PINQuA, la qualità dell’abitare contemporaneo

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Sappiamo ormai quanto la pandemia e il lockdown abbiano posto in evidenza il tema della casa, mettendo in crisi, forse per la prima volta, i modelli tipologici della modernità basati sull’essenzialità degli spazi, sull’idea che la casa dovesse essere prima di tutto uno spazio funzionante dove poter svolgere le funzioni primarie, piuttosto che un luogo accogliente dove passare la maggior parte del tempo, anche lavorando a distanza, eventualmente tutti insieme. Anche gli spazi esterni della casa assumono improvvisamente un valore fondamentale, ancora di più se spazi verdi. Tutto questo ha sollecitato una riflessione su nuovi schemi abitativi, nuovi modelli per la casa contemporanea. 

Ma la crisi sanitaria ha anche acuito le disuguaglianze sociali e l’aumento di cittadini in condizioni di povertà assoluta e dunque la necessità, non più rinviabile, di politiche per la casa con significativi impegni finanziari, dopo troppi decenni di assenza.

Le targhe in ceramica dell’INA-Casa

Con il Piano Fanfani proposto più di settant’anni fa, un piano di ricostruzione per un paese che usciva dalla guerra, si garantiva una casa per tutti, ma si riusciva anche a realizzare la città moderna. Palestra eccezionale per intere generazioni di progettisti il Piano, nato in origine come provvedimento per incrementare l’occupazione operaia, consentirà di realizzare in 14 anni (dal 1949 al 1963) circa 350.000 nuovi alloggi nell’Italia dell’INA-Casa, dove si sperimentano tipologie, materiali e soluzioni insediative per i nuovi quartieri della città pubblica del Novecento. La successiva introduzione della legge 167 nel 1962, per quanto benedetta dalla cultura urbanistica di allora, non offre risultati analoghi, anzi per certi versi disastrosi, sia dal punto di vista urbanistico, perché concorre all’idea di una città divisa in zone monofunzionali, che per la qualità architettonica, spesso basata sulla grande dimensione. Le politiche sulla casa perdono man mano spazio e interesse fino quasi a scomparire alla fine del secolo scorso, arrivando ad un’offerta abitativa attuale che, nel nostro paese, è relegata agli ultimi posti delle graduatorie europee, con una percentuale ridotta al 4% rispetto alla media europea del 30%. Tuttavia in questi anni è maturato un nuovo diritto all’abitare, diverso dal passato per una domanda pubblica che intanto si è ampliata, comprendendo anche l’edilizia sociale e includendo nuove tipologie abitative, come il co-housing e il co-living, con una forte presenza, rispetto al passato, di soggetti giovani, studenti e migranti.

Ci sono stati in questi ultimi anni vari tentativi di individuare strumenti legislativi e procedurali che potessero fornire risposte adeguate alle nuove domande abitative, come i Contratti di Quartiere o, più recentemente il Piano delle Periferie del 2017 (subito disatteso dal primo governo Conte, con il decreto Milleproproghe). Strumenti che, in alcuni casi, hanno prodotto risultati apprezzabili, senza tuttavia una visione strategica integrata e una capacità effettiva di risposta complessiva.

Con la legge di Bilancio 2020, approvata appena prima della pandemia, si introduce il PINQuA, il Programma Innovativo per la Qualità dell’Abitare, nato con l’obiettivo di “riqualificare e incrementare il patrimonio destinato all'edilizia residenziale sociale, a rigenerare il tessuto socio-economico, a incrementare l'accessibilità, la sicurezza dei luoghi e la rifunzionalizzazione di spazi e immobili pubblici, nonché a migliorare la coesione sociale e la qualità della vita dei cittadini”. Un programma per la casa pubblica e sociale che persegue un criterio più complessivo di rigenerazione urbana, includendo riqualificazione architettonica degli edifici e delle aree pubbliche, ma anche inclusione e coesione sociale e contenimento dei consumi con la creazione di comunità energetiche. La dotazione iniziale del PINQuA era di circa 850 milioni di euro, cui si è aggiunto il sostegno più consistente del Fondo Complementare al PNRR, pari a ulteriori 2,8 miliardi.

PINQuA, la proposta della Regione Campania

Nell’ambito di questo quadro nazionale, anche la Regione Campania ha riavviato negli ultimi anni un’efficace politica per la casa che ha già raggiunto risultati importanti. Solo a partire dal 2020 la Campania ha stanziato più di 420 milioni di euro per l’edilizia residenziale, pubblica e sociale. Anche per il PINQuA, la Regione ha partecipato direttamente presentando una proposta redatta di concerto con l’ACER (Agenzia Campana per l’Edilizia Residenziale) e articolata in tre progetti, su diverse aree della Campania, la prima individuata a Napoli, la seconda nell’area casertana costiera, la terza nelle aree interne del territorio avellinese. Tre proposte distanti, ma strategicamente connesse, selezionate come luoghi paradigmatici dell’abitare sociale contemporaneo in Campania.

A Napoli il progetto è stato formulato su un caso territoriale più tipicamente riveniente dalla letteratura scientifica: un quartiere a forte disagio abitativo della periferia settentrionale della città, il comparto S.Gaetano a Miano, compreso nella Municipalità di Piscinola, tra il Bosco di Capodimonte e l’enclave di Secondigliano. Un quartiere nato nel 1952, addirittura come attuazione del cosiddetto Piano Marshall, per la ricostruzione postbellica, allora predisposto dal governo statunitense. È l’intervento nella città densa, nella periferia degradata, che riguarda per ora la riqualificazione di soli 152 alloggi, proponendosi come progetto pilota che potrà innescare la riqualificazione dell’intero quartiere, sia alla scala architettonica degli edifici che alla scala urbana.

L’intervento progettato nell’area del casertano si articola invece su più luoghi, in un ambito territoriale compreso nell’area del Masterplan del Litorale Domitio Flegreo, distribuendosi su siti localizzati nei comuni di Castel Volturno, Cellole, Mondragone e Sessa Aurunca. In questo progetto è prevista la riqualificazione di 174 alloggi preesistenti e la realizzazione di 34 nuove unità abitative. Un altro esempio-pilota di sperimentazione su un caso territoriale questa volta intermedio tra città e campagna, quel territorio periurbano, che assume un carattere dominante come transitional landscape della città contemporanea. Il tema è quello del rapporto tra l’abitare e la natura, immaginando nuovi insediamenti autosufficienti, residenziali e produttivi insieme, denominati agrivillaggi, ma anche intervenendo sul recupero e la riconfigurazione di quartieri di proprietà ACER, con azioni multiple di rigenerazione, che prevedono anche la produzione collettiva di energia da fonti rinnovabili e la creazione di comunità energetiche.

Infine il terzo progetto localizzato nelle aree interne, forse la sfida più grande. Il progetto, dal nome WAAI, Welfare Abitativo Aree Interne, è proposto nei comuni di Aquilonia, Calitri e Laviano, nelle province di Avellino e Salerno. Siamo nelle aree più interne della Campania, quelle della Strategia Nazionale Aree Interne di Fabrizio Barca, che soffrono di fenomeni di spopolamento e, talvolta, di abbandono. Per Aquilonia si prevede, in particolare nel borgo di Carbonara, quasi tutto di proprietà pubblica e completamente abbandonato dopo il terremoto del Vulture del 1930, un intervento di rigenerazione con 18 nuovi alloggi sociali e 14 alloggi di autocostruzione destinati ad ospitare nuovi residenti, provando a rispondere a domande abitative, come quelle di giovani coppie, pensionati di rientro, migranti, badanti, giovani professionisti e ricercatori, con un progetto che cerca coraggiosamente un nuovo rapporto tra preesistenze e architettura contemporanea; si propone poi il riutilizzo di case asismiche nel centro abitato di Aquilonia, realizzando un nuovo nucleo di servizi estesi all’intero comprensorio. Negli altri centri si propone inoltre il recupero di 99 alloggi di edilizia residenziale pubblica, distribuiti nei tre centri urbani. In particolare a Calitri è prevista la sperimentazione di una comunità energetica con fonti rinnovabili diversificate e la condivisione della produzione energetica. Per collegare le aree d’intervento dei tre comuni è prevista infine l’istituzione di una “metro rurale” con navette elettriche su gomma di connessione tra “paesi” contermini e con la futura stazione ferroviaria “Hirpinia” della nuova linea dell’Alta velocità/Alta Capacità Napoli-Bari, in corso di realizzazione, importante occasione di sviluppo per questi territori della Campania.

Tre progetti diversi, ma strategicamente connessi e ritenuti tutti meritevoli di finanziamento per un importo complessivo pari a 45 milioni, omogeneamente ripartito in 15 milioni per ogni progetto. Sono stati inoltre accolti e finanziati altri sei progetti di città campane, arrivando a circa 134 milioni di euro per la Campania, su un insieme di 271 proposte che, su scala nazionale, sono state ammesse a finanziamento. Ora le amministrazioni entrano nella fase operativa, avviando i livelli successivi di progettazione necessari per sbloccare i finanziamenti e avviare i cantieri.

A conferma dell’impegno profuso nelle politiche regionali per la casa degli ultimi tempi, questa esperienza della Campania per i PINQuA si può ritenere un caso esemplare, realizzato attraverso un laboratorio progettuale che è partito dalla rigenerazione del patrimonio esistente piuttosto che dalla realizzazione di nuovi quartieri (come invece accadeva settant’anni fa), ma sperimentando diverse soluzioni architettoniche, funzionali e spaziali, nuovi approcci sulla riduzione dei consumi energetici, maggiori sensibilità ai temi ambientali e della qualità urbana, ma anche affrontando i temi dell’inclusione sociale, della partecipazione dei cittadini, dell’accoglienza dei migranti. Un’azione svolta attraverso la collaborazione tra Regione (con particolare impulso dell’Assessorato al Governo del Territorio), Acer, dipartimenti universitari e realtà professionali operanti sui territori, che ha messo in evidenza la necessità di definire, sul tema della casa pubblica e sociale, una strategia integrata di livello regionale che abbia il valore di un progetto collettivo in cui si riesca a recuperare, più che il primato del piano, quell’irrinunciabile interlocuzione tra scelte di pianificazione e sperimentazioni architettoniche, un percorso necessario per offrire una corretta dimensione strategica delle scelte di programmazione, ma sempre verificate attraverso la lente della sostenibilità ecologico-ambientale, territoriale e paesaggistica.

La pandemia obbliga a pensare alla ripartenza, a quello che sarà il mondo di domani. Il PNRR offre gli strumenti per attuare quella ripartenza. Dobbiamo sviluppare la capacità di cogliere l’occasione del PNRR per attivare cambiamenti strutturali nel nostro paese, possibilmente all’interno di visioni sistemiche. Sul tema della casa, il PINQuA può contenere quella visione sistemica per attivare il cambiamento strutturale di cui il paese ha bisogno da anni. L’auspicio è che quel cambiamento, nel garantire ancora oggi una casa per tutti, possa attuarsi e rappresentare un reale miglioramento della qualità di vita delle città e delle comunità.