Tozzi: «Lavoriamo ad una grande arena per i live»

Il delegato del sindaco: «Finanziamenti e turismo musicale per attrarre gli investitori. Pronti a sostenere i club che diventano fucine di talenti»

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La speranza ha preso casa al primo piano del settecentesco Palazzo Cavalcanti, al civico 348 di via Toledo. Nei progetti dell'amministrazione guidata dal sindaco Manfredi, l'Ufficio Musica, incardinato nel Servizio Cultura del Comune di Napoli, dovrà riscattare la città da una marginalità che da capitale della canzone l'ha ridotta a colonia. «Con questo progetto vogliamo mettere la musica al centro della città, trasformando la capacità creativa in crescita economica, culturale e occasione di inclusione sociale», ha spiegato il primo cittadino nel giorno della presentazione, a giugno dell'anno scorso.

Obiettivi ambiziosi, dal momento che c'è da recuperare uno svantaggio che si può definire strutturale tanto nell'accezione economica quanto in quella architettonica. Se da una parte, infatti, latita un'imprenditoria capace di elevare una vocazione al rango di occasione, dall'altra la culla della melodia patisce la mancanza di spazi pensati per i grandi concerti. Certo, c'è il "Marrageddon" firmato Marracash, che stende tra Milano e Napoli un filo di 800 chilometri nel nome del rap e riscopre l'ippodromo di Agnano a più di trent'anni dall'estate rovente dell'89, quando Vasco trionfò nel piazzale davanti allo stadio dei cavalli. Ma quello che si annuncia come un rito collettivo con migliaia di proseliti sarà limitato all'ultimo giorno di settembre, il 30. Chiamarlo festival pare quanto meno azzardato. E poi, sì, gli appassionati di rock attendono la doppia data dei Maneskin al Palapartenope (28 e 29 marzo) e soprattutto l'uno-due dei Coldplay, unico vero grande evento dell'anno musicale napoletano, che sarà celebrato allo stadio Maradona il 21 e il 22 giugno, con i biglietti polverizzati già poche ore dopo l'annuncio, dieci mesi prima del primo accordo di chitarra. Tutto il resto si colloca tra la noia e la gioia. In ogni caso, una gioia che non esalta: Tiziano Ferro che si esibirà nell'arena del Napoli campione il 28 giugno, una settimana dopo la band britannica, e Gigi D'Alessio che a piazza Plebiscito si farà in quattro tra la fine di maggio e il 2 giugno, per una festa della Repubblica strapaesana e nazionalpopolare. Un po' poco per ritagliarsi un posto nel circuito della grande musica.

Potrà bastare la "Napoli Music Commission" comunale per segnare un cambio di passo che ponga fine alla colonizzazione e consenta alla città di riappropriarsi di un patrimonio che non è solo culturale, ma anche industriale ed economico? Ferdinando Tozzi, avvocato esperto in diritto d'autore e delegato del sindaco per l'industria musicale e l'audiovisivo, ci crede. «A fronte di tanti fermenti, ben poco resta qui», riconosce. Ma reclama un'apertura di credito. «La sua trasversalità fa della musica una priorità assoluta. Se creiamo il substrato e diamo garanzie agli investitori con una progettualità, mettiamo in circolo forze che ora non ci sono. Stiamo lavorando con entusiasmo a questo obiettivo, sarebbe bello sentire intorno a noi la fiducia degli addetti ai lavori».

Avvocato Tozzi, Napoli è "Città della Musica", ma soffre un'atavica carenza di spazi per la musica: come si spiega questa contraddizione? 

«Dall'istruzione e dalla formazione delle nuove professionalità, sia artistiche che tecniche, alla sperimentazione artistica ed autorale, alla creazione di un luogo fisico di confronto e di collaborazione e residenza artistica (appunto, una "casa"), alle prove per gli artisti, gli interpreti e gli esecutori, dalla registrazione alla performance, le Città della musica richiedono una varietà di luoghi di qualità per avere successo. Per soddisfare questa esigenza, l'amministrazione sta rivitalizzando alcuni spazi comunali esistenti ed individuandone di nuovi al fine di soddisfare le diverse esigenze del comparto: dai grandi eventi live ai club e agli spazi cosiddetti "off", vero e proprio vivaio delle nuove leve del comparto musicale. Con l'assessore Marciani, ad esempio, stiamo lavorando per rivitalizzare il centro di Pianura, dove esistono una radio ed uno studio di registrazione. Con il professor Locoratolo, che coordina il lavoro, e il notaio Dino Falconio, invece, stiamo avviando una rivitalizzazione dello straordinario Auditorium di Bagnoli. Allo stesso modo, anche in sinergia con il capo di Gabinetto Maria Grazia Falciatore, sono stati riscoperti in città "nuovi" posti per la musica, dalla Galleria Umberto a Piazza Mercato, dal Centro Direzionale al Palavesuvio. Il progetto "Napoli Città della Musica" è fortemente voluto dal sindaco proprio con l'intenzione di invertire una tendenza ultradecennale per cui non si è mai avuta un'attenzione a creare un sistema in questo ambito. Con questa amministrazione, il Comune di Napoli ha finalmente avviato un lavoro serio e concreto per collocare la città al centro delle dinamiche dell'industria culturale e non solo della creatività, partendo dalla semplice constatazione che allo straordinario fermento creativo non è mai corrisposta un'adeguata ricaduta occupazionale. Serve però un gran lavoro di squadra e di competenze senza fughe in avanti ed improvvisazioni, ma cercando fin da subito di dare concreta attuazione ad un approccio che per la città è rivoluzionario. Per rispondere alla domanda, quindi, certamente Napoli deve dotarsi di spazi adeguati alla musica. Questo non significa solo grandi strutture, ma anche punti diffusi sul territorio. Ovviamente, per intercettare i grandi eventi come il concerto dei Coldplay che avremo a giugno allo stadio serve una grande arena. Di spazi medi e piccoli ne abbiamo, la vera priorità è uno spazio capace di ospitare più di 8-10mila spettatori e dotato di tutti i servizi necessari che non sia una cattedrale nel deserto. Siamo al lavoro su questo».

Con quale intento è stato creato l'Ufficio Musica del Comune?

«L'intento è quello di dotare la città di un "luogo" dedicato. Un Ufficio Musica è il necessario fondamento del percorso di Napoli Città della Musica, contenitore e riferimento unico delle politiche di valorizzazione ed agevolazione che questa amministrazione intende promuovere in favore del comparto e per garantire agli stakeholder del mondo musicale un interlocutore unico e competente che assicuri il necessario supporto alle azioni di sviluppo. Nello specifico, si è lavorato ad un primo "funzionigramma" dell'ufficio, che, quale semilavorato aperto ai suggerimenti degli interessati (il dialogo con gli operatori è costante, e dopo i primi incontri generali, al netto dei numerosi che settimanalmente si fanno,  ce ne saranno altri), prevede fra le altre cose un'attività strategica di indirizzo e di coordinamento con le imprese e le istituzioni culturali per la costruzione di una rete fra professionisti del settore musicale anche al fine di attrarre investimenti. Questo può favorire un processo di internazionalizzazione del comparto locale e attraverso la musica si possono anche valorizzare i nostri beni culturali. Ci sono poi un'attività di supporto al costituendo Music Advisory Board e la creazione, la gestione e l'implementazione della Napoli Music Data, una banca dati degli operatori musicali locali nella quale confluiscono artisti, autori, editori, produttori, uffici stampa, social media manager, festival, promoter locali, etichette, distributori, agenzie di management, agenzie di booking, associazioni di artisti, agenzie di comunicazione, cooperative di lavoratori dello spettacolo come tecnici audio e luci, ditte di noleggio backline e impianti  audio e luci, drivers, società di noleggio van e furgoni, ma anche Conservatori, scuole, accademie ed istituzioni di educazione superiore, nonché gruppi ed associazioni informali a tema musicale, cori amatoriali, orchestre o altre forme non istituzionalizzate, centri di produzione e distribuzione di strumenti musicali, spazi e venues. Questo servirà anche a facilitare l'incontro tra domanda e offerta nel mercato di riferimento. Inoltre, anche per facilitare lo sviluppo di un turismo musicale, stiamo lavorando ad una banca dati degli eventi musicali. La creazione e la gestione dello sportello online Music Advices, intanto, ci consentirà di fornire assistenza, consulenza, agevolazioni tecniche e amministrative e un primo orientamento ad artisti e professionisti del comparto musicale. Siamo impegnati anche nel sostegno alla produzione locale con l'erogazione di contributi diretti al settore musicale, nel supporto agli uffici competenti nelle attività di branding e di comunicazione di "Napoli Music City", nell'organizzazione di eventi di promozione del settore musicale come fiere, showcase e festival, nella partecipazione a fiere e altri eventi nazionali ed internazionali di settore. Infine, incontriamo periodicamente gli operatori locali, nazionali e internazionali per garantire un costante adeguamento degli obiettivi in virtù delle loro esigenze».

Il Mario Argento, chiuso dal 1998, è uno dei grandi scandali della città. Ci sono progetti su quello che resta del Palasport di Fuorigrotta?

«C'è un dialogo aperto con alcuni imprenditori anche locali: se ne sta occupando in prima persona il sindaco».

A Napoli mancano gli spazi coperti, ma anche quelli outdoor per i live. Eppure ad Ovest e ad Est della città ci sarebbero: si può pensare di destinare un'area ai grandi eventi all'aperto?

«Certamente. Ci sono aree potenzialmente adatte per essere coperte in inverno e arene aperte in estate, così come spazi da rigenerare per eventi ampi. Ci si sta ragionando».

Anche la Mostra d'Oltremare, compreso il Teatro Mediterraneo, che si trova al suo interno, è poco utilizzata.

«La Mostra ha diverse vocazioni, intanto il Sindaco ha messo a disposizione con un lavoro straordinario di concerto con l'assessore Armato alcuni spazi per produzioni RAI». 

Il 21 e il 22 giugno al Maradona ci saranno i Coldplay: il loro concerto poteva essere un traino per un festival che riportasse Napoli al centro dei grandi circuiti.

«Infatti stiamo lavorando ad una lunga Festa della Musica, che capita proprio il 21 giugno, anche con l'intento di celebrare i Coldplay, mantenendo quella data simbolica dopo lo straordinario successo del 2022, quando Napoli per la prima volta nella storia è stata città capofila della manifestazione. Non pensiamo ad un grande evento, ma a tanta musica diffusa, aperta ed inclusiva per una città sempre più policentrica e attenta alle contaminazioni culturali».  

A proposito di festival: sul finire degli anni Novanta, il Neapolis Rock Festival ha cambiato la storia della musica dal vivo in città. Ci sono le premesse perché si ripeta un'esperienza simile? 

«Il mercato, il pubblico, il sistema della music industry e dunque anche dei live è mutato. Siamo nell'era delle nuove tecnologie, però per fortuna c'è sempre tanta voglia di musica dal vivo. Stiamo lavorando ad un evento nel 2024, ma già qualcosa si è iniziato a fare sul finire del 2022 con "Napoli World", grande successo con oltre 30 delegati da tutte le parti del mondo e con Napoli che per la prima volta si è posta al centro del Mediterraneo, ma anche con "Piano city", che ha toccato nuovi luoghi affinché la musica sia volano di rigenerazione, con Spina Corona e Sacro Sud, con il festival del Capodanno Città della Musica in cui, unici in Italia, abbiamo offerto quattro giorni di grande musica, dall'omaggio a Pino Daniele a quello al Maestro De Simone, passando per Rkomi e le nuove leve della scena musicale femminile. E faremo altro nei prossimi mesi».

Mentre le nostre strade traboccano di pizzerie, però, l'altro prodotto da esportazione non ha neanche una casa: a Napoli manca un luogo nel quale si possa ascoltare la canzone napoletana, così come manca un museo della nostra canzone tradizionale.

«Siamo operativi da meno di un anno, ma stiamo cercando di far dialogare edizioni storiche come Bideri, La Canzonetta ed altri che custodiscono un grande patrimonio, e siamo alla ricerca di uno spazio adeguato. Uno di questi potrebbe essere l'Albergo dei Poveri, sul quale ci stiamo confrontando con l'assessore Lieto e il professor Locoratolo. Probabilmente faremo un bando ad hoc per valorizzare la canzone napoletana e divulgarla presso le nuove generazioni che, anche inconsapevolmente, sono figlie della tradizione».

A questa città ha fatto più difetto un'industria della musica o una politica per la musica? 

«Ritengo siano concetti fra loro strettamente connessi. È fondamentale fare sistema ed attrarre investimenti ed investitori: cultura e business non sono mondi separati. Va incentivata la collaborazione pubblico-privato, l'amministrazione comunale non deve avere il ruolo di un direttore artistico, ma proporsi come strumento per garantire le infrastrutture materiali ed immateriali necessarie allo sviluppo del comparto, indicando obiettivi chiari e programmati. La cosiddetta music Industry nazionale, alla pari di altre attività imprenditoriali, orienta e programma i propri investimenti laddove si creano le condizioni economiche e professionali più favorevoli. In questo contesto, il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ha intrapreso un percorso pluriennale per fare di Napoli una Music City. Questo è un fatto, un progetto concreto, una prospettiva di crescita. Con il progetto "Napoli Città della Musica", il sindaco sta fin da subito cercando di declinare ed attuare in tutto o in parte in ogni azione musicale alcuni obiettivi individuati con l'ascolto dei soggetti interessati e la loro partecipazione: la trasformazione della creatività in economia, la creazione di spazi dedicati alla musica, la promozione di una contaminazione e di una visione policentrica della città, l'attenzione a tutte le generazioni, la valorizzazione dei giovani talenti e delle professionalità, la creazione di un network fra professionisti del settore musicale, la programmazione, il rapporto tra pubblico e privato, il turismo musicale, l'utilizzo delle nuove tecnologie, lo sviluppo del pubblico, l'internazionalizzazione, la progettazione e l'organizzazione, in collaborazione con i Servizi dell'Area Educazione, dell'Area Welfare e dell'Area Giovani, di laboratori musicali e percorsi di educazione musicale e formazione professionale, l'attenzione ai luoghi del disagio».

Quali passi concreti sono stati fatti finora?

«Abbiamo stretto accordi con l'industria musicale e con i principali operatori e associazioni di categoria. Siamo in dialogo con realtà come Milano, Bologna, Berlino ed altre ancora, con le quali facciamo rete avviando virtuose collaborazioni. Abbiamo portato la musica nei luoghi del disagio, dalle periferie alle carceri, passando per i diversamente abili. Con questo il progetto Città della Musica si è conferita una coerenza anche ad eventi non direttamente musicali, puntando su una maggiore programmazione. Abbiamo iniziato a collocare Napoli al centro delle dinamiche internazionali della musica, organizzando fiere e festival aperti al pubblico e eventi per gli addetti ai lavori, che per la prima volta stanno considerando Napoli come un luogo di business e "industry". Con l'assessore Teresa Armato, con la quale ci lega un prezioso e proficuo rapporto di collaborazione, stiamo lavorando ad un importante progetto di turismo musicale e di internazionalizzazione che dovrebbe partire prima dell'estate. Inoltre, stiamo lavorando a dei bandi sulla musica che spingano verso grandi progetti con finanziamenti significativi. Vorremmo pubblicarli quanto prima».

Molti operatori, però, lamentano la mancanza di un assessore alla Cultura.

«In qualità di avvocato esperto di diritti d'autore e spettacolo, abituato a costruire progetti artistici - un operatore del settore, dunque -, non entro nelle scelte politiche. Ricordo però a tutti che il sindaco ha la delega alla Cultura, e su questa materia è impegnato quotidianamente. Affidare il coordinamento al professor Locoratolo e avvalersi della consulenza di tre esperti (oltre me, i professori Mazzucchi e Trione), tutti di conclamata professionalità, significa dare grandissima attenzione al comparto culturale e alle sue esigenze, che se da un lato sono comuni su alcuni macro-temi, dall'altro necessitano di attenzione e conoscenza specifiche. Un assessore da solo difficilmente può capire di tutto. Se si è sempre disfattisti, non si va da nessuna parte. E poi l'Ufficio Musica è stato molto potenziato: ci lavorano due dirigenti e alcuni dei dieci stagisti in comune con il settore dell'audiovisivo».

Negli anni hanno chiuso anche molti club nei quali si poteva ascoltare musica dal vivo di vario genere. Il Comune può fare qualcosa per sostenere gli imprenditori che vogliono investire in questo settore?

«Quando ero ragazzo, Napoli era piena di posti in cui si suonava, purtroppo un po' alla volta stanno scomparendo. I music club sono un pilastro di una Città della Musica: nelle prossime azioni, di sicuro cercheremo di valorizzarne il ruolo, ma serve la loro collaborazione. Abbiamo incontrato alcuni gestori e li abbiamo invitati a presentare dei progetti, suggerendo loro di mettersi insieme».

Il Comune può sostenerli?

«Se sono in regola, sì. Sia le major che le etichette indipendenti hanno bisogno come il pane del contatto fisico con l'artista, e lo trovano nei locali, che hanno questa vocazione nel loro dna. Se i club diventassero in modo più strutturato una sorta di vivaio delle nuove proposte, che non devono essere necessariamente giovani, si potrebbero stabilire degli appuntamenti di questo genere. Questo ci consentirebbe di trovare sotto l'egida di Città della Musica una soluzione burocratico-amministrativa che faccia di questi spazi un presidio di individuazione e valorizzazione dei nuovi talenti. E pensiamo anche all'individuazione, alla gestione e alla valorizzazione di nuovi spazi dedicati alla musica: dalla produzione alle prove, per finire alle performance».