Paolo Macry

Va pensiero
di Paolo Macry

Buone notizie

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Dicono che i ragazzi stiano tornando ai libri, che organizzino incontri dedicati alla lettura, che dietro ci sia, seppur germinale, una sorta di polemica nei confronti dei social. E dicono che le sale cinematografiche vedano nuovamente, seppur pochi, un certo numero di umani.

Buone notizie. Sono passati vent’anni dalla prima edizione di Facebook, sedici dalla nascita di Netflix, quindici da Whatsapp, meno di dieci da Tik Tok. Meraviglie ineguagliabili. E anche l’odore di una rottura culturale. Le tecnologie hanno sommerso, onda dopo onda, tutto quel che c’era prima, carta scritta, grande schermo, corrispondenza epistolare. Certo, non è la prima volta. L’umanità ha prodotto, nei secoli dei secoli, altre innovazioni rivoluzionarie. Ma i new media sono diversi. Non in qualità, bensì in quantità. Sono globali, non hanno confini locali, nè nazionali, nè continentali. Hanno miliardi di utenti potenziali, i quali sono al tempo stesso attori e spettatori. È questo il loro effetto distopico. Il fatto che le dimensioni cancellino ogni immaginabile differenza.

E non è un caso che il fenomeno sia stato grandemente valorizzato dalla pandemia di Covid. Quando cioè mezzo mondo è stato rinchiuso in casa, avvertito di non vedere amici, diffidato dall’abbracciare familiari. E’ stata anche quella una piccola grande distopia. E abbiamo creduto di curarla grazie ai new media. E’ stato in quei mesi che abbiamo adottato le serie di Netflix, i “dibattiti” di Facebook, le videochiamate di Whatsapp, i corti di Tik Tok. Una droga, naturalmente, che ci ha immersi, senza che neppure ce ne accorgessimo, in un universo privo di forza di gravità. Nella distopia del galleggiamento globale.

Ora si comincia a tornare indietro? O la storia si ostina ad andare avanti, ossessivamente avanti?