Al servizio della città e dello sviluppo

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Ho letto su Nagorà l’intervento di Luciano Brancaccio che, in modo garbato sul piano formale ma assai severo nella sostanza, formula rilievi molto critici nei confronti dell’Acen. Egli sostiene – per ricordarne brevemente il senso – che l’Associazione dei costruttori, a Napoli, durante la prima Repubblica sarebbe stata strumento docile della Democrazia Cristiana, mentre, successivamente, nella seconda Repubblica, sarebbe sparita dalla scena pubblica, dando così prova – egli dice – di “un deficit di responsabilità”. Ho letto anche l’efficace risposta di Riccardo Giustino che dell’Acen è stato Presidente, mentre io ero accanto a lui nel gruppo di vertice, rimanendovi fino al momento in cui ho assunto, io stesso, dopo qualche anno, il ruolo di Presidente.

In quegli anni – e ancora oggi – il ruolo dell’Acen è stato tutto affatto diverso e bene ha fatto Giustino a ricordare alcuni dati essenziali che lo hanno contraddistinto. Per ricordarlo, anzitutto, a Luciano Brancaccio, ma anche a tutti coloro che avessero memoria corta. In tutti questi anni, della cosiddetta seconda Repubblica, il ruolo dell’Acen è stato, certo, di rappresentanza degli interessi dei costruttori napoletani, rigorosamente selezionati però in base alla loro legittimità, facendoli cioè sempre coincidere con quelli della collettività. Da questa linea di fondo l’Acen non si è mai smarcata, fino a diventare, com’essa continua ad essere, strumento consapevole al servizio della città e del suo fondamentale interesse allo sviluppo. Non sempre questo modo di intendere e di esercitare la rappresentanza imprenditoriale ha trovato riscontro attivo presso i poteri pubblici locali. Essi, pur apprezzando positivamente le proposte imprenditoriali, nella sostanza non vi hanno dato seguito, o facendole cadere e così disperdendone il contenuto innovativo oppure trascinandole stancamente nel tempo senza alcun costrutto.

Significativi, da questo punto di vista, gli esempi portati da Giustino, che però ne ha elencato solo alcuni, trascurandone molti altri di non minore valore diretti ad avviare la città verso un sentiero virtuoso di sviluppo sociale ed economico. L’Acen tuttavia ha continuato, ed insiste ancora oggi, a studiare la città, ad osservarne i lati e i motivi della sua caduta, a costruire proposte per fermare il suo degrado, per una nuova tendenza a Napoli. Ma c’è veramente da chiedersi dove stia questo “deficit di responsabilità” dell’Acen, almeno per chi ne ha seguito, non distrattamente e senza pregiudizio, le iniziative, gli studi, i suoi progetti, tutti rivolti alla politica per il suo ruolo istituzionale di cogliere le attese collettive e quindi dare le risposte giuste. E sempre, comunque, nel confronto delle idee fra i soggetti della città, metodo che l’Acen intende proseguire perché consapevole della sua importanza. Peraltro, a questo stesso metodo si collega il senso stesso di Nagorà che vuole essere strumento di discussione aperta sui problemi della città e anche sui modi per risolverli.

Ma pur nella necessaria brevità di questo intervento, voglio, in conclusione, ricordare almeno un altro lato dell’attività dell’Acen per il suo rilievo di carattere generale in favore della città, quello della lotta alla devianza criminale. I costruttori napoletani, da sempre, hanno fatto la scelta in favore della legalità e contro il malaffare criminale. Da anni intrattengono un rapporto proficuo di collaborazione con tutte le forze dell’ordine e con la magistratura finanche convenendo con i loro rappresentanti appositi protocolli di intesa che danno luogo ad azioni comuni quasi sempre concluse con successo. E’ un fronte sensibile sul quale è da sempre presente l’impegno dell’Acen, convinta che difendendo le proprie imprese dall’attacco criminale se ne ha un risultato di pienezza civile per la stessa vita sociale della città. Tutto ciò, ad ulteriore conferma che l’Acen intende la sua presenza nella società napoletana in generale come uno dei presìdi della stessa qualità complessiva dei rapporti urbani, senza mai alcuna fuga dalla realtà.