Paolo Macry

Va pensiero
di Paolo Macry

Riforma della giustizia. Che farà il Pd?

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Il governo sembra accelerare sulla riforma della giustizia. I cui temi qualificanti sarebbero la separazione delle carriere, il superamento dell’obbligatorietà dell’azione penale, i criteri di elezione del Csm, l’istituzione di un’Alta Corte che valuti magistrati giudicanti e requirenti.

Musica per i garantisti, ma obbrobrio per i giustizialisti. E infatti alza le barricate il sindacato delle toghe. “La separazione delle carriere è pericolosa per l’indipendenza del pm dal potere politico, siamo molto preoccupati” dichiara il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia. Soffia sul fuoco la stampa antigovernativa, dal Fatto Quotidiano alla Repubblica e al Manifesto. È pronto al muro contro muro Conte.

Resta da capire la posizione del secondo partito italiano, di quel Pd che ama presentarsi come il bastione dello Stato di diritto (e dell’antifascismo), la diga contro le derive securitarie (e fasciste). A rigore, dovrebbe assecondare il tentativo di riorganizzare la macchina giudiziaria, superando l’impropria mescolanza tra le funzioni, il gioco delle correnti, il mercato degli incarichi, la storica collusione fra toghe, partiti (amici) e media.

Sarà questa la linea di Schlein? Fino a oggi, il Pd si è sempre battuto contro Nordio, ad esempio sull’abuso d’ufficio, facendo fronte comune con i pentastellati. E ora? Al Pd spetterà ovviamente emendare e migliorare il progetto governativo. Ma mettersi di traverso a una svolta che il sistema Italia attende da decenni, sarebbe il segno di una subalternità alla peggiore cultura giustizialista.