Dall’urbanistica degli eventi alla ricerca degli spazi perduti

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Nel 2013, al travagliato e opaco Forum delle Culture, non si accompagnò come richiesto dall’organizzazione, una serie d’ interventi di recupero urbano, ma la realizzazione della pista ciclabile Agnano – Lungomare tormentata da tutti gli ostacoli opposti da uno stato dei luoghi non adeguatamente preparato per tempo.

Nel 2019, in occasione delle Universiadi, venne scongiurata la collocazione di 2500 alloggi temporanei che, con il loro carico insediativo, avrebbero compromesso il già precario equilibrio della Mostra d’Oltremare. Un insediamento il cui status avrebbe fluttuato pericolosamente tra il provvisorio e il definitivo, mentre nei tre anni precedenti si sarebbe potuto rigenerare un ambito urbano realizzando un villaggio per gli atleti da acquisire, poi, al patrimonio pubblico. Perché a Napoli esiste ancora una questione abitativa.

Ancora nel 2019, si verifica l’ennesimo sgombero dell’area su cui dovrebbe sorgere il Parco della Marinella, che dovrebbe, finalmente, trovare l’assetto previsto.

Nel 2012, 2014, 2019 e 2022 il Lungomare ha ospitato un’arena temporanea per le edizioni della Coppa Davis e la Tennis Cup senza che si sia previsto di renderla permanente in una delle due aree dismesse: Bagnoli o Napoli Est.

Trascuriamo la perenne transitorietà delle scuole collocate in antichi conventi o in palazzi signorili. Resta un elenco, certo disordinato e parziale di episodi più o meno recenti, alcuni contestabili, altri, in parte, apprezzabili ma legati da un’affinità: il carattere effimero, precario, temporaneo e transitorio di quella che potremmo definire “l’urbanistica degli eventi”.

Il piano della comunicazione e della ricerca spesso, nel linguaggio vagamente esoterico dei convegni, esprimono un’involontaria distanza da quello della sofferta realtà urbana dove freme l’insofferenza dei “processi spontanei”. Un’energia che, a volte, riesce ad incanalarsi nelle forme istituzionali, altre volte assume i contorni di una rivendicazione impulsiva ed anarchica. Citeremo, in questo senso, due esempi di sedimi liberi che il Piano del 2004 presentava come aree disponibili su cui l’intervento privato o convenzionato con il Comune avrebbe avuto rapida attuazione. Una di queste aree si trova alle spalle della Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Mondragone, dove molti anni fa era prevista la realizzazione di una scuola. Dopo aver vanamente atteso l’arrivo di un’attrezzatura la Municipalità Napoli I ha optato per la soluzione meno ambiziosa ma più immediata: un campetto da offrire ai ragazzi del quartiere. L’altro spazio si trova nei Quartieri Spagnoli, a Largo della Tofa dove, sul sedime di un vecchio fabbricato demolito in seguito al terremoto dell’80, Nicola Pagliara, incaricato dal Comune di Napoli nel 2008, avrebbe dovuto realizzare una piccola attrezzatura: una sala riunioni e, al piano superiore, una terrazza coperta da un pergolato. L’opera di Pagliara non è stata realizzata e la cronaca recente vede questa casella vuota della serrata scacchiera dei Quartieri, contesa tra un gruppo di ragazzi, coordinati da dall’associazione Miniera, che la vorrebbe come campo da gioco e l’opposizione dei proprietari dell’immobile. Senza entrare nel merito del contenzioso non si può non riconoscere la legittima aspirazione dei ragazzi che meriterebbero ben altro di quello che per anni è stato uno sversatoio d’immondizie. Come possiamo definire l’uso di questi spazi? Un uso che le norme inefficaci del Piano hanno destinato ad essere transitoriamente definitivo in attesa di arenarsi nella laguna dei relitti urbani. Oggi, però, ci troviamo di fronte ad uno strumento innovativo, quello dei cosiddetti “usi temporanei”, che, come ricorda Carlo De Luca, “solo da qualche anno, nel 2020 ha avuto un riconoscimento legislativo “[…] che consente oggi di utilizzare provvisoriamente edifici o aree dismesse o abbandonate con destinazioni diverse […]”. Uno strumento, dunque, che anche in deroga alle norme vigenti “[…] con un uso transitorio […] può cominciare a verificare se alla prova dei fatti certe ipotesi funzionano […]” sottolinea l’assessore Bruno Discepolo.

Gli aspetti degli “usi temporanei” sottolineati da Discepolo e De Luca sembrano i più interessanti anche sotto il profilo della revisione del Prg del 2004 e dell’elaborazione del Puc.

Resta da vedere se l’Amministrazione, che ha deliberato in merito circa un anno fa ed è attiva nel recepire istanze e proposte, riuscirà a dispiegare il potenziale di una pratica urbanistica che, non a caso, ha le migliori ricadute su quei territori dove l’attività di pianificazione si svolge con continuità. “Gli usi temporanei”, potrebbero essere sperimentati con successo a Napoli dove spazi e immobili abbandonati e disponibili non mancano. Concordiamo, tuttavia, con quanti ci hanno preceduto. Questo strumento non può e non deve diventare un surrogato della pianificazione ordinaria. La città deve andare oltre l’”evento”, superare il provvisorio, programmare e realizzare interventi di trasformazione, di recupero e di miglioramento degli spazi collettivi di cui ha estremo bisogno.