Paolo Macry

Va pensiero
di Paolo Macry

Gli sconfitti

di

Nella quotidianità - in famiglia, tra amici, al lavoro - ce ne accorgiamo subito. Gli sconfitti, coloro che si sentono sconfitti dalla vita, rappresentano spesso un problema. Passivi, depressi, comunicano una visione negativa delle cose. Mostrano, non di rado, un desiderio di revanche che può finire nell’aggressività.

Ma gli sconfitti esistono anche tra i popoli. Sono i vinti dalla storia. Come gli artigiani che chiudevano bottega nell’Inghilterra del Settecento a causa dell’industrializzazione. Come gli americani del Sud schiavista che, persa la guerra di secessione, avvertivano la fine del proprio mondo tradizionale. Come i tedeschi che, dopo il primo conflitto mondiale, temettero la dissoluzione della loro nazione. Come gli agricoltori e i dettaglianti europei che nel primo Novecento vennero decimati dalla meccanizzazione delle campagne e dai grandi magazzini. E sconfitti si sono percepiti i paesi, le religioni, le etnie che hanno subìto esperienze coloniali, gli africani, gli asiatici, i musulmani.

Anche sul piano storico, tuttavia, gli sconfitti costituiscono un nodo problematico. I luddisti inglesi distrussero le nuove macchine, ostacolando lo sviluppo della tecnologia. I ceti medi colpiti dalla modernizzazione furono il terreno di coltura del nazismo. Quanto ai paesi vinti militarmente, sono sempre stati “revisionisti”, pretendendo di cambiare gli equilibri internazionali vigenti. Fu revisionista la Germania dopo la pace di Versailles. Sono revisionisti i russi di Putin, che non accettano la sconfitta del 1989-91. O i paesi post-coloniali, che hanno spesso posizioni antioccidentali e chiedono un nuovo ordine mondiale. O i movimenti palestinesi, che intendono cancellare Israele dalla carta geografica.

È difficile sciogliere simili nodi, i nodi cioè di gruppi, etnie, popoli che hanno vissuto l’angoscia della sconfitta e che coltivano il desiderio della revanche. Sono determinati, hanno convinzioni profonde, ritengono illegittimi i vincitori. “La grande consolazione degli sconfitti è la fede nella propria superiorità culturale rispetto ai potenti che li hanno soppiantati”, ha scritto lo storico Wolfgang Schivelbusch. Parole che possono sconcertare i vincitori, ma terribilmente vere..