutato che se il governo Draghi non interverrà in modo deciso sulle procedure di spesa, entro il 2026 riusciremo a utilizzare solo il 48 per cento dei soldi disponibili, vale a dire che perderemo più del 50 per cento dei finanziamenti che ci avrà dato l'Europa. Una cosa grave. Il blocco del turnover nella pubblica amministrazione ha causato un danno enorme: secondo i dati dell'Anci (l'associazione che riunisce i Comuni italiani, da non confondere con l'Ance, ndr), dal 2007 al 2019 i Comuni hanno perso un dipendente su quattro. In altre parole, il 25 per cento della forza lavoro è scomparsa. E senza personale non puoi portare avanti la programmazione. Inoltre, si è registrato un aumento dell'età media per cui appena il 18 per cento dei dipendenti ha meno di 45 anni, mentre il 67 per cento ha più di cinquant'anni. Un altro dato allarmante».

Il neo sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi ha annunciato di voler formare una cabina di regia che si occupi di Pnrr, Fondi europei, Coesione territoriale, Personale e Organizzazione, Decentramento, Digitalizzazione e Innovazione. Che ne pensa?

«Secondo me è una buona idea. Il tempo è troppo poco, quasi zero. E per formare i dipendenti, di tempo ce ne vuole molto. Ormai, come dicevo, gli uffici sono spogli, non ci sono persone qualificate. Un problema che si può risolvere solo affiancando agli uffici locali risorse esterne. La cabina di regia potrà essere la sede in cui potremo dare una mano al nuovo sindaco per far ritornare all'antico splendore questa città. Inoltre, gli investimenti pubblici, se ben fatti, sono in grado di attrarre un flusso privato di grandi investitori che oggi va solo a Milano, Firenze e Roma».

Chi avanza dubbi sul coinvolgimento di Comuni e Regioni e sulle loro capacità di programmazione ha ragione?

«Sì, rischiamo di non spendere tutte le risorse. Vero, A livello nazionale stanno facendo l'Academy del Pnrr, ma ad oggi gran parte dei Comuni non è in grado di fare un progetto, e questo rallenta tutto. Intanto, serve uno snellimento delle procedure di tutte le gare. Qualcosa c'è già nel Decreto semplificazione e nel Decreto recovery, ma bisogna fare altri passi in questo senso. Stiamo aspettando la riforma dell'iter di approvazione del contratto di programma di Rfi, che dovrebbe consentire di ridurre a 8 mesi i tempi necessari per l'approvazione del documento di programmazione, una procedura che fino ad oggi ha richiesto 3 anni. Anche le regole sui lavori pubblici devono essere modificate con una nuova normativa di settore che sia stabile e non emergenziale. E bisogna creare le condizioni affinché chi lavora nelle pubbliche amministrazioni non viva con la paura della firma, altrimenti si paralizza tutto».

Ormai è chiaro che il Pnrr sarà efficace per il Sud solo se ci sarà un progetto nazionale. Questa strategia comune, questa visione di insieme esiste?

«Il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile su questo è molto attivo e sta lavorando perché ognuno possa agire in modo autonomo. Il ministro Giovannini sta facendo un ottimo lavoro e il controllo resta centralizzato. Oltretutto, i Ministeri stanno territorializzando sempre di più le risorse, attribuendole a programmi nelle singole regioni, e in questo lavoro il Mezzogiorno appare più avanti del resto d'Italia. Questo promette di innalzare rapidamente il Pil e aumentare la forza lavoro. Occorre considerare, però, che la domanda di personale formato è molto più alta dell'offerta: le stime dicono che serviranno nel settore delle costruzioni 265mila posti di lavoro. Ma dal 2008 a oggi il comparto ne ha persi 600mila».

L'ambizione è quella di affrontare le debolezze strutturali dell'economia, come i perduranti divari territoriali, infrastrutturali, occupazionali. Esiste a suo avviso il rischio che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza possa finire per scavare un solco ancora più profondo tra il Nord e il Sud dell'Italia o comunque per non colmarlo?

«Questo per i napoletani è sicuramente il momento dell'ambizione. Dobbiamo poter sognare una città nuova, che sia un esempio negli anni a venire. Però, nello stesso tempo, non possiamo dimenticare le grandi difficoltà che incontriamo ormai da troppi anni. Ecco, la mia speranza è che con Manfredi si possa andare verso un nuovo rinascimento napoletano, sul modello che negli anni '90 avviò Bassolino».