Superbonus: il “sommerso” sotto il cappotto

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Superbonus 110% è il termine che indica il potenziamento di detrazioni fiscali già esistenti come l’Ecobonus, il Sismabonus ed il Bonus Edilizia. Tre misure volte al miglioramento delle prestazioni degli edifici sotto il profilo della riqualificazione energetica, della messa in sicurezza sismica e della realizzazione di impianti fotovoltaici.

La seduzione esercitata sulla proprietà immobiliare che ha reso così popolare il Superbonus nasce dalla possibilità dello sconto in fattura o della cessione del credito d’imposta. Un eccesso di propaganda mediatica ha tradotto questa misura nella vulgata che ha portato nei più lividi cortili condominiali una ventata di euforia: «si fanno i lavori gratis».

Facciamo un esempio: la realizzazione di opere per l’importo di €. 100.000 dà diritto ad un credito d’imposta di €. 110.000, detraibile in cinque anni, che può essere ceduto dai committenti a soggetti terzi: imprese, istituti di credito, intermediari finanziari. 

E quali interventi prevede la misura? Molti. Quello che è assurto a maggiore notorietà, tra i cosiddetti interventi trainanti, è il rivestimento a cappotto.

Il Superbonus ha, per queste ragioni, comprensibilmente, suscitato un enorme interesse e animato molte speranze per il rilancio di un comparto in grande difficoltà. Ma anche questo quadro normativo, messo a confronto con la realtà, ha vacillato. In questo caso, la realtà ineffabile dell’accidentato paesaggio edilizio italiano. Decreti attuativi e circolari hanno attenuato le “oscillazioni” del Superbonus dando risposte soddisfacenti alle molte domande e generando una letteratura in continua evoluzione. L’ottima guida dell’ANCE offre un ottimo esempio per chi vorrà approfondire un argomento che non possiamo esaurire in questo spazio.

Resta, tuttavia, sul campo, uno dei problemi che questa misura ha fatto emergere in tutta la sua evidenza: il carattere “sommerso” del patrimonio edilizio esistente. Un patrimonio carente sotto il profilo della vulnerabilità, della manutenzione, della legittimità, della documentazione spesso lacunosa o assente che rende, talvolta, complesso ricostruire persino gli assetti proprietari. Carenze che rendono urgente ed indifferibile la ricognizione capillare del costruito, per facilitare la sua manutenzione, la sua regolarizzazione, la sua sostituzione.

Lo strumento di questa ricognizione potrebbe essere il fascicolo digitale del fabbricato che i proprietari dovranno disporre se la proposta di legge “disciplina delle costruzioni” riprenderà il suo iter e verrà approvata. Allo stesso tempo, è altrettanto urgente ed indifferibile l’istituzione, presso le amministrazioni comunali, di sportelli riservati al Superbonus e di archivi digitali delle licenze edilizie.

Per il momento ci sembra che il campo privilegiato e vastissimo di applicazione del Superbonus sia quell’alluvione di cubature anonime dalle facciate tese e lisce tirate su in fretta tra gli anni ’50 e ’60 eredi degeneri del “consumo del razionalismo italiano” secondo lo storico Giovanni Klaus Koenig. Una parte del costruito che, oltre a migliorare nelle prestazioni, potrebbe migliorare anche nell’aspetto grazie ad interventi di retrofitting le cui caratteristiche vadano oltre quelle puramente tecniche. 

A Napoli gli esempi non mancano. Pensiamo, ad esempio, al cosiddetto Palazzo Ottieri a piazza Mercato per cui la Variante Generale al Prg propone, non a caso, in maniera prudente e non impegnativa, una “riconfigurazione”. Il restyling degli edifici potrebbe diventare un settore dalle potenzialità in grande evoluzione grazie al contributo di tecnici e produttori di componenti. Cappotti da cucire su misura per edifici “difficili” o impossibili da rimuovere.

Si dice, negli angiporti del Web, che il Governo abbia concesso una proroga limitata nel tempo per indurre i proprietari a cogliere un’occasione forse irripetibile. E, allo stesso tempo, per sollecitare i tecnici che devono asseverare la conformità degli immobili e garantire il rispetto dei requisiti per l’utilizzo dell'agevolazione fiscale, ad abbandonare ogni residua prudenza.

Occorre, al contrario, reperire le risorse necessarie a prorogare il Superbonus il tempo necessario a rimuovere le comprensibili cautele ed eliminare gli ostacoli, assicurandosi che questa misura vada a regime e dispieghi un potenziale finora inespresso. Ma questo ancora non basta. Non è possibile ridurre le città che hanno ambizioni ad un insieme meschino di edifici ridotti a puri erogatori di prestazioni da mettere a punto. In questo caso, con l’intervento di competenze che sono, prevalentemente, quelle di termotecnici e strutturisti. In questa visione è l’architettura stessa ad essere “sommersa”

Occorre restituire dignità alla progettazione che, al momento, è un’attività “sportiva” poco praticata. E restituire diritto di cittadinanza napoletana all’ architettura contemporanea mandata in esilio da quell’editto che è lo strumento urbanistico vigente.

Quella stessa architettura contemporanea di cui la Presidente dell’Acen Federica Brancaccio, in una recente intervista rilasciata a “Il Mattino”, si è augurata, con felice metafora, “un’esplosione”.