Piscopo: «Dal Plebiscito a Castel dell'Ovo, dall'ex Ospedale militare a Napoli Est: ecco i progetti per la Napoli di domani». Ma è scontro Comune-Regione sul San Carlo

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C'è una Napoli in vendita, certo: dalla dismissione del proprio patrimonio immobiliare, a Palazzo San Giacomo prevedono di incassare 700 milioni entro il 2022. Ma c'è anche una città da risanare e da rigenerare. Una sfida che si muove lungo direttrici parallele. Carmine Piscopo, architetto, urbanista e professore ordinario alla Federico II, che nella giunta de Magistris ha le deleghe ai Beni comuni e all'Urbanistica, lo spiega con convinzione: «Il rapporto col Demanio e quello con la Cassa depositi e prestiti, ma anche la relazione pubblico-privato e gli accordi di valorizzazione pubblico-pubblico sono fondamentali per la valorizzazione del nostro patrimonio».

Quali, tra i vostri edifici, sono ancora male o poco utilizzati?

«Uno su tutti, Castel dell'Ovo, che ambisce ad una valorizzazione di tipo diverso: dobbiamo usarlo di più e meglio, rendendo accessibili aree al momento chiuse e dotandolo di un programma culturale capace di rilanciare un luogo di grande fascino. Dai piazzali all'auditorium, fino alle sale, gli spazi non mancano».

A supporto degli eventi, però, servono i servizi.

«Non c'è dubbio. Tutto questo si deve legare a politiche di sostegno che prevedano trasporti e parcheggi».

A luglio 2018 avete sottoscritto un accordo con l'Agenzia del Demanio «per la ricognizione, il riordino, la razionalizzazione, la valorizzazione e la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico di ambito comunale, attraverso l'istituzione di un Tavolo Tecnico Operativo permanente». Quali immobili sono interessati da quella intesa?

«Sono oggetto di studio sia beni che riguardano usi governativi, ad esempio caserme come la Boscariello, su cui abbiamo fatto un grosso lavoro, sia beni in corso di rinnovo della convenzione per il conferimento dal Demanio al Comune: lo stesso Castel dell'Ovo e l'ex Ospedale militare, ma anche il San Carlo (sulla cui proprietà si è accesa in questi giorni l'ennesima diatriba con la Regione, ndr) e gli uffici comunali di Largo Torretta, per i quali il Comune deve concorrere con un progetto di valorizzazione».

Avete delle idee per la valorizzazione di queste strutture?

«Stiamo lavorando ad una cittadella della polizia nella caserma di Miano, mentre per l'ex Ospedale militare, anche quello del Demanio, bisogna studiare un disegno nell'ambito di un progetto complesso: è stata restaurata una palazzina del cosiddetto "edificio A", che secondo un programma del Ministero dell'Interno potrebbe accogliere un comando delle forze dell'ordine. Stiamo discutendo con il Demanio sulla effettiva localizzazione. Poi c'è il Parco dei Quartieri spagnoli, riaperto di recente. Il piano Urbact ha consentito un lavoro sul Parco e su alcune palazzine, in un'opera di rigenerazione urbana i cui frutti sono già visibili. Ora dobbiamo riaprire la parte bassa, che confina coi Quartieri spagnoli. Tutto questo dovrà trovare composizione nell'ex Ospedale militare, dove anche il Suor Orsola ha una palazzina in uso. Poco a poco, stiamo riconquistando spazi vitali. Ma è chiaro che fare tutto questo con fondi di bilancio è proibitivo».

Come si risolve il problema delle risorse?

«Nell'accordo di valorizzazione stiamo intrecciando diverse fonti di finanziamento: i fondi del Patto per Napoli, altri strumenti finanziari, una politica economica e fiscale mirata, accordi di scambio tra Demanio e Comune. Perché se è vero che l'amministrazione pubblica è una sola, alla fine è necessario trovare una saldatura tra i vari livelli istituzionali. Noi abbiamo fatto un piano per armonizzare tutte queste azioni».

Resta aperto il grande tema di Palazzo Fuga, meglio noto come Albergo dei poveri, il più grande palazzo monumentale di Napoli, una delle più grandi costruzioni settecentesche d'Europa. Che cosa ne sarà?

«Per l'Albergo dei Poveri c'è una progettazione definitiva con un importo di 250 milioni di euro per lavori di recupero, restauro e messa in sicurezza che prevede da una parte la trasformazione in area museale ed espositiva di alcuni uffici e dall'altra la riduzione e la razionalizzazione dei fitti passivi: potrebbero trovarvi casa amministrazioni pubbliche come Questura e Prefettura. Stiamo lavorando ad un progetto che prevede la possibilità di un investimento della Cassa depositi e prestiti, intanto lo abbiamo in uso pubblico, per non lasciarlo inutilizzato. Il problema è che i Comuni non hanno le risorse per fare accollarsi investimenti così rilevanti . E purtroppo l'Albergo dei Poveri fu prima inserito nel Grande progetto Unesco e poi ne fu eliminato dalla Regione».

Anche i rapporti pubblico-pubblico promettono di dare frutti significativi.

«Sì. Tra gli accordi di valorizzazione pubblico-pubblico, che a mio avviso sono lo strumento più potente, rientra piazza del Plebiscito, sotto la quale c'è un ipogeo per il cui recupero sette istituzioni concorrono, facendo ciascuna un passo indietro rispetto alle proprie progettazioni, nell'interesse comune. La piazza è di proprietà del Comune, i primi gradini, l'ipogeo e l'ambulacro sono del Demanio, i locali del colonnato di San Francesco di Paola sono del Fec (Fondo edifici di culto, ndr), la chiesa è della Arcidiocesi e poi ci sono la Prefettura e il Mibac, con la Soprintendenza. Si tratta dell'antico forum murattiano, uno spazio enorme e meraviglioso che si apre con cinque aule sotto la chiesa, nel quale stiamo andando avanti con i lavori. Lo inaugureremo a fine anno, e avrà una destinazione culturale».

Sul fronte del rapporto con i privati, invece, quali risultati avete conseguito?

«Stiamo lavorando sull'articolo 56 del Prg, che prevede che il privato che ha in concessione aree dalle quali ricava un legittimo profitto realizzi attrezzature pubbliche. In questa seconda consiliatura ne abbiamo realizzate diverse: a via Pigna, ad esempio, è stata aperta una mediateca, mentre in altri casi sono state realizzate attrezzature sportive che due o tre volte a settimana accolgono i ragazzi delle scuole e in altri giorni e orari sono destinate all'uso privato. Poi c'è tutta la pianificazione urbanistica attuativa, i cosiddetti Pua, che riguardano in particolare l'area Nord e l'area Est. Sommando tutti i Pua, che sono quasi 60, 32 dei quali già approvati, si prevede un investimento privato di quasi 400 milioni di euro».

Questo in cosa si tradurrà?

«Per esempio, l'area in cui ci sono i depositi di idrocarburi della Q8, a Napoli Est, diventerà uno dei più grandi parchi verdi urbani. Ancora, sempre nell'area Est, stiamo chiudendo il Pua dell'Eni, in via Ferrante Imparato, e abbiamo chiuso quello di via Botteghelle, un "recinto dismesso" che si estende per circa 27 ettari tra Ponticelli e via Nazionale delle Puglie, occupato precedentemente dalle officine delle Ferrovie dello Stato per la manutenzione del materiale rotabile».

Se tutto questo diventerà realtà, intere porzioni di città condannate da tempo immemorabile al degrado cambieranno volto e destino.

«Proprio così. Significa recuperare intere aree degradate attraverso l'intervento del privato realizzando parchi, parcheggi e aree date in concessione perpetua con funzioni pubbliche, tra le quali attrezzature sportive e quote residenziali. Credo molto nella rigenerazione urbana: utilizzare i fondi Unesco non significa soltanto curare il patrimonio storico artistico, che ovviamente è importantissimo, ma riqualificare interi pezzi di città. È il caso di Porta Capuana, via Carbonara, Piazza Garibaldi e Piazza Municipio, dove valorizzando la città storica riqualifichi l'intero patrimonio immobiliare».