Paolo Macry

Va pensiero
di Paolo Macry

Briciole di guerra civile

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Ogni giorno ha la sua pena, si dice. Ma il 25 aprile di più. Perché è il giorno della storia strapazzata. Intendiamoci, la ricorrenza esiste eccome, è la data simbolo della liberazione dal nazifascismo del Reich e di Salò, delle città invase dai partigiani, delle folle festanti. Ma poi, da quel remoto 1945, il 25 aprile è diventato il giorno della divisione. Il giorno dei cortei antifascisti della sinistra, del silenzio della destra nostalgica, dell’indifferenza di una “maggioranza silenziosa” nè fascista nè antifascista. Il giorno del sempiterno dibattito sul “pericolo fascista”, dell’accusa alla destra di non avere rinnegato le proprie origini, dell’accusa alla sinistra di utilizzare “Bella ciao” per mobilitare il proprio zoccolo duro. Il giorno, cioè, di un’anacronistica contrapposizione fra vincitori e vinti. Come se la guerra civile del 1943-45 non fosse mai stata metabolizzata.

La storia, in realtà, dice altro. Parla di Resistenza e di partiti antifascisti, ma parla anche di una precoce rinuncia all’epurazione e di una forte continuità tra società fascista e società postfascista. Parla di una sinistra che ha spesso usato l’antifascismo come clava politica per sbarazzarsi dei propri competitori. E parla di una destra che ha impiegato mezzo secolo per ripudiare il fascismo e riconoscere all’antifascismo il merito storico della riconquista delle libertà (Fiuggi, 1995).

Ma la storia non è capace di sconfiggere i riti politici. Come dimostra il caso Scurati, che improvvisamente ha messo la sordina perfino alle guerre in corso. Attorno a quella paginetta che raccontava il delitto Matteotti e poi accusava Meloni di neofascismo, si è accesa la solita miccia. Il solito Armageddon. Di fronte a quel che sembra una censura, la sinistra ha sollecitato la piazza antifascista. Ingenuamente grave la censura, politicamente scontato l’allarme antifascista. Di certo, il bavaglio di Scurati non è assimilabile alle coltellate a Matteotti. E di certo, i dirigenti Rai dovrebbero capire che il loro zelo protervo finisce per farne una parodia del Minculpop.